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Joan Mirò Blu II 1961 Olio su tela 270 x 355 cm. Centre Georges Pompidou, Parigi
“Il quadro deve essere fecondo, deve far nascere un mondo. Deve essere come delle scintille, deve sfavillare come quelle pietre che i pastori dei Pirenei usano per accendere la pipa”.
La frase di Mirò chiarisce il carattere della sua adesione al Surrealismo, di cui ha offerto un’interpretazione assai personale. La componente visionaria e onirica, l’appello all’inconscio e alla creazione di un’altra realtà prendono la forma di un astrattismo lirico, che si popola di segni elementari. La sua pittura, ma anche le parallele attività di scultore e ceramista, resta nel tempo fedele a se stessa, anche se il suo linguaggio evolve verso una progressiva decantazione. Il vitalismo delle tele, affollate di organismi biomorfi e colori vivaci tende, nella produzione degli anni Sessanta, a stemperarsi in visioni poeticamente semplificate, che si caricano in tal modo di un forte potenziale evocativo. Nascono visioni dall’atmosfera sospesa e incantata, come nel quadro del Centre Pompidou, parte di un trittico che impegnò lungamente Joan Miró, oramai quasi settantenne, che le dipinse in un solo giorno, il 4 marzo, chiamandole semplicemente Blu, e numerandole.
La sua semplicità è infatti frutto di uno strenuo lavoro di concentrazione di significato e riduzione all’essenziale, con un processo pressoché ascetico. Lo sfondo blu, il colore del sogno e della spiritualità, al quale Mirò attribuisce grande importanza, invita alla meditazione e funziona quale cassa di risonanza per i pochi elementi che paiono galleggiarvi. L’essenzialità dell’accordo cromatico, attentamente calibrato, e la semplificazione delle forme, sprigionano una cifra fantastica, amplificata dallo sconfinato vuoto blu.... emerge così una corrente cosmica, e il quadro acquista una dimensione metafisica: l’universo lieve di Mirò, sono sue parole: ... coglie il movimento dell’immobilità... l’infinito nel finito.
La massima intensità viene raggiunta con mezzi essenziali, e l’osservazione prolungata sprigiona un succedersi di emozioni... l’opera chiede così l’attivazione della fantasia dello spettatore e ricorda come sia questa la prima radice dell’arte... ( Mar L8v )
Edited by Milea - 21/1/2023, 21:44
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