| "Mi resta solo un pezzo di cervello, so che è arrivata la fine. Ho baciato mia moglie, ci siamo intesi per una felicità eterna"
Amedeo Modigliani, 24/01/1920
Quella fra Amedeo Modigliani e Jeanne Hébuterne è una passione che tesse le sue trame nella cornice di un’esorbitante disperazione e di un inestricabile attaccamento reciproco pervaso da una demoniaca inquietudine, quasi morbosità; una relazione incastonata nel labirinto della dedizione perpetua dell’uno nei confronti dell’altra, ma anche imprigionata nelle brame della solitudine; un amore “che condusse ad una morte” nel caso di Jeanne. Il 22 gennaio 1920, Amedeo Modigliani viene colto da un violento attacco di tubercolosi, la malattia che aveva seguito le sue orme per tutta la sua vita, e il 24 gennaio chiude gli occhi per sempre. Jeanne, incinta al nono mese della seconda figlia di Modì, il giorno seguente si butta dal quinto piano della casa dei suoi genitori.
Amedeo Modigliani Jeanne Hèbuterne con grande cappello 1918 Olio su tela 55X38cm Collezione privata
Attraverso Leopold Zborowski, il dipinto entrò a far parte della collezione di Jones Netter. Quest'ultimo era un abile uomo d'affari, appassionato d'arte, che si affidava a Zborowski per acquistare opere di Modigliani e Utrillo. Pare addirittura che Netter finanziasse Zborowski, che si occupava invece di gestire i rapporti con gli artisti. Nella collezione di Netter figuravano dipinti di Modigliani come fra gli altri, "Il grande nudo", acquistati non in vista di una speculazione economica, ma solo in virtù di una scelta di gusto, che anticipava, prima del 1920, la fortuna del pittore livornese, oltre che di Utrillo. Questo ritratto raffigura la diciannovenne Jeanne Hèbuterne, diventata nel 1917 la compagna di Amedeo. La moglie di Roger Wild, che la conobbe prima che andasse a vivere con lui, la ricorda come una ragazza seria, intelligente, una forte personalità con grandi doti di pittrice. Il ritratto appare costruito come un incastro di porzioni compatte di colore caldo e pieno, suddivise da linee quasi incise che sintetizzano le forme arcuate. La luce, come si vede nel riverbero della parte degli occhi sotto il cappello, appare accuratamente studiata. ( Mar L8v )
La ragazza, proveniente da una famiglia di rigido stampo cattolico e patriarcale, decise di iscriversi all’età di 19 anni all’Accademia di Belle Arti; scelta che fu accettata dai suoi genitori con grande riluttanza. Forse furono proprio tutte le imposizioni opprimenti a cui aveva dovuto sottostare fin da piccola che la indussero a rifugiarsi nel trasgressivo mondo bohèmien. Un fascino sregolato a cui non riuscì a sottrarsi, e che le fu fatale quando il suo cammino si incrociò con quello di Amedeo Modigliani, la causa del suo paradiso e del suo abisso infernale. Chiamato “Dedo” o “Modì” dagli amici, il pittore dall’animo inquieto e dal fare smodato fece tremare il cuore della ragazza. Già a quel tempo era entrato inesorabilmente in un vortice di alcool e droghe, con una condotta morale che si poteva definire senz’altro dubbia: per nascondere le sue umili origini livornesi, da lui considerate un’onta, sciorinava provenienze nobili del tutto inventate. Spacciandosi per aristocratico sperperava dunque, a una velocità impressionante, i sudati risparmi che la madre gli inviava all’inizio del mese. Tra boutique, taverne e osterie, tra spese folli e notti brave, era diventato noto a tutti come il “Principe di Gerusalemme”. Distintosi fin da subito per il suo talento innato nella pittura, aveva esposto le sue opere per la prima volta nello studio di Zborowski, un mercante d’arte polacco: una mostra che aveva avuto circa tre ore di vita, ed era stata chiusa dall’irruzione della polizia a causa di quei nudi così disdicevoli, considerati un affronto al buoncostume.
Quando la famiglia di Jeanne venne a sapere che la figlia si era legata a un personaggio dalla reputazione così torbida arrivò a ripudiarla, lasciandola sola ad affrontare le avversità di una vita dalle sfumature tragiche. Jeanne aveva perso letteralmente la testa per il suo “Modì” maledetto, tanto da rinunciare ai pennelli e dire addio alla sua carriera di pittrice. Divenne sua musa a tempo pieno, posando per numerosi ritratti di una bellezza sconvolgente. Scoprì di lì a poco di essere incinta, e quando diede alla luce la piccola Jeanne (chiamata come lei) Modigliani negò la sua paternità; preferì anzi tenere segreta ai più la relazione. Una situazione che esasperava la giovane, ma non abbastanza da indurla a rinunciare a quell’amore così bruciante. Attraverso le sue tele, Modigliani le donava tutta la bellezza che non riusciva a concederle nella vita reale: la ritraeva con la grazia di una fanciulla del Botticelli e il mistero di una sfinge egizia. I suoi quadri erano immersi in un silenzio metafisico in cui la realtà era distorta in favore di un enigma che attanagliava il mondo. Le figure erano intrise di un’energia primordiale poiché ispirate dalle maschere africane e dall’arte della lontana Oceania. Quegli occhi cerulei, ciechi e vuoti che si ripetono in tutti i suoi ritratti, rappresentavano un mistero insondabile per lo stesso artista, quello dell’anima altrui che non si può conoscere. Questa forse era la visione della realtà di Modigliani che, timido e galante in stato di lucidità, diventava irruento e imprevedibile sotto l’effetto delle droghe. Le sue condizioni di salute, già compromesse dall’infanzia (a causa di un episodio di febbre tifica), degenerarono in un’irreversibile tubercolosi. Presagendo la sua stessa morte, il pittore capì di dover correre ai ripari per tutte le ingiustizie commesse verso la sua devota Jeanne. Si ritirò dalla mondanità parigina per isolarsi con lei e vivere i giorni di passione più intensa della sua vita; promise di sposarla, di riconoscere sua figlia, e dare finalmente una dignità a quella famiglia illegittima che l’aveva amato incondizionatamente fino a quel momento. Jeanne rimase nuovamente incinta, ma il pittore non visse abbastanza a lungo per vedere compiuto il proprio disegno d’amore: spirò nel 1920 a soli 35 anni, a seguito di una lunga agonia. Jeanne, che non lo aveva abbandonato neanche per un istante, fu colta da una disperazione insostenibile. Colta da un lucido delirio, si gettò di lì a poco dal balcone, trascinando nella morte anche il figlio che portava in grembo.
Una foto del 1898 immortala la giovane come una moderna Ofelia, con una corona di fiori a ornarne i lunghissimi capelli. Ma il suo sguardo non è quello di un corpo lasciato in balìa della corrente: due occhi intensi bucano l’obiettivo, sensuali e incuranti degli ostacoli che incontrerà sul suo cammino. Quegli occhi sono i soli che Modigliani riuscì a ritrarre, non riempiendoli di vuoto, bensì catturando la loro intensità, espressione, vita. Modigliani aveva conosciuto l’anima di Jeanne e l’aveva resa, tramite le sue opere, eterna per sempre.
Quegli occhi cerulei, ciechi e vuoti che si ripetono in tutti i suoi ritratti, rappresentavano un mistero insondabile per lo stesso artista, quello dell’anima altrui che non si può conoscere... Edited by Milea - 1/8/2022, 12:05
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