Jacopo della Quercia, Tomba di Ilaria del Carretto

Lucca, Duomo di San Martino

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  1. Milea
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    Jacopo della Quercia
    Tomba di Ilaria del Carretto



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    Il Duomo di San Martino a Lucca è una straordinaria opera d’arte e, nello stesso tempo, uno scrigno di opere d’arte. Ma, tra tutte, ve n’è una che, oltre al messaggio della bellezza, comunica una struggente commozione: è la tomba di Ilaria del Carretto, moglie di Paolo Guinigi signore di Lucca, morta nella città toscana a venticinque anni. Benché non tutti gli studiosi siano concordi, sembra che il monumento funebre fin dall’inizio sia stato pensato per trovare collocazione nel Duomo.

    L’autore è Jacopo della Quercia, uno dei sommi scultori del rinascimento. Ricevette l’incarico dal Guinigi subito dopo la morte della giovane moglie, avvenuta nel 1405. Jacopo concentra l’attenzione dello spettatore sul sarcofago, isolandolo dal contesto e ponendolo direttamente a terra (perciò la tomba è detta “terragna”), mentre fino ad allora lo stile prevalente collocava il sarcofago su colonne o cariatidi e sotto un baldacchino.

    I lati lunghi della tomba di Ilaria presentano cinque putti alati che sorreggono una ghirlanda di fiori e frutti: un motivo ornamentale classico, che lo scultore ripropone ispirandosi ai sarcofagi romani visti forse nel Camposanto di Pisa. I lati corti espongono rispettivamente l’immagine della croce formata da foglie di acanto e lo stemma dei del Carretto con foglie e fiori.

    Questa connessione tra l’elemento pagano dei lati lunghi e quello cristiano dei lati corti è una perfetta realizzazione sintetica del rinascimento. C’è da notare come l’abbondanza di fiori e frutti indichi il paradiso (che, etimologicamente, significa “giardino”), mentre l’acanto nella simbologia medievale allude alla risurrezione.


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    Sul coperchio del sarcofago è rilevata l’immagine della defunta: distesa con le mani incrociate sul grembo, Ilaria si manifesta nella sua giovinezza, nella sua grazia, nella semplice eleganza del vestito, nell’acconciatura dei capelli fermati da una ghirlanda, nell’espressione serena della fiducia e dell’abbandono, nell’assenza totale di rigidezza e di movimento. Il capo poggia su due cuscini sovrapposti, mentre ai piedi è collocato un cagnolino, simbolo di fedeltà, che guarda smarrito verso la padroncina quasi aspettando il cenno di un suo comando.


    Ilaria-4


    La statua di Ilaria è di una spiritualità assoluta, come se la morte avesse fissato in un momento eterno l’idea di una creatura perfetta. Di pieno equilibrio rinascimentale è il messaggio che promana dall’opera: un inno alla vita e alla giovinezza, sottolineato dalla danza dei putti e dall’ornamentazione floreale, inno che la morte non riesce a distruggere e a corrompere. Non ci troviamo in presenza di un ottimismo superficiale, come se la morte non fosse un’esperienza tragica, ma di una meditazione sul senso della fugacità della vita e sulla possibilità di una glorificazione anche all’interno della morte, anche all’interno di un’esperienza “pesante”, cui allude la pesantezza del festone.

    Stilisticamente l’opera segna una svolta rispetto all’arte gotica. Volumi, contorni, forme, proporzioni, essenzialità, realismo della rappresentazione, recupero degli elementi classici greco-romani, il gioco palpitante di luce e ombra che si svolge nella danza dei putti: sono aspetti che preludono alla grande stagione del rinascimento, benché Jacopo non disdegni del tutto gli elementi gotici, il cui influsso si avverte soprattutto nella dolcissima figura di Ilaria.



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    Edited by Milea - 23/10/2014, 20:35
     
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