Mezzo secolo di figurine Panini

Il 1° album quotato 10 mila euro

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    Panini, le figurine valgono un tesoro.





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    Mezzo secolo fa le prime e ora su eBay si celebra l'anniversario:
    il 1° album quotato 10 mila euro.


    Cinquant'anni fa, di questi tempi, un oscuro litografo di Reggio Emilia creava la prima figurina Panini. L'onore spettò a Bruno «maciste» Bolchi, roccioso mediano di Inter e Nazionale: dal bianconero della foto originale al neroazzurro con bordo giallo. Parve un miracolo.
    E miracolo fu, incastonato in quello più grande, il boom economico. Tutto sembrava possibile negli anni di crescita a volte disordinata e tumultuosa. Anche costruire un impero sul faccione di Bolchi. I Panini (Benito, Giuseppe, Umberto e Franco) erano rivenditori e distributori di giornali. L'edicola in centro a Modena era quello che oggi chiameremmo il «core business» di un'economia famigliare medio-borghese, cui concorrevano il posto in banca di uno dei fratelli e il lavoro delle sorelle. L'anno prima avevano acquistato una raccolta in disarmo, infilando le figurine nelle buste-sorpresa, un gadget che andava per la maggiore. Un trionfo inatteso e redditizio, che li convinse al grande salto: diventare essi stessi editori.

    Mancava tutto, ma erano altri tempi, forse anche altri uomini. In pochi mesi ottennero autorizzazioni, foto, dati statistici, bozze. Il primo album era pronto, la foto di Nils Liedholm campeggiava sullo sfondo giallo che avrebbe colorato tanti destini dell'azienda. Le donne di casa e le avventizie assunte per l'occasione lanciavano badilate di figurine contro il muro, per mescolarle e garantire il primo comandamento della casa: le raccolte Panini si possono sempre completare. Il secondo: ogni squadra deve avere pari dignità, non importa se si chiami Juventus o Lecco. Pare una scelta facile. Allora fu la rivoluzione che, insieme a una distribuzione capillare che si servì anche di «spacciatori» davanti alle scuole, sbaragliò la concorrenza. Editori ce n'erano tanti: Mira a Piacenza, Stef, Saim e Taver-matic a Torino, Vav a Verona, Nuzzi a Bari, Nannina, Imperia e Lampo a Milano, Sangiorgio a Firenze. Uno a uno furono costretti a cedere il passo. Le «figu», «fifi» in modenese, erano Panini. L'anniversario lo celebra l'album appena apparso su eBay, il mercato virtuale dei collezionisti: 46 mila inserzioni alla voce «figurine». Sfondo nero, il mitico logo delle bustine (un calciatore in rovesciata) e tanto oro a significare che no, non è un'occasione come le altre.

    C'è tanta Italia in questa lunga storia di carta. Eccolo, il primo album: 18 squadre di 13-14 giocatori. Non ce n'è uno con la barba, perchè non usava e soprattutto perchè le società non volevano. Guai a ribellarsi. La prima figurina coi baffi è di cinque anni dopo, il povero Gigi Meroni, poeta del dribbling e non solo, un hippie imprestato al pallone che viaggiava in Balilla e fu visto passeggiare con una gallina al guinzaglio. Alcuni sono stempiati, nessuno calvo: i capelli cadevano per conto loro, con una certa assiduità al bolognese Pascutti, ma i nostri eroi li lasciavano fare, senza tonsure improvvise. I più arrivavano dal Veneto, dal Friuli, dall'hinterland milanese. Terre povere, però non lontane dai grandi vivai e quindi battute dagli osservatori dei club. Tre soli dal Sud: Renna al Bologna, De Bellis al Venezia, De Robertis al Palermo. Tutti pugliesi. Non un siciliano, un sardo, un napoletano, un calabrese. Sì, era un'altra Italia. Ragazzi col viso invecchiato in fretta di chi ha visto e qualche volta fatto la fame. Molti nati e cresciuti o comunque sbocciati in una sola squadra, sempre la stessa, per sempre. Le bandiere, i «capitani» come Ferrini e Losi, Bulgarelli, Cesare Maldini, Bearzot.

    Album dopo album la Panini cresceva. L'azienda si ingrandì in una sede elegante, nacquero le edizioni didattiche, e nel 1970, la prima collezione rivolta al mondo, quella per i campionati del Messico. Due anni dopo dagli stabilimenti usciì l'ultima figurina di colla. Fine di un'epoca, di profumi che per molti sanno d'infanzia e mani impiastricciate. Dal genio meccanico di uno dei fratelli era nata la «fifimatic», l'imbustatrice che sostituì le operaie col badile: Panini era diventata anche una squadra di pallavolo di prima grandezza, una di atletica, e altro ancora.

    Gli eroi avevano la barba, i baffi e qualcuno salutava col pugno chiuso. Altri si portavano la pistola in ritiro. Altri restavano poeti, come quel Vendrame che un giorno scartò il portiere, tornò indietro e provò a scartarlo un'altra volta. Quello gli prese la palla e lui si giustificò: «Anche i portieri hanno diritto a una seconda possibilità». Quante storie e quanta storia. Oggi la Panini, finita in mani straniere e tornata in Italia, vende figurine in tutto il mondo. Dopo quella di Bolchi ne sono arrivate miliardi. Il primo album, quello con la maglia strappata di Liedholm, ha raggiunto quotazioni vicine ai 10 mila euro. Chissà, in cantina potrebbe nascondersi un piccolo tesoro.
     
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