Slavko Stolnik

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    Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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    Slavko Stolnik (1929 - 1991)

    "Le mucche al ritorno" - 1957

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    Stolnik Slavko nasce l’ 11 giugno 1929 a Donja Voća, vicino a Varazdin, da una famiglia contadina; avrebbe voluto studiare, ma i suoi genitori non avevano le risorse materiali, e diventa prima minatore, poi vigile e ufficiale di polizia, nella Milizia popolare a Zagabria.


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    Nel 1953 incontra Krsto Hegedušić il quale si accorge del suo eccezionale talento per la pittura, soprattutto per il colore, e lo indirizza alla tecnica della pittura su vetro. La sua prima mostra personale è a Zagabria nel 1955.



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    Il massimo splendore nelle sue opere lo raggiunge tra gli anni cinquanta e settanta del secolo scorso. Pittore e scultore, esperto di medicina popolare, verso la fine degli anni '80, visita le persone della zona.


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    Dopo il grande successo, tra il 1959 e il 1963, Slavko Stolnik si reca prima a Zurigo e poi a Parigi per conquistare il mondo. Qui soggiorna per diversi anni; molte decine di dipinti di questo periodo sono purtroppo andati perduti. Non abituato alla crudeltà della città e manifestandosi la fase iniziale della schizofrenia, completamente perso, termina il suo soggiorno nella capitale francese come “clochard” sotto i ponti della Senna.


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    Ritornato a Donja Voća e al lavoro dei campi, non cessa la sua attività di pittore, anzi ha inizio la sua maturità artistica, ispirata sempre ai motivi locali dalla vita quotidiana. Espone in numerose personali e collettive in patria e all'estero: Zagabria, Rijeka, Dubrovnik, Belgrado, Losanna, Parigi, Zlatar, Varazdin, Francoforte, Milano, Duisburg, Torino, Asti, Eisenstadt.


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    Inizia quindi la terza fase, la più fertile della sua pittura: tra i 1970 e il 1976, produce le opere più importanti, dotate di una straordinaria bellezza. Il suo punto di arrivo si colloca intorno al 1970: lo si considera al di fuori del contesto della scuola hlebinese, come un fenomeno di riflesso, che si sviluppa in modo autonomo pur essendo concomitante ad altri fenomeni.

    “Cavalli al pascolo” – 1969

    olio su vetro – 34 x 43
    Collezione Sonja D.Barbieri, Roma


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    E’ considerato il fondatore della "Scuola Voćanske": i suoi dipinti su vetro sono dotati di un colorismo ricco, profondo e suscitano nell’osservatore un’ ampia gamma di emozioni. La sgargiante cromaticità e la spiritosa improvvisazione sono presenti in un gran numero di dipinti, dei quali i “Cavalli al pascolo” e il “Cavallo bianco” sono solo due esempi di quella sua maniera leggera e spiritosa, dalle linee duttili e dai sorprendenti rapporti di colore. L’incrociarsi del giallo, rosso e azzurro sulla terra cupa e gli episodi cromatici, che ci sorprendono nei diversi piani, sono momenti significativi del suo talento.


    “Cavallo bianco” – 1969

    olio su vetro – 80 x 45
    Collezione Sonja D.Barbieri, Roma


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    Nello stesso anno “La chiesa” ci illustra la possibilità di una maggiore varietà di colori nel rapporto cromatico, i cui effetti sono visibili (in una irregolarità voluta) su tutte e quattro le pareti. E in questa piccola composizione traspare ancora la vecchia scintillante ironia ( che ci è già nota dai periodi hlebinesi d’anteguerra), benché il momento narrativo sia assai contenuto.


    “La chiesa” – 1969

    olio su vetro – Galleria d’Arte Primitiva, Zagabria


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    Nel dipinto “La merenda” Slavko Stolnik riesce a trasformare un vecchio tema hlebinese ( la colazione nei campi) in una visione dello spazio tutt’altro che narrativa, con un secondo e terzo piano lontani e rischiarati.


    “Merenda” - 1970


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    Tale apertura coloristica dello spazio non è né hlebinese né “primitivistica”, ma è pur sempre naïve e in ciò sta l’importanza dell’”eresia” di questo artista. Essa allarga gli orizzonti dell’arte pittorica in questa enclave naïve: diremmo quasi che la fa uscire dal cerchio chiuso in cui la tesi primitivistica avrebbe voluto costringerla. Tra le prove concrete più evidenti e notevoli di tale concezione vi è “La pozzanghera”, che raccoglie in sè una gamma ancora maggiore di sensazioni e problemi figurativi.


    “La pozzanghera”- 1970

    Olio su vetro – 39 x 49,5
    G. Gamulin, Zagabria


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    Si tratta di un espressionismo naïf di indirizzo coloristico in un’edizione purissima, con particolari che non eludono il contesto, bensì ne prendono parte proprio con le loro notazioni che suscitano un' ineffabile sensazione di spettralità, come quel cespuglio di corallo rosso-giallo in primo piano, oppure l’albero solitario in secondo piano, mentre i colori azzurrini del ruscello e quelli ancor più tenui dello sfondo rendono delicata e leggera la densità di questa cromatica visione incantata.


    “La sommossa contadina” – 1970

    Olio su vetro – 49 x 42,5 - Proprietà dell’autore


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    Egli raggiunge l’armonia perfino nelle complicate scene di massa, come ne “La sommossa contadina” una vasta visione del “Bauernkrieg” (guerra contadina) croato del XVI secolo. Un’ infinità di piccole figure, che sembrano altrettante macchie colorate, si muovono e combattono in un vasto spazio e anche il” plein air” è colorato e denso; certo, questa maniera di condurre la scena è artificiale, ma in compenso pittoricamente nuova e autentica. A questo dipinto fa da riscontro il “Giuramento dinanzi a Gubec” (il capo della rivolta contadina del 1573), un’opera più nuova e fresca, benché ancor più artificiosa. A partire dal primo piano velato, che raffigura la scena del giuramento dinanzi al capo dei contadini, si apre una zona chiara, profonda, in cui solo due colonne di fumo ricordano gli episodi della guerra contadina. Ma il dramma è suggerito dall’ atmosfera generale e dai contrasti di luce nel cupo fuoco del cielo.


    “Il giuramento dinanzi a Gubec” - 1970

    Olio su vetro – 49 x 49 - Proprietà dell’autore


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    Il momento della sua differenziazione (con un’ implicita polemica nei riguardi della maniera tradizionale della narrazione podravina) fu considerato come qualcosa di negativo e anche le vicende personali del pittore hanno contribuito a interrompere la continuità della sua presenza nella vita artistica e nella coscienza culturale del proprio ambiente.
    Dopo di allora, rassegnato, e spezzato dalla malattia, smette di dipingere e inizia a raccogliere piante medicinali per il proprio ambito - come studioso.
    Termina tragicamente la sua vita: torturato e assassinato la notte tra il 16 e 17 nella sua modesta casa, nel villaggio natale, ucciso per avidità. (M.@rt)


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    Edited by Milea - 24/7/2014, 22:04
     
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