I Promessi Sposi: le vicende riassunte in poche pagine

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  1. Milea
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    Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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    Scena 11: Renzo in giro per Milano “I tumulti” (Capitolo XI)

    Al paese intanto i bravi, fallita la missione, hanno riferito a don Rodrigo la fuga delle due donne.
    Il cugino di lui, il conte Attilio, fiutando nello smacco la mano di padre Cristoforo, promette di fargli avere una lezione dai suoi superiori.
    Il Griso, a sua volta, scopre che Lucia è a Monza e che Renzo è stato indirizzato a Milano, dove è alla ricerca del convento cui l'ha inviato padre Cristoforo e si propone di star fuori del tumulto

    " L'uomo reggeva a stento sulle spalle un gran sacco di farina, ….Ma più sconcia era la figura della donna: un pancione smisurato, che pareva tenuto a fatica da due braccia piegate: come una pentolaccia a due manichi; ….. quel gran corpo era la sottana che la donna teneva per il lembo, con dentro farina quanta ce ne poteva stare, e un po' di più…
    Il ragazzotto teneva con tutt'e due le mani sul capo una paniera colma di pani; ma, per aver le gambe più corte de' suoi genitori, rimaneva a poco a poco indietro, e, allungando poi il passo ogni tanto, per raggiungerli, la paniera perdeva l'equilibrio, e qualche pane cadeva. - Buttane via ancor un altro, buono a niente che sei, - disse la madre, digrignando i denti verso il ragazzo. - Io non li butto via; cascan da sé: com'ho a fare? - rispose quello. - Ih! buon per te, che ho le mani impicciate, - riprese la donna..."





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    Scena 12: “I tumulti” (Capitolo XII)

    La vicenda romanzata, a questo punto, a dar sempre più l'impressione di una «storia vera», s'innesta in un fatto storico realmente accaduto: la rivolta milanese di San Martino, dell'11 novembre 1628, quando, esasperato dalla fame e dalla politica inetta del vicegovernatore Ferrer, il popolo dette l'assalto ai forni.
    Renzo s'inserisce così nell'avvenimento e assiste al tumulto del saccheggio del «forno delle grucce».

    "…coloro che rimanevano a denti secchi, erano senza paragone i più; anche i conquistatori non eran soddisfatti di prede così piccole, e, mescolati poi con gli uni e con gli altri, c'eran coloro che avevan fatto disegno sopra un disordine più co' fiocchi. - Al forno ! al forno! - si grida….
    …e incalzati da quelli di dietro, spinti anch'essi da altri, come flutti da flutti, via via fino al l'estremità della folla, che andava sempre crescendo..."






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    Scena 13: Assalto alla casa del vicario – Ferrer. (Capitolo XIII)

    Saccheggiato il forno, la folla si rivolta contro il vicario di provvisione, cioè il funzionario addetto al vettovagliamento della città.
    Inferocita si getta all’assalto della casa del vicario e soltanto l'intervento del Ferrer giova a salvare il vicario dal linciaggio.

    "…all'estremità della folla, dalla parte opposta a quella dove stavano i soldati, era arrivato in carrozza Antonio Ferrer, il gran cancelliere; …
    …- In prigione il vicario! Viva Ferrer! Largo a Ferrer! -..."








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    Scena 14: Renzo all’osteria (Capitolo XIV)

    Eccitato da questi fatti, Renzo, trovatosi in mezzo a un crocchio di gente, fa un discorsetto sulle ingiustizie dei potenti, a sfogo delle proprie pene.
    Uno sbirro in borghese porta Renzo all'osteria, lo fa bere e riesce anche a carpirgli le sue generalità.
    Del tutto ubriaco, Renzo va a dormire.

    " - Al pane, - disse Renzo, ad alta voce e ridendo, - ci ha pensato la provvidenza -. E tirato fuori il terzo e ultimo di que' pani raccolti sotto la croce di san Dionigi, l'alzò per aria, gridando: - ecco il pane della provvidenza!
    All'esclamazione, molti si voltarono; e vedendo quel trofeo in aria, uno gridò: - viva il pane a buon mercato! -A buon mercato? - disse Renzo: - gratis et amore.-"






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    Scena 15: Arresto di Renzo (Capitolo XV)

    Al mattino è svegliato dalle guardie che tentano di condurlo al palazzo di giustizia con la pesante accusa di sedizione pubblica.
    Ma per strada gli sbirri che hanno arrestato Renzo sono circondati dalla folla minacciosa: Renzo può così sfuggire dalle loro mani.

    "…il notaio fa un altro cenno a' birri; i quali afferrano, l'uno la destra, l'altro la sinistra del giovine, e in fretta in fretta gli legano i polsi …"










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    Scena 16: La fuga di Renzo (Capitolo XVI)

    Prosegue la fuga di Renzo: uscito fortunosamente da Milano, si incammina verso Bergamo, dove spera di trovare aiuto dal cugino Bortolo, fuori dei confini dello Stato.
    A Gorgonzola, soffermatosi in un’osteria, apprende che quel giorno la giustizia milanese s'è lasciata sfuggire dalle mani uno dei responsabili della rivolta; e capisce che quel tale è lui.
    Riprende al più presto la strada, atterrito per il rischio gravissimo che ha corso.

    " - Scappa, scappa, galantuomo: lì c'è un convento, ecco là una chiesa; di qui, di là, - si grida a Renzo da ogni parte. In quanto allo scappare, pensate se aveva bisogno di consigli."






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    Scena 17: Passaggio dell’Adda (Capitolo XVII)

    Giunge in piena notte all'Adda, allora confine tra gli Stati di Milano e di Venezia.
    All'alba, un barcaiolo lo porta di là dal fiume, in salvo.
    A Bergamo, il cugino gli promette lavoro.

    "…è sul ciglio della riva, guarda giù; e, di tra i rami, vede una barchetta di pescatore, che veniva adagio, contr'acqua, radendo quella sponda. Scende subito per la più corta, tra i pruni; è sulla riva; dà una voce leggiera leggiera al pescatore; e, con l'intenzione di far come se chiedesse un servizio di poca importanza, ma, senza avvedersene, in una maniera mezzo supplichevole, gli accenna che approdi.
    Il pescatore gira uno sguardo lungo la riva, guarda attentamente lungo l'acqua che viene, si volta a guardare indietro, lungo l'acqua che va, e poi dirizza la prora verso Renzo, e approda.
    Renzo che stava sull'orlo della riva, quasi con un piede nell'acqua, afferra la punta del battello, ci salta dentro, e dice: - mi fareste il servizio, col pagare, di tragittarmi di là? - Il pescatore l'aveva indovinato, e già voltava da quella parte. Renzo, vedendo sul fondo della barca un altro remo, si china, e l'afferra."





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    Scena 18: Apprensione di Agnese: “Agnese da fra Galdino” (Capitolo XVIII)
    Al paesello, gli sbirri ricercano inutilmente Renzo. Don Rodrigo apprende così le disavventure del suo rivale; e intenzionato sempre di più a rapire Lucia, pensa di ricorrere a un uomo più potente di lui per giungere al rifugio della ragazza.
    Agnese, preoccupata per la mancanza di notizie, cerca anch'essa Renzo al paese, dove apprende da fra Galdino che padre Cristoforo è stato trasferito a Rimini.

    " Agnese smontò sulla piazzetta del convento, lasciò andare il suo conduttore con molti: Dio ve ne renda merito; e giacché era lì, volle, prima d'andare a casa, vedere il suo buon frate benefattore. Sonò il campanello; chi venne a aprire, fu fra Galdino, quel delle noci.
    -Oh! la mia donna, che vento v'ha portata?
    -Vengo a cercare il padre Cristoforo.
    -Il padre Cristoforo? Non c'è.
    -Oh! starà molto a tornare?
    -Ma...? - disse il frate, alzando le spalle, e ritirando nel cappuccio la testa rasa.
    -Dov'è andato?
    -A Rimini.
    -A?
    -A Rimini.
    -Dov'è questo paese?
    -Eh eh eh! - rispose il frate, trinciando verticalmente l'aria con la mano distesa, per significare una gran distanza.
    -Oh povera me! Ma perché è andato via così all'improvviso?
    -Perché ha voluto così il padre provinciale."





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    Scena 19: L’Innominato (Capitolo XIX)

    Responsabile della sua partenza è il conte Attilio, che a Milano è riuscito a convincere il conte zio, importante personaggio, a chiedere al padre provinciale dei cappuccini l'allontanamento del frate per una missione di parecchi mesi.
    Don Rodrigo agisce a sua volta recandosi dal potente signore che lo aiuterà a rapire Lucia, l'Innominato.

    " Ma la fama di questo nostro era già da gran tempo diffusa in ogni parte del milanese: per tutto, la sua vita era un soggetto di racconti popolari; e il suo nome significava qualcosa d'irresistibile, di strano, di favoloso.
    Il sospetto che per tutto s'aveva de' suoi collegati e de' suoi sicari, contribuiva anch'esso a tener viva per tutto la memoria di lui.
    Non eran più che sospetti; giacché chi avrebbe confessata apertamente una tale dipendenza? ma ogni tiranno poteva essere un suo collegato, ogni malandrino, uno de' suoi; e l'incertezza stessa rendeva più vasta l'opinione, e più cupo il terrore della cosa."





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    Scena 20: Ratto di Lucia (Capitolo XX)

    Don Rodrigo convince all'impresa l'Innominato che manda il capo dei suoi bravi, il Nibbio, da quell'Egidio, che sa in relazione con la monaca di Monza.
    Gertrude, sollecitata dall'amante, fa uscire con una scusa Lucia dal convento: i bravi, guidati dal Nibbio, possono rapire Lucia e portarla al castello del loro signore.

    " - Monza è di qua... - e si voltava, per accennar col dito; quando l'altro compagno (era il Nibbio), afferrandola d'improvviso per la vita, l'alzò da terra.
    Lucia girò la testa indietro atterrita, e cacciò un urlo; il malandrino la mise per forza nella carrozza: uno che stava a sedere davanti, la prese e la cacciò, per quanto lei si divincolasse e stridesse, a sedere dirimpetto a sé: un altro, mettendole un fazzoletto alla bocca, le chiuse il grido in gola".





    Edited by Milea - 24/6/2014, 21:46
     
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