Berlusconi la spunta per tre voti: ma è solo

Ed ora parte la corte a Casini...

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    Berlusconi la spunta per tre voti.
    ''Avanti con un governo più ampio''.




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    Il pallottoliere sorride al premier. ''Ma per le riforme sarà più dura, da Napolitano un no alle urne". Fini: ''Vittoria solo numerica''. Il Pd: ''Non è cambiato niente, è un esecutivo Scilipoti-Razzi".

    La sfida tra Silvio Berlusconi e Gianfranco Fini finisce 314 a 311. E ad affossare la mozione di sfiducia contro l’esecutivo in Aula alla Camera sono proprio tre deputati del gruppo di Futuro e Libertà: Maria Grazia Siliquini e Catia Polidori, indecise fino all’ultimo, votano per il presidente del Consiglio, mentre il presidente della commissione Lavoro, Silvano Moffa, non risponde alla chiama.

    Dopo la vittoria ampia al Senato, dove la fiducia al governo Berlusconi passa con 162 voti a favore, 135 i contrari, 11 gli astenuti, la partita a Montecitorio si gioca in due ore circa, tra insulti, risse sfiorate, deputate che vanno al voto scortate. Al centro della partita torna ora la Lega. Maroni chiede un allargamento della maggioranza, mentre Bossi avverte che «non c’è alcun veto all’Udc». «C’è il problema del federalismo, ma non basta», dice il Senatur.

    Fini contestato:
    Nel tratto di Transatlantico che ha attraversato, il presidente della Camera è stato oggetto di una inedita contestazione: un gruppetto di deputati di maggioranza, per lo più della Lega, ha chiesto a viva voce: «Dimettiti coglionazzo». Prima una singola voce, poi più voci hanno ripetuto la sollecitazione all’indirizzo di Fini, mentre altri leghisti intonavano “Va Pensiero”. Fini si è preso qualche minuto per riflettere, poi ha dettato alle agenzie una dichiarazione: «La vittoria numerica di Berlusconi è evidente quanto la nostra sconfitta, resa ancor più dolorosa dalla disinteressata folgorazione sulla Via di Damasco di tre esponenti di Futuro e Libertà. Che Berlusconi non possa dire di aver vinto anche in termini politici sarà chiaro in poche settimane» .

    La soddisfazione del Cavaliere:
    Berlusconi, subito dopo il voto, si è complimentato con Verdini, e attraversando il Transatlantico tra gli applausi ha sussurrato: «Me l'aspettavo. Sono sereno ora come lo sono sempre stato». Poi ha incontrato Bossi e Tremonti a Palazzo Chigi e alle 17 è salito al Quirinale. Verso le 18 è andato alla presentazione del nuovo libro di Bruno Vespa. «C’è stata una pressione psicologica e non solo su alcuni esponenti del Fli», esordisce il Cavaliere, «per questo motivo alla Camera la maggioranza non è stata così consistente come in Senato». Ora «bisogna andare avanti», dice il premier, perché lo vuole anche Napolitano.

    Come? Rinforzando la squadra di governo. Berlusconi ha citato la possibilità che alcuni parlamentari «rientrino nei ranghi del Pdl» e ha poi fatto riferimento all’Udc, ad «altri gruppi ancora» e a singoli esponenti del Pd.Con Fini, dice, è finita, perché lui e i suoi «hanno mantenuto comportamenti negativi culminati nel discorso di oggi di Bocchino. Ma il risultato di oggi dimostra che non c’è una maggioranza alternativa. Alla fine è venuto fuori che per Fini ero un ostacolo per raggiungere i suoi obiettivi». Resta però la difficoltà di governare: la riforma complessiva della giustizia sarà molto più difficile «portarla a compimento con i numeri parlamentari attuali. Non ci sarà una riforma su alcuni punti» che non trovano il consenso dell’opposizione, ma su altri, come ad esempio la «velocizzazione» dei processi, credo sia possibile portare a termine le riforme.

    Il Pd: non cambia nulla:
    «Non cambia nulla, il governo non ce la fa», commenta Bersani. «La crisi politica ne è esce drammatizzata». E poi: «È una vittoria di Pirro. Siamo al governo Scilipoti-Razzi. Evidentemente si è verificata una vicenda totalmente scandalosa di compravendita di voti, che consegna al Paese un governo più debole e un’opposizione più ampia». D'Alema attacca: «Non è una bella pagina di storia parlamentare» perchè abbiamo assistito a questa «scena di trasformismo, questo mercanteggiare fino all’ultimo, questo aspettare la seconda chiama per sembrare decisivi. Uno spettacolo che alimenta il peggiore qualunquismo».
     
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    Parte la corte di Berlusconi a Casini.
    E Bossi apre: ''Nessun veto all'Udc''.




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    Il premier: «Venite con noi». La replica: prima le dimissioni.

    «Ora venite con noi». Con queste parole rivolte a Pier Ferdinando Casini, Berlusconi avrebbe tentato di ammorbidire la posizione dei centristi che hanno sempre respinto la richiesta di entrare nella maggioranza.

    In aula alla Camera, durante la prima chiama sulle mozioni di sfiducia al governo, il premier recatosi tra i banchi dell’Udc si è intrattenuto con Casini ed i deputati centristi ed ha sollecitata l’Udc ad entrare nella maggioranza. Il leader Udc, secondo quanto riferito, ha detto a Berlusconi che proprio nel caso in cui il governo avesse avuto la fiducia dei due rami del parlamento il premier avrebbe potuto dimettersi per aprire una fase nuova.

    Una richiesta, questa, sostenuta dai centristi che da tempo pongono la condizione di un gesto di discontinuità da parte del premier. «Allora, aspettiamo voi! Vogliamo andare avanti e vogliamo aprire la maggioranza», ha detto il premier a Pier Ferdinando Casini e Lorenzo Cesa che di rimando gli hanno risposto: «Non c’è problema: basta che ti dimetti e noi siamo disponibili a parlare!».

    Comincia così la chiacchierata politica nell’aula della Camera mentre è in corso la votazione per la fiducia davanti al plenum del gruppo dei centristi e proprio sotto gli occhi dei giornalisti in tribuna stampa, Berlusconi tende la mano e Casini che subordina ogni dialogo alle preventive dimissioni del premier. «Ma perchè devo dimettermi? Oggi ottengo la fiducia, me la confermano quelli che a loro volta la hanno avuta dagli elettori. Se mi dimettessi, la fiducia dovrei averla dai partiti. Dobbiamo andare avanti, dobbiamo aprire!». Ma Casini e Cesa sembrano non sentirci. E Berlusconi parte con la battuta: «Ma basta con questi capelli bianchi», dice sorridendo al leader dell’Udc. «Dovresti tingerti i capelli come me, sembreresti più giovane...». Casini declina, e Berlusconi prova ad allungargli un buffetto che il centrista schiva.

    E proprio mentre riparte il corteggiamento di Berlusconi a Casini, un via libera all'ingresso dei centrisi nella maggioranza arriva da Bossi. «Nessun veto all’Udc. C’è il problema del federalismo ma non basta», spiega il leader della Lega. Sulla stessa linea anche Maroni. Quella di oggi è la vittoria del «primo tempo» di una partita, ora il premier «ha detto anche ieri al Senato che intende allargare la maggioranza» e bisogna vedere come andrà questa operazione perchè altrimenti «è meglio andare al voto» perchè tutto bisogna fare tranne che «replicare la pessima esperienza del governo Prodi», ha detto il ministro dell'Interno. «È meglio vincere che perdere», spiega Maroni a chi gli chiede se sia meglio tirare a campare o tirare le cuoia. «La partita - aggiunge - comunque non è conclusa, abbiamo vinto il primo tempo. Berlusconi ha detto al Senato che vuole allargare la maggioranza a Fli e Udc, se riuscirà a farlo è bene, altrimenti non è che si può governare appesi a un voto. Quello che è certo è che noi non vogliamo fare la fine del governo Prodi». Maroni avverte d’altra parte che «l’Udc ha votato contro il federalismo» e dunque «la strada non è in discesa».
     
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    La stampa estera:
    ''Esecutivo salvo, ma Silvio è solo''.






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    Financial Times

    La fiducia ottenuta per pochissimi voti di scarto dal governo di Silvio Berlusconi è già sui siti internet dei grandi giornali esteri.
    «Berlusconi sopravvive al voto di sfiducia», scrive il quotidiano della City londinese, che però nel sottotitolo precisa: «Un'esigua maggioranza mostra la debolezza della sua presa sul potere»



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    Wall Street Journal

    «Berlusconi sopravvive al voto di fiducia» titola anche la Bibbia di Wall Street, che spiega: «Il premier italiano vince di stretta misura un voto di fiducia della Camera, e sopravvive a una sfida politica ma vede la sua capacità di governare impedita in un momento in cui l'Europa affronta difficoltà finanziarie».



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    El Pais

    «Berlusconi sopravvive di poco alla mozione di sfiducia al parlamento» titola il principale quotidiano spagnolo, da sempre poco amichevole con l'attuale premier italiano. Secondo il giornale di Madrid «l'esigua maggioranza gli impedirà di legislare con comodità». Un articolo a parte racconta le manifestazioni di protesta che oggi scuotono la capitale: «La sfiducia è nelle strade».



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    Le Monde

    «Silvio Berlusconi salva il suo governo al Senato e alla Camera» titola il più autorevole quotidiano di Francia, che parla di «giornata dura per Silvio Berlusconi» e di «voto tempestoso» alla Camera. «Malgrado questa vittoria», scrive Le Monde, «il futuro della coalizione di centrodestra resta incerto a causa della sua maggioranza molto stretta, che complicherà l'adozione delle riforme».



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    New York Times

    «Berlusconi sopravvive di misura a un voto di fiducia» titola il New York Times, secondo cui il risultato gli consente di «evitare il collasso del suo governo ma prolunga l'agonia politica». «Con una maggioranza sul filo del rasoio, Berlusconi non ha più margine per governare», scrive il più prestigioso quotidiano americano, che osserva come «mentre il caos politico non è affatto nuovo per l'Italia, stavolta la posta è molto più alta perché i mercati sono concentrati intensamente sul debito dell'Italia e la sua bassa crescita».



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    Washington Post

    Secondo il quotidiano della capitale degli Stati uniti, «Berlusconiè sopravvissuto a un voto di fiducia sul filo del rasoio che gli consentirà di continuare a dominare la vita politica del paese ma lo lascia a combattere con una stretta maggioranza»



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    Liberation

    «Il Caimano salva la pelle» titola il giornale della sinistra francese, che riporta anche le «manifestazioni di studenti in tutto il paese contro il governo».
     
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    Gasparri copia il Cavaliere e cambia cravatta...





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    A sinistra Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, al suo arrivo in aula questa mattina insieme con il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. A destra, anche Gasparri indossa la cravatta che il premier portava dal mattino. Regalata ieri sera alla cena degli auguri del gruppo al Senato del Pdl, la cravatta blu ha il simbolo dei 150 anni dell'unità d'Italia.
    Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi sfoggia oggi in Aula al Senato, in occasione del suo discorso sulla mozione di fiducia al governo, una cravatta su cui è cucito il simbolo del 150° anniversario dell'Unità d'Italia, che si celebrerà ufficialmente il prossimo anno.
    La cravatta è stata regalata al Premier ieri sera alla cena degli auguri del gruppo al Senato del Pdl.
    «Sono davvero contento che il presidente Berlusconi l'abbia indossata oggi in un giorno così importante» ha osservato il senatore Fluttero, che ha curato la realizzazione delle cravatte celebrative.
    La cravatta blu scuro a tinta unita porta cucite al centro tre bandierine tricolori con sotto la scritta «1861-2011».



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    Il pisolino, la mentina di Brunetta, il caffè, Gianni Letta...





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    Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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    Deputate incinte in Aula, anche in sedia a rotelle






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    Mogherini (in foto), Bongiorno e Cosenza,
    tutte in dolce attesa,
    si presentano alla Camera per votare.



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    Giulia Cosenza è stata portata a Montecitorio in ambulanza,
    visti i problemi legati alla gravidanza.
    La Bongiorno è apparsa in aula su una sedia a rotelle



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    Durante il dibattito la Mogherini si è alzata
    e si è avvicinata alla Bongiorno per stringerle la mano.



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    Nel momento del voto
    le tre deputate incinte hanno ricevuto gli applausi dell'aula.



    Edited by Lottovolante - 14/12/2010, 21:42
     
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    Mussolini-Fassino Lite alla Camera:
    torna la ''vajassa'' !






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    In foto: la parlamentare del Pdl Alessandra Mussolini (di spalle) tenta di tirare un telefono cellulare al parlamentare del Pd Piero Fassino, ma viene bloccata dai commessi oggi.

    Momento di tensione nell'Aula della Camera tra Alessandra Mussolini (Pdl) e Piero Fassino (Pd) durante la discussione delle mozioni di sfiducia al governo. L'ultimo segretario dei Ds nel suo intervento stava attaccando il governo quando Alessandra Mussolini ha cominciato ad interromperlo. Impassibile, Fassino ha apostrofato la deputata: «Onorevole Mussolini, il ministro Carfagna l'ha già definita egregiamente...», evocando l'appellativo di "vajassa" con cui a lei si era riferita il ministro per le Pari Opportunità.

    La nipote del Duce scatta: comincia a correre verso Fassino «scartando» atleticamente in mezzo all'emiciclo Gianni Paladini, mentre Gianfranco Fini la invitava alla calma. Solo un commesso riesce al bloccarla ai piedi dei banchi del Pd, ma la Mussolini non si doma: afferra un telefonino sul banco di Ileana Argentin e si appresta a lanciarlo contro Fassino che, nel frattempo si scusa.

    A quel punto, la deputata del Pdl lascia il telefonino e si avvia di gran carriera verso l'uscita, mentre Fassino osservava: «Sono sicuro che l'onorevole Mussolini non si scuserà con me delle sue intemperanze...». A quel punto l'ira della Mussolini si è rivolta alla Carfagna: «Hai visto cosa hai fatto, sei una cretina», le ha detto la Mussolini, che ha poi ricostruito l'episodio con i giornalisti in Transatlantico. «Le ho dato della cretina - ha ribadito ai cronisti - e lei ha spalancato quegli occhi da civetta».



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    Scatti dall'Aula: bacio e abbraccio Cavaliere-Casini...





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    In Aula governo a rischio imboscate.
    Berlusconi chiama i ''deputati delusi''.




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    Il premier: ''Allargheremo la maggioranza'', si punta a erodere Fli e Udc. Oggi vertice Fini-Casini-Rutelli.

    Dopo la vittoria risicata di ieri, per il presidente del Consiglio ora l'imperativo è allargare la maggioranza. Ed è lo stesso Berlusconi a spiegare che bisogna partire - più che da un formale allargamento all'Udc - da «singoli deputati che militano nei partiti di cui non condividono più la linea».

    Il premier parla evidentemente di Fli, e anche di un eventuale erosione, deputato per deputato, dell'Udc. I voti, avverte ringalluzzito il Cavaliere dai microfoni di "Mattino Cinque", «già ieri sera erano di più, molti avevano già offerto la loro collaborazione». «In tanti si sono resi conto che l’opposizione è pregiudiziale: tutti quelli che non vogliono giocare allo sfascio ne sono consapevoli». Poi l'esplicito riferimento a Fli: «Tra questi, alcuni sono già venuti da noi. Diversi che hanno pagato il loro debito di riconoscenza a Fini e sentono innaturale la loro permanenza in Fli».

    Ma mentre Berlusconi canta vittoria, Fini affila le armi in vista della ripresa dei lavori alla Camera. Nel pomeriggio ilm presidente della Camera incontrerà Rutelli e Casini, per fare il punto dopo la batosta di ieri. L'intenzione di Fli, dopo la bocciatura della sfiducia, è quella di andare a una sorta di "Vietnam" parlamentare, imboscate e trappole per dimostrare che senza i loro voti una maggioranza non esiste. Le occasioni non mancheranno, e anzi, ce ne saranno diverse sin dai prossimi giorni. La conferenza dei capigruppo ha confermato il calendario dei lavori dell’Assemblea per la prossima settimana.

    All’ordine del giorno ci sono dunque il Dl rifiuti, su cui le votazioni iniziano oggi pomeriggio, la proposta di legge per l’incentivazione della libera imprenditorialità e a seguire le mozioni di sfiducia al ministro Calderoli, sulla Rai, sul fisco presentata da Bersani, sulla soppressione delle province e, infine, sulla sfiducia al ministro Bondi. Realisticamente non tutto potrà essere votato entro Natale e dunque il Pd ha chiesto che la mozione Bersani sia sicuramente calendarizzata tra le prime. La sfiducia a Bondi potrebbe dunque slittare a gennaio. Le tappe più insidiose per il premier sono il decreto legge sui rifiuti, le mozioni di sfiducia contro i due ministri, la riforma Gelmini dell’Università, la mozione Fli sul pluralismo in Rai. Anche perché andare subito dopo la vittoria di ieri mangerebbe una bella fetta del capitale politico conquistato da Pdl e Lega.

    Di elezioni ha parlato stamane anche il segretario Pd Pier Luigi Bersani, secondo cui i deputati eletti con il centrosinistra passati ieri con Berlusconi «hanno accelerato il cammino verso le elezioni». «Berlusconi è uno che non scherza - ha aggiunto - , che non si ferma davanti a nulla: ieri abbiamo visto cose invereconde». Il segretario del Pd ha espresso «preoccupazione» per il fatto che quanto avvenuto ieri in Parlamento «aumenta il distacco tra la politica e la percezione della gente comune. Questa - ha aggiunto - è la cosa più devastante». Secondo il leader Pd, «alla Camera il governo non ha la maggioranza dei voti, si tratta di una operazione di sopravvivenza, di un capo del governo che aggira il tema politico raccattando, comprando un voto qui e la -ha proseguito Bersani-. Mi chiedo cosa c’è da aspettarsi da un vivacchiamento che non porta a nessuna decisione utile». «C’è una situazione che ci fa dire che non abbiamo un governo, di questo bisogna prendere atto. Noi abbiamo un’altra proposta che consentirebbe di modificare una legge elettorale impraticabile. In ogni caso, del voto noi non abbiamo paura. I conti li facciamo sul serio in quel caso».
     
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    ''Salvo per 3 voti''.
    Il Web ripesca la ''profezia'' di Totò.










    Su Internet spopola il paragone fra alcune scene de "Gli onorevoli" e il voto di fiducia a Berlusconi. Il film, commedia italiana del 1963 diretta da Sergio Corbucci e interpretata da Totò e Peppino de Filippo, racconta le vicende di alcuni candidati al Parlamento nei giorni precedenti le elezioni politiche.
     
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    Sfiducia a Bondi, è scontro con Fini.
    Il ministro scrive al Capo dello Stato.




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    Lettera a Napolitano: accertare il ruolo del presidente dell'Aula. La replica: ''La mozione contro di lui era già stata calendarizzata''.

    Verificare se Gianfranco Fini svolge il suo ruolo di garanzia come presidente della Camera. E' questa la richiesta avanzata dal ministro per in Beni culturali Sandro Bondi nella lettera al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in riferimento ad alcune affermazioni attribuite allo stesso Fini rispetto alla mozione di sfiducia presentata a Montecitorio nei confronti del ministro.

    «Illustre Presidente, oggi -scrive Bondi a Napolitano- molti quotidiani riferiscono di una riunione avvenuta ieri nello studio dell’onorevole Fini, nel corso della quale si sarebbe discusso del voto di sfiducia di Futuro e libertà nei miei confronti. In queste ultime ore, inoltre, alcune agenzie di stampa riportano affermazioni che sarebbero state pronunciate dallo stesso presidente della Camera nei miei confronti, fra cui anche la seguente: "Come fa il ministro per i Beni culturali a rimanere al suo posto?"».

    «Se queste notizie fossero confermate, ci troveremmo di fronte - lamenta Bondi - al venir meno, per la prima volta in maniera così plateale, del ruolo di garanzia istituzionale del presidente della Camera e ad una abnorme commistione fra l’imparzialità del suo ruolo di presidente della Camera e quello di leader di un gruppo parlamentare. Le chiedo, signor Presidente, nella Sua veste di supremo garante delle regole fondamentali della Costituzione, di accertare la veridicità di questi fatti e intervenire per ristabilire il rispetto dei diversi ruoli istituzionali».

    A stretto giro arriva la replica di Fini. «Come noto, la mozione di sfiducia al ministro Bondi è già da tempo nel calendario dei lavori della Camera dei deputati. L’orientamento di voto sulla medesima è rimessa alle valutazioni dei singoli gruppi parlamentari», spiega dichiara, Fabrizio Alfano, portavoce del presidente della Camera. «Pertanto - aggiunge - , il ministro della Cultura, anzichè rivolgersi al presidente della Repubblica, avrebbe potuto semplicemente chiedere al presidente Fini la veridicità delle dichiarazioni al medesimo attribuite oggi da alcuni quotidiani e ne avrebbe ricavato una netta smentita».
     
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    La stampa straniera su Berlusconi:
    ''E' rimasto aggrappato al potere''.




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    Critiche da New York Times e Financial Times: anche con la fiducia ha fallito.

    Berlusconi è sopravvissuto al voto di fiducia ma «il suo governo, discredidato, non ha più una maggioranza in grado di funzionare. Non è una situazione che l’Italia può tollerare a lungo. Servono, e servono con urgenza, nuovi leader, nuove elezioni e uno stile di governo più onesto». Berlusconi ha fallito e il suo è «Un fallimento personale». Questo il giudizio, sintetico e impietoso del New York Times che alla situazione italiana dedica oggi un editoriale. Il quotidiano ricorda che «gli investitori sono nervosi sull’Italia». Il paese «Non è la Grecia o l’Irlanda, il suo deficit è ancora gestibile» ma «anche prima della crisi finanziaria» la crescita economica italiana era molto indietro rispetto a quella degli altri stati europei «affondata da una corruzione pervasiva e da una pesantissima burocrazia ad ogni livello di governo».

    Berlusconi sinora ha sempre sostenuto di essere una scelta obbligata, cioè di essere l’unico «capace di tenere insieme le varie e disparate fazioni del centro-destra. Ora è incapace di fare persino questo». Considerato che dall’altra parte resta un centro sinistra «fratturato» al suo interno, «incapace di unirsi e formare un governo», il «fallimento di Berlusconi è personale». Dopo una serie di scandali personali o giudiziari, «si è alienato anche i suoi alleati politici più stretti». Il suo «restare in carica ha estenuato l’Italia, indebolito il discorso pubblico, indebolito il governo della legge».

    Anche il Financial Times giudica severamente il Cavaliere. « Berlusconi deve avere delle unghie resistenti», scrive oggi il quotidiano, riferendo su come il Presidente del Consiglio italiano sia riuscito, «tra la violenza nelle strade di Roma e le risse in parlamento», a rimanere «aggrappato al potere» con il minimo scarto. Berlusconi può presentarsi come il vincitore, ma la sua «non è altro che una vittoria di Pirro», sottolinea il Ft, perchè ha perso la maggioranza assoluta alla Camera e molti suoi ex colleghi sono oggi all’opposizione.

    Tuttavia, sebbene il governo sia in difficoltà, i suoi oppositori hanno poco da festeggiare, continua il quotidiano economico: «Il loro fallimento a trarne vantaggio serve solo a illuminare il loro scompiglio». «Ma è l’Italia la grande sconfitta» del voto di martedì scorso, sottolinea il quotidiano, «come spesso durante la farsesca leaderdership di Berlusconi». Perchè il voto ha prolungato la paralisi politica« del Paese. »La settima economia mondiale ha bisogno di riforme - conclude il Ft - un giovane su quattro non ha lavoro; la crescita è poco meno che anemica; il debito nazionale ha toccato 1.800 miliardi di euro. Berlusconi ha dato prova senza alcun dubbio che non è in grado di affrontare queste sfide. La tragedia italiana è che finora non è emerso nessuno più capace che possa farlo sloggiare».
     
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    Berlusconi: ''La maggioranza tiene,
    otto deputati pronti a venire con noi''.




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    E' caccia al deputato ''transfuga''. Fini: il governo non può durare. Il premier: ''Se si vota stravinco''.

    Mentre Silvio Berlusconi a tarda notte a Bruxelles riferisce dell’accoglienza festosa che gli hanno fatto i leader europei, il suo rivale Gianfranco Fini da Firenze alla prima uscita dopo la boccciatura della sua mozione di sfiducia in parlamento ha voluto mostrarsi forte e determinato: il governo, è stato il suo messaggio, non durerà: «Si può fare di meglio e di più, noi ci proviamo».

    Accolto da un grande applauso, Fini ha iniziato il suo discorso dicendo che da Fli «può uscire qualche deputato, Silvio è un grande seduttore e la carne è debole, ma ogni volta che esce qualcuno si avvicinano migliaia di italiani che chiedono di respirare un po di aria pulita.» Tra gli applausi Fini ha continuato «non è sufficiente continuare a governare con una maggioranza risicata, con 3 o 4 numeri in più. All’Italia serve uno scatto di reni, un’azione riformatrice».

    Intanto da Bruxelles un Berlusconi gioioso ha dichiarato che «altri otti» deputati sono con lui, ma sui nomi c’è il top secret. In effetti la maggioranza è partita alla caccia dei deputati transfughi. Il borsino, frutto per metà dei contatti informali degli emissari del centrodestra e per l’altra metà di un pressing propagandistico, indica due obiettivi sensibili per le prossime due settimane: un esponente dell’Mpa e uno di Fli. In cima alla lista Carmine Patarino, l’unico deputato (insieme a Giuseppe Consolo) ad aver firmato il documento di Silvano Moffa senza poi lasciare Fli. Insieme a lui circola il nome di un deputato dell’Mpa, Roberto Commercio.

    Fini e Casini «avrebbero fatto meglio a restare nel centrodestra», e invece hanno contribuito a «disfarlo». Ma hanno «sbagliato i conti», perchè molti che hanno lasciato la maggioranza sono pronti a fare ritorno alla "casa madre", punge il Cavaliere parlando alla festa dei giovani del Ppe nella notte belga, dopo la cena dei 27 e il vertice dei Popolari Europei (dove, racconta, «sono stato accolto come se fossi andato sulla Luna tanti sono stati i festeggiamenti» per aver incassato la fiducia). E tra barzellette, decine di strette di mano e foto-ricordo, consegna il seguente messaggio: «Sono tranquillo per il futuro, perchè abbiamo una maggioranza per governare». E se anche i numeri della fiducia ottenuta lunedì scorso sono molto stretti, questa maggioranza è destinata ad allargarsi.

    «Ho fatto incontri tutta la notte e ne ho incontrati otto, anche se avrei preferito incontrare belle ragazze - racconta Berlusconi ironizzando - e quegli otto sono pronti a passare con noi». Otto parlamentari, aggiunge, che non si sentono più a loro agio là dove stanno, perchè con Fini e Casini «pensavano di essere saliti su un treno con destinazione terza gamba del centrodestra, e invece si sono ritrovati con una destinazione centrosinistra». E se con la nascita del nuovo Polo pensano di allearsi con la sinistra, «saranno destinate al niente, cioè alla fine, malgrado lo spazio che hanno in tv». Certo, ammette Berlusconi ironico, di Casini «lo capisco, l’è un bel fijol, come si dice a Milano, piace alle signore dai 55 anni in su ed è per questo che ha il 6%...Però - continua - deve restare nell’area dei moderati».

    Il premier più tardi, ha definito «top secret» il numero dei parlamentari pronti a tornare nelle fila della maggioranza, e a chi gli chiede di fare nomi, replica con una battuta: «E che lo chiede a me?». Ma ribadisce di essere certo del fatto che la maggioranza può allargarsi tanto da portare avanti l’azione del governo. «Se ciò non dovesse accadere comunque - continua Berlusconi - allora andremo al voto, ma in quel caso vinceremo alla grandissima, perchè secondo l’ultimo sondaggio il mio gradimento è del 56,4%. Ed è quasi un miracolo dopo tutto quello che hanno detto di me». L’accusa di «distorcere la realtà» non è limitata agli avversari politici, ma anche ai media. Davanti ai giovani del PPE, raccontano alcuni presenti, Berlusconi spiega che dopo aver visto Ballarò o Annozero «sono andato in bagno e mi sono guardato allo specchio, pensavo di essere un dittatore o addirittura un gangster.».

    Non è l’unica battuta che il premier si concede di fronte al centinaio di giovani arrivati da ogni parte d’Italia per vederlo. Berlusconi racconta di avere ricevuto una lettera dalla società anagrammatica italiana che ha voluto fare un anagramma con il suo nome. Risultato? L’anagramma di Silvio Berlusconi, dice ridendo, è "Unico boss virile". Il premier affronta anche i temi europei, in particolare la questione Eurobond: Berlusconi ammette che si tratta di un’idea che «non può passare subito, perchè ci vuole del tempo per convincere chi l’ha sentita per la prima volta e non può apprezzarne la valenza». Una decisione unitaria a breve forse non ci sarà, continua, ma anche la stessa Angela Merkel, contraria alla proposta, «sono convinto che se ne convincerà. Se l’Europa mettesse dei titoli del debito pubblico con la sua garanzia- conclude - io li comprerei, più dei titoli dei singoli paesi..
     
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    L'incubo del premier:
    Casini ''nuovo Prodi''.




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    Un'alleanza Pd- Terzo Polo potrebbe conquistare i moderati.

    Le operazioni mediatiche sono quelle che meglio riescono a Berlusconi. Batte il tasto dei nuovi arrivi nella maggioranza e mette paura agli avversari finiti per il momento in un angolo. Schiaccia a sinistra il «traditore» Fini e ai deputati dell’Udc ricorda che il loro leader Casini ha perso un’occasione d’oro: entrare nel governo dalla porta principale di ministeri e sottosegretariati. Ma quello che ora il Cavaliere teme veramente è una possibile alleanza in divenire tra il nascente terzo polo e il Pd «depurata» da Di Pietro e Vendola. Un centrosinistra di nuovo conio per dirla con un’espressione in voga un po’ di tempo fa e inventata da Rutelli. Berlusconi lo teme perché non potrà dire con tanta credibilità che i suoi vecchi partner si sono consegnati a comunisti e forcaioli. Soprattutto se il «nuovo Prodi» si chiamerà Casini, democristiano di provata fede, tra i fondatori del centrodestra.

    Il suo avversario ideale è il governatore della Puglia, orecchino, gay, onestamente e dignitosamente comunista anche se postmoderno. Contro di lui il Cavaliere potrebbe dire le umane e le inumane cose, tanto rimane minoranza. Per non parlare dell’ex Tonino nazionale che ha perso l’onore politico da quando i suoi due deputati hanno salvato il nemico numero uno dell’Idv. Di Casini, che è stato all’opposizione e ce l’ha mandato proprio lui, bisognerebbe lavorare di fino per dire tutto il male possibile. Tanto più se il leader Udc sarà alla testa del battaglione democratico, che alla sua sinistra farebbe strage di voti utili non facendo scattare il 4%. E’ vero che sarebbe un’ammucchiata anche Patto della Nazione più Pd «depurato», ma per Berlusconi sarebbe una concorrenza al centro e sulle fasce moderate che non potrebbe sottovalutare. Ovviamente non può ammettere di averne paura.

    Noi glielo abbiamo chiesto alla fine del vertice Ue: teme un’alleanza di questo tipo? E lui: «Non mi preoccupa perché non hanno elettori». Una risposta insolitamente breve, come se non avesse ancora messo a fuoco il problema che potrà trovarsi di fronte. Del resto un sondaggio ad hoc non ce l’ha, e quindi che può dire? Il premier è persona pratica, procede passo dopo passo. Non si pone un problema che non è andato a maturazione. Adesso è interessato all’espansione della maggioranza e i suoi messaggi si fanno incalzanti e quotidiani. Erano mesi che non si offriva ai giornalisti come in questi giorni così a lungo e in tutte le circostanze. Quando non lo fa, annullando viaggi e conferenze stampa, è perché le cose gli vanno male o sta incubando qualcosa. Da quando invece ha superato la rischiosa boa della sfiducia, nonostante possa contare solo su 3 voti di maggioranza, il premier parla a iosa (anche alle 2 di notte come è accaduto l’altra sera nella hall del Conrad).

    Ieri, all’uscita vip del Justus Lipsius, è stato l’unico leader che si è fermato con i giornalisti. Si mostra sicuro, ostenta il suo ritorno a Bruxelles da vincitore. «Ditelo che non riuscite a stare senza di me. Non è facile abbattere un combattente veterano come me», ha scherzato con alcuni colleghi al vertice Ue. Colleghi che gli avrebbero fatto tanti di quei complimenti per la fiducia ottenuta da averlo imbarazzato. Del resto, ha osservato, la caduta del governo avrebbe creato instabilità anche in Europa e avrebbe fatto male alla tenuta dell’euro. «Anche questo dimostra l’irresponsabilità di una manovra per come era stata pensata e cercata di portare avanti». Ecco, per fortuna un governo a Roma c’è ancora e a Bruxelles è stato approvato il fondo permanente «salva-Stati». Ora l’euro a suo avviso è in «sicurezza irreversibile», grazie al clima di concordia tra i 27. Non è passata la proposta, sostenuta fortemente dall’Italia, di emettere eurobond. C’è la contrarietà della Merkel e di Sarkozy.

    Il Cavaliere nega che ci sia uno strapotere franco-tedesco, anche perché spesso le loro iniziative incontrano la «mancata adesione degli altri Paesi». Ammette però che in Europa serpeggia ancora la voglia di «un protagonismo nazionalistico». In Italia invece deve fare i conti con il duo Fini-Casini. Li considera perdenti, soprattutto il primo, mentre per il secondo usa toni più soft, lasciando la porta socchiusa. Il suo bersaglio è comunque il presidente della Camera: è il Fli che vuole dissanguare, saccheggiare.
     
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    Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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    Berlusconi, io unico boss virile

    Premier interviene telefonicamente a cena Pdl della Toscana
    18 dicembre, 22:25


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    FIRENZE, 18 DIC - 'Sapete perche' sono sempre cosi' carino con le signore? Deriva dall'anagramma del mio nome in latino: 'l'unico boss virile'.

    Lo ha detto il premier intervendo telefonicamente alla cena del Pdl della Toscana, subito dopo aver fatto i complimenti alla portavoce regionale Monica Faenzi che ha invitato a 'una cena a due a Roma'.

    'L'anagramma di Pierferdinando Casini? Perdi se vai con Fini', ha ribattuto la Faenzi a Berlusconi, che ha aggiunto sorridendo, 'questa e' la saggezza dei nomi'.


    Edited by Lottovolante - 19/12/2010, 07:51
     
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    Fini: ''Resto presidente della Camera''.
    Ira di Berlusconi: ''Protetto dall'Anm''.




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    Il leader di Fli smentisce le voci che lo indicavano dimissionario. Il premier: ''Ha bloccato la legge sulle intercettazioni in cambio dell'intoccabilità dei suoi uomini''. La replica: ''La solita barzelletta''.

    Nuovo capitolo nell'eterna battaglia tra Berlusconi e Fini. «Fin quando dura la legislatura continueremo a vederci per gli auguri di Natale», ha detto il presidente della Camera in occasione del messaggio ai dipendenti di Montecitorio.

    Il leader Fli smentisce dunquer le indiscrezioni di stampa che lo vorrebbero vicino alle dimissioni dalla presidenza, magari in concomitanza con il congresso fondativo di Futuro e Libertà previsto per metà gennaio a Milano. «Come passa il tempo! Sono già due anni e mezzo, è già la terza volta che ci facciamo gli auguri - ha ricordato Fini - e ci vedremo anche in futuro», perchè «le istituzioni restano e gli uomini vanno, siamo pro-tempore e tutti dovrebbero ricordarselo, però- ribadisce - finchè dura la legislatura continueremo a vederci per gli auguri di Natale».

    Passano una manciata di minuti e le agenzie stampa battono le dichiarazioni di Berlusconi. Nel mirino del premier, ancora una volta, c'è proprio il presidente di Montecitorio. «La legge sulle intercettazioni si è arenata alla Camera dopo l’incontro tra Gianfranco Fini e i rappresentanti dell’Anm», attacca il Cavaliere durante il pranzo con gli eurodeputati del Pdl. Berlusconi individue anche qual è stata la presunta contropartita: «Le toghe hanno garantito protezione a Fini e ai suoi uomini. Fini dal canto suo - ha proseguito il presidente del Consiglio - ha dato assicurazione che fin quando ci sarà lui nel ruolo di presidente della Camera non verrà fatta alcuna legge contro i magistrati».

    Il Cavaliere ha sostenuto che il presidente dell’Anm, Luca Palamara, ha consegnato quattro emendamenti alla signora Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera. La replica di Fini non si è fatta attendere: «È una delle barzellette del vasto repertorio di Berlusconi», avrebbe commentato il presidente della Camera con i suoi collaboratori le dichiarazioni trapelate dall’incontro con gli europarlamentari Pdl del premier. La tenzione resta altissima proprio nel momento in cui il governo punta ad evitare possibili "imboscate" alla Camerra su voti particolarmente delicati.

    Berlusconi ha dettato la linea ai suoi. «Il voto di fiducia del 14 dicembre ha rafforzato il governo, ma ora se vogliamo fare le riforme dobbiamo allargare la maggioranza a tutti i moderati che non vogliono andare con la sinistra», ha spiegato il premier pranzando con gli eurodeputati del Pdl. Dopo aver snocciolato i sondaggi che, secondo quanto riferito dal alcuni presenti, danno il Pdl al 31% e Futuro e Libertà appena al 3,4%, il Cavaliere ha spiegato con una battuta il successo mediatico del leader dell’Udc, Pierferdinando Casini: «Piace molto alle signore», ha detto scherzando, Berlusconi. A proposito del leader di Fli, Gianfranco Fini, il premier ha ribadito il giudizio espresso alcune sere fa sostenendo che l’attuale collocazione del presidente della Camera lo porta in un’area in cui non avrà il sostegno degli elettori e dunque è destinato a «sparire».
     
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24 replies since 14/12/2010, 20:08   122 views
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