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Tra il 1560 e il 1585, Pier Francesco Orsini,
più noto con il soprannome di Vicino,
dovette più volte affacciarsi dalla bella
loggia del proprio palazzo di Bomarzo,
nel Viterbese, per contemplare la valle
sottostante.
Proprio là stava prendendo forma il "Sacro
bosco", così come il nobiluomo chiamava
il suo giardino, oggi noto come
"Parco dei mostri".
Orsini era diventato signore di Bomarzo
nel 1542, dopo una lunga contesa
ereditaria seguita alla morte del padre
Giovanni Corrado, avvenuta nel 1535.
Fu proprio il genitore che nel 1519 incaricò
il famoso architetto Baldassarre Peruzzi
di realizzare il nuovo palazzo di Bomarzo.
Più tardi fu Vicino a chiedere l'erezione di
una nuova ala e dar forma compiuta a uno
dei più mirabili esempi di architettura
rinascimentale.
Anche l'idea di realizzare un giardino terrazzato,
degradante verso valle, era un'eredità paterna:
Giovanni Corrado aveva acquisito le aree verdi
sottostanti il castello già nel 1521.
D'altronde, all'inizio del '500 il giardino era
divenuto una sorta di irrinunciabile status
symbol per le famiglie nobili.
E' probabile che Giovanni Corrado pensasse a
un giardino basato su esempi antichi mediati
da modelli più recenti, come il Belvedere
vaticano del Bramante (1504 - 1513), realizzato
su piani degradanti collegati tra loro, o
il giardino di Villa Madama alle pendici di
Monte Mario, ideato da Raffaello nel 1517.
Qualunque fosse stato il suo pensiero, di certo
sarebbe stato incredulo se avesse potuto
ammirare il parco che il figlio avrebbe
effettivamente realizzato.. -
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Pier Francesco "VICINO" Orsini
Ma andiamo con ordine.
Alla morte del padre, Vicino aveva appena
dodici anni.
Non era nè bello nè fortunato, soprattutto
in amore.
Nel 1540 si innamorò di Adriana dalla Roza,
che morì precocemente, così come la moglie
Giulia Farnese, sposata nel 1544.
In compenso Vicino era sensibile e colto,
attratto dal curioso e dal meraviglioso.
Fu amico di poeti del circolo petrarchesco,
come Francesco Maria Molza, Franceschina
Baffo e Giuseppe Betussi, che conobbe a
Venezia attrono al 1540.
Era anche intimo di Annibal Caro, come
testimonia un vivace carteggio.
Con il matrimonio sembrò decollare anche
la sua carriera militare, per via dei rapporti
di parentela tra Giulia e papa Paolo III
Farnese, noto per la spregiudicata
politica nepotista.
Sfortunatamente, nel 1549 il pontefice
morì e con lui la promessa di futuri
incarichi.
La vita militare, punteggiata da lunghe
prigionie lo allontanò spesso dalla
amata moglie e dalla vita di studio e
ozio che tanto desiderava.
Nel 1557 partecipò alla distruzione di
Montefortino (oggi Artena), ordinata da
Paolo IV per punire il passaggio al nemico
degli abitanti e del signore locale.
Disgustato da tanta crudeltà, si ritirò dalla vita
attiva, per ricongiungersi con la moglie a Bomarzo.
Palazzo Orsini
A questo periodo risalgono i primi interventi
nel "Bosco sacro", che si moltiplicarono alla
morte dell'amata Giulia nel 1560, quando Vicino
combattè la melancholia dandosi anima e corpo
alla costruzione del giardino.
Proprio in quanto specchio di vicende e desideri
privati, di suggestioni letterarie e filosofiche
personali, di fantasie erratiche ed eccentriche,
il bosco di Bomarzo costituisce un unicum
anche nel suo tempo.
Si sottrae alle regole dei giardini contemporanei,
come quelli di Caprarola, Bagnaia o Tivoli, in cui
il programma narrativo e iconografico si dipana
attraverso un rigido percorso geometrico,
realizzato con elementi arborei sempreverdi.
Per Vicino il giardino non è un microcosmo in
cui la ragione raggiunge la perfezione
dominando la Natura e dove l'ordine cosmico
è rifleso nella partizione geometrica.
Il "Bosco sacro" si presenta piuttosto come
un percorso ascensionale altamente
simbolico, dove il cammino iniziatico è costellato
da errori, prove, attese, paure e improvvise
apparizioni.
Il tutto è rappresentato da sculture grottesche,
mostruose, bizzarre oltre ogni dire.
Il percorso è ascensionale, proprio come negli
altri giardini, ma lo sviluppo della narrazione
è meno fluido e comprensibile.
Ciò si deve anche al fatto che le sculture furono
ricavate dai massi erratici di peperino che nei
secoli si erano disposti casualmente sul terreno.. -
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La casa pendente
Sicuramente la difficoltà nel trovare
un'interpretazione al parco Bomarzo
si deve anche alla lunga gestazione
dell'opera: dal 1544 al 1560 se ne
occupò Giulia, a cui si devono i due
obelischi e la Casa pendente, realizzata
nel 1552 come augurio per il ritorno del
marito dalla prigionia; poi fu la volta di
Vicino, che vi lavorò fino alla morte,
nel 1585.
Il critico d'arte Maurizio Calvesi ritiene che,
a una prima narrazione simbolica, l'Orsini
ne avesse poi aggiunte altre nel corso
del tempo.
La prima narrazione, realizzata alla morte
della moglie (1560-1563), prenderebbe
spunto dall'Hypnerotomachia Poliphli
("Sogno di Polifilo") scritta da Francesco
Colonna, antenato di Giulia Farnese: vi
si narrava di un viaggio iniziatico per
ricongiungersi con l'anima
dell'amata defunta.
Venere
Proprio quel che serviva a Vicino per
onorare Giulia.
Illustrazione tratta dal
Hypnerotomachia Poliphili a cui si
ispira la fontana delle tre Grazie
riportata in basso.
Farebbero parte del viaggio il Tempietto,
i falsi ruderi, le fontane delle tre Grazie,
del ninfeo, di Venere (nuda dalla cintola
in sù e poggiata su una conchiglia dotata
di ali mostruose), di Pegaso, quella forma
di barca (in cui Polifilo viene trasportato da
Cupido su Citera, l'isola dell'Amore), come
il teatro e il laghetto ora scomparso.. -
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La fontana dei Delfini
Il secondo percorso, realizzato dopo
il 1565, sembra essere ispirato a
poemi cavallereschi.
Dettaglio della Fontana dei Delfini
Soprattutto all'Orlando furioso dell'Ariosto,
ma anche al Morgante di Pulci.
La Tartaruga sormontata dalla Fortuna
Caratteristico di questa fase è il gigantismo
delle sculture.
La Balena
Vi fanno parte il Gigante assassino, la Tartaruga
sormontata dalla Fortuna (una donna alata
su una sfera), l'Orca (o Balena) che esce dalle
acque, la Fontana di Pegaso (simbolo della
poesia) con il piano dell'acqua inclinato.
Poi la fontana dei Delfini, il moncone di colonna
e un tronco d'albero, dove artificio e natura
sono ugualmente battuti dal tempo.
L'Orco
Viene poi il pezzo forte del parco: l'enorme
bocca d'Orco con all'interno un tavolo
e un sedile, come in una figura seurrealista.
Ma c'è anche la Lotta dei giganti, episodio
in cui Orlando, pazzo per amore, si spoglia
delle armi (scolpite dietro la scultura) e
uccide un innocente che gli contende il passo.. -
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Plutone o Oronte?
A questo complicato simbolismo si
sovrappone una terza chiave di
lettura, iniziata dopo il 1573, sul
tema della selva incantata e delle
presenze infernali, ispirata all'Amadigi
di Bernado Tasso e alla Gerusalemme
liberata del figlio Torquato.
In entrambe le opere il passaggio nel
bosco incantato rappresenta un
momento cruciale dell'iniziazione.
L'elemento caratteristico di questa fase
è la "polisemia" delle figure rappresentate,
cioè la loro molteplice valenza simbolica,
che non si ferma a un unico riferimento
mitologico o letterario.
Per esempio, l'uomo seduto mentre
accarezza un delfino con accanto una
cornucopia e un mostro marino a fauci
spalancate potrebbe essere Plutone,
che nella Gerusalemme Liberata incanta
la selva di Saron: ma potrebbe essere
anche Oronte, l'incantatore della selva
dell'Amadigi, la cui iconografia è molto
vicina a quella dei fiumi.. -
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La Ninfa dormiente
Polisemiche sono anche la Ninfa dormiente
(forse la bella maga Armida o la divinità
ofrica del Sonno e della Notte) e la cosiddetta
Cerere (forse Proserpina, compagna di Plutone).
Cerere
Ma siamo in un bosco incantato e le creature
devono per forza apparire "strane", mutanti
nella forma e nel senso.
Proprio come il Drago dalle ali di farfalla
azzannato da un leone, o L'Elefante
in assetto di guerra che stritola un legionario,
forse riferito alla morte del figlio di Vicino,
Orazio, nella battaglia di Lepanto.
Triplice per natura è Cerbero dalle tre teste,
doppia è la Sirena bifida (presente anche
nell'Hypnerotomachia), misteriosa e
agghiacciante una figura priva di braccia
e di gambe, ma dotata di ali di pipistrello.
Morto Vicino, parco e palazzo passarono
di mano in mano e furono dimenticati.
Ci volle il genio strambo di Salvador Dalì,
che lo visitò nel 1938 per recuperarlo alla
memoria storica.
Il pittore surrealista ne trasse ispirazione
per una delle sue tele visionarie: Le
tentazioni di Sant'Antonio.
Inoltre girò un breve filmato sul posto e
lo diffuse negli ambienti intellettuali di
tutta Europa.. -
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Gli anni in cui prende forma il "Parco
dei mostri" rappresentano un tempo
di crisi intellettuale.
L'equilibrio che la precedente cultura
umanistica aveva trovato nei canoni
classici si stava ormai sgretolando.
Questo fenomeno di ripensamento, detto
Manierismo, abbraccia un lungo periodo,
che va dal Sacco di Roma (1527) al
Concilio di Trento (1563).
Già il riferimento a questi eventi dà il senso
dei cambiamenti politici e religiosi.
Il Manierismo è la risposta a una crisi di
valori che investe tutti campi.
L'arte, proprio come Vicino Orsini, si richiude
su se stessa e diviene espressione
personale, o tutt'al più emenazione di
un ambiente colto e raffinato con cui
condividere ideali estetici e gusti fastosi.
Il valore non è più affidato all'imitazione
della natura, come nell'arte classica, ma
al desiderio di superarla attraverso
l'artificio.
Tutto è stile, eleganza formale, imitazione,
anche delle opere precedenti e soprattutto
quelle di Leonardo, Raffaello e Michelangelo.
Si vuole essere originali e stupire.
Da qui la dilatazione delle anatomie,
il gigantismo, l'inganno ottico.
Le arti si scambiano: la pittura imita
la scultura e viceversa, le architetture
divengono scenografie teatrali, come
grandi macchine per stupire.
E' proprio l'epoca che decreta il successo
dei ritratti di Arcimboldo, composti da un
insieme di elementi naturali che, come
il "Bosco sacro" di Bomarzo, profumano
un pò di bizzarria e un pò di alchimia..