"Il fregio della vita"

L'impeto visionario di Edvard Munch

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    L'impeto visionario nel ''Fregio della vita'':


    Edvard Munch era ossessionato dagli aspetti oscuri del suo passato. C'era un "cote noir" nella sua vita costellata da tragedie familiari e il grande innovatore della pittura norvegese con la sua arte, più che riproporre gli avvenimenti che ne avevano duramente segnato l'infanzia e la gioventù, intendeva ricercare le forze nascoste dell'esistenza, per tirarle fuori, riorganizzarle, intensificarle allo scopo di dimostrare il più chiaramente possibile gli effetti di queste forze sul meccanismo che è chiamato vita umana, e nei suoi conflitti con altre vite umane.

    Per anni si era aggrappato disperatamente al proprio vissuto, alla terribile sequela di lutti che lo avevano privato prematuramente della madre, uccisa nel 1868, a soli trent'anni dalla tubercolosi, e poco dopo della sorella prediletta Sophie, colpita dalla stessa malattia e poi ancora del padre, morto improvvisamente nel 1889, e dell'unico fratello Andreas.

    Alcuni dipinti come "La morte nella stanza della malata" del 1893 e lo sconvolgente affettuoso e crudele ritratto della "Bambina malata" anch'esso dedicato alla lunga agonia della sorella Sophie, rivelano in modo esplicito la loro origine autobiografica, il tentativo o meglio il bisogno di Munch di esorcizzare la morte attraverso la rappresentazione.
    Altre opere, per contro, sono impregnate di memoria, di un passato impossibile da dimenticare:

    ''Io vivo coi morti,
    mia mamma, mia sorella,
    mio nonno, mio padre,
    soprattutto con lui.
    Tutti i ricordi,
    le più piccole cose
    tornano nella mia mente''



    Questa capacità di guardare dentro se stesso, questa volontà di approdo a una visione interiore, una sorta di autoanalisi ante litteram, rappresenta probabilmente l'elemento di maggior interesse e novità nella ricerca pittorica di Munch ma anche soprattutto il fondamentale passaggio da un naturalismo di stampo impressionistico a una pittura nuova e audece che contribuirà in misura determinante a sconvolgere l'arte del XX secolo. ( Mar L8v )


    Edited by Lottovolante - 20/10/2010, 17:33
     
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    Importante in quest'ottica appare ovviamente il retaggio della cultura nordica, animata da miti e leggende, con la sua componente visionaria che rimanda inevitabilmente a una dimensione interiore, come pure giocano un ruolo importante il sentimento della potenza della natura, con le sue manifestazioni estreme, e la realtà di un territorio in cui gli uomini separati da lunghe distanze hanno imparato a convivere con i fantasmi della solitudine, mentre quelli trasferitisi nelle città dalle campagne mostrano la loro incapacità d' integrarsi, il loro profondo isolamento: tutti questi elementi per ragioni e misure diverse sono presenti in Munch.
    Ma, soli, non riescono a dar conto del carattere eccezionale e della straordinaria forza di una pittura in grado di dividere e disorientare la critica di fine Ottocento. Certo gli esponenti più avveduti e illuminati riconoscevano il carattere innovativo dei dipinti di Munch, il suo inedito approccio alla realtà che, al di là di un'impostazione stilistica ancora in divenire, subordinata all'adesione e all'intensità emotiva dell'artista di fronte al soggetto, esprimeva appieno quel nascente, diffuso senso di malessere e insoddisfazione, caratteristico dell'uomo moderno.
    Ma contemporaneamente, altri critici legati a espressioni artistiche tradizionali ma non per questo meno autorevoli e importanti, mostravano ostilità nei confronti delle sue opere soprattutto sui temi affrontati, per la loro ambigua vitalità, per quel loro carattere sinistro e morboso, per quell'insistenza eccessiva sulla malattia e sulla morte.

    Non a caso gli articoli più sfavorevoli a Munch si sono spesso limitati a evocare il disappunto nei confronti delle sue tele maggiormente provocatorie, dimenticando di soffermarsi sui ritratti, spesso presenti in buon numero alle sue esposizioni, e soprattutto guardandosi bene dal tentare di spiegare come la forte emozione che da esse emanava fosse indissolubilmente legata a un linguaggio che, pur non estraneo agli sviluppi più recenti della pittura moderna, risultava di un'estrema originalità.

    Pochi erano in grado di giustificare un'esecuzione all'apparenza frettolosa e per certi versi approssimativa se raffrontata ai canoni tradizionali, sottol la spinta di un forte intento simbolico e di un'urgenza espressiva assolutamente inediti.

    Tra i detrattori di Munch, Camille Mauclair nel 1896 definisce i suoi quadri "senza disegno e di un colore barbaro, di una materia ributtante per impaccio e pesantezza".
    William Ritter lo accusa di "trasformare troppo semplicisticamente oggetti e persone in una bruttezza indecente, con una esecuzione troppo naive, a scalpito di una forte educazione artistica" e l'anonimo direttore della MAGDEBURGISCHE ZEITUNG, disilluso, non constata nessun miglioramento: "Dipinge come in passato; gli stessi quadri non finiti, appena abbozzati".

    Nemmeno a Oslo il giudizio è diverso: l'influente giornale AFTENPOSTEN, individua in Munch "un artista allucinato e allo stesso tempo uno spirito cattivo che si prende gioco del pubblico e si burla della pittura e della vita umana".

    Ma anche chi, come Yvanhoe Rambosson comprende che "il suo pensiero, complesso e ossessionato, si traduce spesso in un'espressione speciale e impressionante" finisce con l'ammettere che "il solo rimprovero che si può muovere a Munch è che egli ottiene gli effetti desiderati attraverso un modo di procedere troppo diretto. Giunge a trasmettere un senso di terrore attraverso un colore o una combinazione di segni che, pur giustificati esteticamente, risultano sgradevoli". ( Mar L8v )
     
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    Queste difficoltà interpretative della critica di fine Ottocento di fronte alla pittura di Munch, in particolare quella di percepire le innovazioni contenute nei suoi dipinti in rapporto alle espressioni artistiche precedenti e di conseguanza di coglierne il vero significato, testimoniano l'effettiva forza di rottura della sua opera nel panorama artistico europeo di inizio secolo.

    Questo grande norvegese attratto dai temi dell'angoscia e della morte, della sofferenza e della solitudine, primitivo e a un tempo sraffinato, selvaggio e infantile; questo artista sensibile al linguaggio naturalista di Oslo e all'Impressionismo, vicino alla poetica simbolista, ai nabis come ai fauves ma soltanto in funzione della liberazione e del rinnovamento del proprio linguaggio espressivo rispetto alla tradizione, questo pittore dalla scrittura approssimativa e disinvolta, dagli accostamenti cromatici più inattesi e stridenti, dai procedimenti tecnici quanto meno insoliti, ha saputo conferire alla sua opera una forza evocatrice tale da superare le convenzioni e i condizionamenti dell'epoca, proiettandola nella modernità.

    La pittura di Munch nasce come necessità di approfondimento e chiarimento della propria vita, fonte principale della sue esperienza immaginativa.
    Dipingere significa per lui sondare gli aspetti segreti dell'animo umano:

    ''In generale l'arte nasce dal desiderio
    dell'individuo di rivelarsi all'altro.
    Io non credo in un'arte che non nasce da una forza,
    spinta dal desiderio di un essere di aprire il suo cuore.
    Ogni forma d'arte, di letteratura, di musica
    deve nascere nel sangue del nostro cuore.
    L'arte è il sangue del nostro cuore''



    Queste concezioni presenti fin dall'inizio in Munch vengono ulteriormente rafforzate dall'incontro con Strindberg e con la sua idea dell'emozione come mantice dell'arte ma anche dal suo concetto di "un opera complessiva intesa a rappresentare il destino dell'uomo, a sublimare l'esistenza individuale in un ampio disegno".

    Entrambi inoltre si trovano d'accordo nel rispettare, nel procedimento creativo dell'opera, l'espressione spontanea, con i suoi elementi fortuiti, che avrebbe potuto rivelare fattori più importanti rispetto ai risultati di una ricerca consapevole.

    Dipingere equivale dunque a un'operazione introspettiva, a un lavoro di ricerca dentro il proprio animo, al recupero di umri, di risentimenti, di ansie, di un vissuto tormentato mai sopito. Ma questi ricordi, queste immagini soggettive, potranno avere un valore e un significato soltanto de rese "oggettive", ovvero in grado di essere condivise da altri.
    Egli è interamente consapevole del fatto che la sua pittura "è in realtà un esame di coscienza e un tentativo per comprendere il mio rapporto con l'esistenza. Essa è dunque per certi aspetti, una forma di egoismo, ma spero sempre di riuscire per il suo tramite ad aiutare gli altri a vederci più chiaro".



    danza-della-vita





    I suoi dipinti assumono dunque un valore oltre l'apparenza, che esalta il valore esibitivo dell'immagine trasponendola in una dimensione universale. Emblematica in quest'ottica "La danza della vita", realizzata proprio a cavallo del secolo, uno dei capolavori assoluti dell'artista e certamente la sua più celebre variazione sul tema delle età dell'uomo.
    Lo spunto per il dipinto gli è dato da un ballo di primavera all'aperto da Asgardstrand, in riva al mare, sotto un cielo dominato dalla luna.
    Ma il motivo profano viene subito trasposto in un simbolo trascendente. Munch esprime la sua coscienza del cielo biologico dell'uomo innanzitutto immergendo i personaggi nel paesaggio come se il loro destino fosse inscindibilmente legato al ritmo superiore della natura.
    La sua concezione del destino umano si rivela in primo luogo nelle tre età della donna che passa da uno studio di purezza virginale ( abito bianco ), a quello della maturità sessuale ( abito rosso ) e infine, compiuto il suo ruolo biologico, alla condizione di anziana ( abito nero ).
    E i volti della coppia centrale, avvinghiati nell'estasi della danza, appaiono con gli occhi chiusi, assorbiti da chissà quali pensieri, contribuendo a trasferire ulteriormente l'intera scena in una dimensione più ampia, nuova e misteriosa.

    Anche in dipinti precedenti come "Malinconia" del 1891, "Chiaro di luna" del 1895, Munch aveva fatto ricorso a una simile impostazione con l'obiettivo di coinvolgere totalmente l'osservatore.
    La sua principale qualità consiste nell'aver saputo coniugare il proprio immaginario con la psicologiadel pubblico.

    Come ha giustamente annotato Jean Louis Andral, Munch si affida a delle "immagini mentali"; le sue opere non derivano direttamente dalla realtà che le ha generate, ma esse sono state concepite in modo che noi possiamo assimilare la loro "apparenza" a ciò che per noi è "verosimile".
    Di conseguenza il suo linguaggio assume una connotazione universale, le sue rappresentazioni raggiungono un'intensità unica, oltre i limiti del Simbolismo e della pittura europea di quegli anni. ( Mar L8v )


    Edited by Milea - 13/6/2014, 21:58
     
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    Nella sua stagione più alta, sullo scorcio del secolo scorso, Munch realizza alcuni tra i suoi capolavori, entrati di diritto a far parte della storia dell'arte moderna, legati a poche tematiche di fondo inerenti ai temi della vita, dell'amore, delle passioni, della morte; destinati ad assurgere a emblemi del suo immaginario e per questo da lui stesso riuniti nel cosiddetto FREGIO DELLA VITA.

    Già nei primi anni Novanta avverte infatti la necessità di raggruppare alcuni tra i suoi più importanti dipinti per evidenziarne l'intraprendenza, per mostrare, secondo le sue convinzioni, la profonda coesione tra l'uomo, la natura e le forze cosmiche, la sintonia tra tutti gli elementi del creato e un ordine superiore:

    ''Riunii i quadri e potei così scoprire
    come parecchi di loro fossero apparentati
    per il loro contenuto...
    Una volta appesi assieme, mi sembrò
    che improvvisamente una stessa nota musicale li unisse.
    Non avevano più nulla a che vedere
    con quello che erano stati finora.
    Ne risultava una vera sinfonia.''



    Questa nuova sensazione che trasforma le esperienze e le situazioni individuali in una nuova realtà vitalistica, lo induce a spingere più avanti la propia ricerca, a realizzare opere di ancor maggiore intensità e tensione emotiva, a inseguirne esiti formali ancor più radicali:

    ''Che saranno veramente capiti soltanto quando
    [ i dipinti ] saranno riuniti:
    si tratterà della vita e della morte''



    Nel 1902, in occasione della quinta edizione della BERLINER SECESSION, il "Fregio della vita" viene esposto per la prima volta nella sua intierezza secondo le precise indicazioni fornite dall'artista che lo suddivide in quattro sezioni:

    - Nascita dell'amore
    - Sviluppo e dissoluzione dell'amore
    - Angoscia di vivere
    - Morte



    In "Rosso e bianco" del 1894, Munch sviluppa il suo processo di sintesi con grande lucidità mentale: in un paesaggio misterioso e allusivo spicca il contrasto sessuale tra le due donne.



    munch-rosso-e-bianco-1894-olio-su-tela-93x125cm-oslo-munch-museet1





    Nell'opera conservata al Munch museet la ragazza in primo piano sembra subire lo strano magnetismo esercitato dagli alberi, dall'acqua e dall'astro celeste che proietta la sua inquietante luce al centro della tela; ma il carattere erotico che traspare da questo quadro risulta ancor più evidente in quello della Nasjonalgalleriet di Oslo nel quale la colonna luminosa verticale provocata dal riflesso della luna sul mare assurge a motivo principale dell'opera.
    E questa "colonna" contrapposta alla linea orizzontale morbida sinuosa della riva del fiume assume un evidente significato sessuale.

    Accanto a "Rosso e bianco" nella parte dedicata alla "Nascita dell'amore" figurano oltre a "Occhi negli occhi" del 1894 anche "Il bacio" del 1897 in cui il carattere autobiografico della scena viene neutralizzato cancellando i volti dei due personaggi per farne il simbolo universale degli amanti "nell'istante in cui si perdono nell'abbraccio" rivelando tutta la passione di quel baci, la forza insopprimibile della sessualità; e "Madonna" realizzato quattro anni prima.



    thekissm





    Quest'ultima è certo fra le opere più famose di Munch.
    Ad affascinare è la sua innegabile e prorompente fisicità, accentuata dalla posizone delle braccia dietro la schiena che ne esaltano il busto e il ventre. Essa è dipinta:

    ''Nell'istante che precede l'estasi dell'amore...il concepimento ;
    quando la donna raggiunge una bellelzza sovrannaturale, effimera,
    cosicchè scoprendola, l'uomo si immagina di trovarsi di fronte una madonna''



    Inoltre la posizione frontale della donna, costringe l'osservatore a una compartecipazione sentimentale cui non può sottrarsi. ( Mar L8v )


    Edited by Milea - 16/6/2014, 23:38
     
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    Il tema legato allo "Sviluppo e dissoluzione dell'amore" comprende tra gli altri "Vampiro"...in cui si fa più esplicito il concetto di sofferenza legato al rapporto col prossimo.
    Anche in questo caso come nel "Bacio" l'elemento personale, ovvero l'incontro di Munch con una prostituta berlinese, perde la sua tensione originaria per lasciare spazio all'immagine di un uomo che, dominato completamente dalla donna, incatenato a lei dai suoi capelli, rossi come i tentacoli di una medusa, cerca rifugio nel petto della compagna sperando di trovarvi consolazione.
    Una consolazione, o meglio un rifugio che Munch, rifacendosi alla tradizione nordica, cerca anche nella natura come rivela "Malinconia" realizzato nei primi anni Novanta - in cui il personaggio ritratto è circondato da un paesaggio dal quale emana un sentimento di vuoto e desolazione, in sintonia con il suo stato d'animo, in grado di influenzare la realtà fisica circostante in nome di un'arte simbolicamente soggettiva.



    womanm





    Rientrano in questa sezione anche "La donna in tre fasi" del 1894 e "La danza della vita", opere paradigmiche del corpus munchiano.
    Il dipinto, conservato alla ramus Meyers Samlinger di Bergen, rappresenta la visualizzazione della concezione dell'uomo in merito ai differenti ruoli della donna in società: la prima vestita di bianco è la figura virginiale della donna che privilegia il rapporto con la natura, immersa nelle innocenti fantasticherie adolescenziali; al centro dello schema domina una donna nuda, dal fascino ammaliante, nel pieno della maturità fisica, con le gambe divaricate, che sorride allo spettatore in un atteggiamento a un tempo di seduzione e sfida, con quel magnetismo irresistibile che assicura la perpetuazione della specie; e infine, pittoricamente appena accennata, immobile, col volto scavato e cinereo, la donna in nero, che sa di morte.
    Una sorta di parabola dell'esistenza umana, del destino che governa la nostra avventura in questo mondo connaturato alla visione poetica di Munch il quale, come visto, ritornerà esplicitamente su questo tema proprio al sorgere del nuovo secolo con "La danza della vita".

    Un destino ineluttabile che grava costantemente sull'uomo divenendo il tema centrale di "Angoscia di vivere" sezione che comprende "Il grido" dipinto nel 1893, l'opera in assoluto più famosa di Munch, divenuto l'emblema dell'uomo moderno, della sua alienazione, del suo tormeno esistenziale.
    L'artista stesso indica l'origine del dipinto:



    urlo-di-munch-van-gogh





    ''Camminavo lungo la strada con due amici,
    quando il sole tramontò.
    I cieli diventarono improvvisamente rosso sangue
    e percepii un brivido di tristezza.
    Un dolore lancinante al petto.
    Mi fermai, mi appoggiai al parapetto,
    in preda a una stanchezza mortale.
    Lingue di fiamma come sangue
    coprivano il fiordo neroblu e la città.
    I miei amici continuarono a camminare,
    e io fui lasciato tremante di paura.

    E sentii un immenso urlo infinito attraversare la natura...''



    Un grido sovrannaturale di paura e disperazione, che sembra materializzarsi e deformare ogni cosa, che tormenta l'uomo sempre più solo in un mondo ormai estraneo a lui ostile.

    Munch riprende questo tema in altri dipinti, in particolare in "Angoscia" del 1894, strettamente legato a "Sera sul viale Karl Johan", nel quale regna un'atmosfera allucinante.
    Il protagonista del grido lascia il posto a una folla di esponenti della borghesia; ma nemmeno loro, fantasmi dagli occhi sbarrati nei loro abiti eleganti, riescono a sfuggire alla condizione di estraniazione e alienazione.

    L'artista vive intensamente questa condizione di disagio e, in una lettera ainviata nei primissimi anni del secolo alla compagna Tulla Larsen, si lascia andare a un amaro sfogo:

    ''Mi è stato attribuito un ruolo unico
    da interpretare su questa terra:
    un ruolo caratterizzato da una vita
    piena di malattie e di avvenimenti dolorosi
    così come la mia professione d'artista.
    Un'esistenza nella quale non esiste
    una sola cosa che assomigli alla felicità,
    e che addirittura non osa aspirare alla felicità.''




    golgota





    Uno stao d'animo che trasferisce anche in altri dipinti di questa serie - "Vite vergine rossa" iniziata nel 1898, "Malinconia (Laura) eseguita l'anno successivo, un commovente ritratto della sorella Lucia da poco internata in una clinica psichiatrica - e soprattutto "Golgota" in cui Munch riserva a se stesso il ruolo di Cristo in Croce per ribadire, in una sorta di testamentospirituale, non solo la sua vita di sofferenze ma, in senso più ampio, anceh il difficile ruolo dell'artista moderno, inascoltato profeta. ( Mar L8v )


    Edited by Milea - 16/6/2014, 23:42
     
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    L'ultima sezione del FREGIO DELLA VITA comprende essenzialmente le opere ispirate al tema della morte, tragicamente ricorrente nella famiglia Munch.

    In "Morte nella stanza della malata" del 1893, come nella "Madre morta e la bambina..." la morte è vista come un'assenza, una privazione che accentua ancor di più l'incomunicabilità tra chi resta.
    L'esposizione del FREGIO DELLA VITA alla BERLINER SECESSION rappresenta per Munch, se non la conquista del successo, per lo meno il raggiungimento di un'ampia considerazione internazionale cui da tempo ambiva e che proprio la città tedesca gli aveva negato dieci anni prima decidendo di chiudere, a una sola settimana dall'apertura, la sua mostra presso il VEREIN BERLINER KUNSTLER.

    Critici come Karl Scheffler, nel recensire l'esposizione, non possono infatti sottacere la forza espressiva che emana dalle sue opere e la sua caparbia ricerca di un nuovo linguaggio per tradurre in modo adeguato questa intensità spirituale; altri come Hans Rosenhagen, parlano di autentica rivelazione e di una pittura assolutamente nuova.

    E come tale viene recepita da un gruppo di giovani artisti, Erich Heckel, Ernst Ludwig Kirchner e soprattutto Karl Schmidt-Rottluff, che alcuni anni più tardi formeranno il gruppo DIE BRUCKE, invitandolo più volte a esporre con loro, riconoscendogli esplicitamente il ruolo di precursore della sensibilità espressionista, per il suo impeto visionario, per il suo segno tormentato, per la sua concezione dell'arte come rischio e missione, come scoperta di altre forme di vita.

    Arthur van der Bruck si fa interprete dell'ormai diffuso sentimento nei confronti della pittura di Munch, il quale "In tutta la sua opera ha ricercato le verità essenziali della vita, accettandole in tutta la loro semplicità ma anche nella loro forza intrinseca...Ne ha riesumato il loro significato oroginario, che ha riproposto in una sua mitologia della vita, di una forza straordinaria".

    Proprio questa ricerca di fonti di ispirazione non conformiste, quest'ansia di assoluto, costituiscono infatti la via indicata da Harry Kessler, uno tra i maggiori artefici della diffusione dell'arte moderna in Germania, ai giovani intellettuali tedeschi per uscire dalla crisi di vaori e dal decadimento morale dell'epoca. "Lo sforzo che l'uomo dovrà fornire per ritrovare l'equilibrio perduto dovrà fondarsi interamente si di sè, sulla sua intima natura, per trovare quegli elementi in grado di fornirgli un'armatura capace di resistere all'assalto di un mondo che, di tutti quelli passati, si annuncia il più libero dagli antichi condizionamenti ma anche il più minacciato da un tragico domani".

    In quest'ottica, il valore della ricerca di Munch, di per sè straordinaria per originalità e intensità poetica, risulta ulteriormente accresciuto per il suo determinante contributo al definitivo sbocciare di quella diffusa sensibilità espressionista, profondamente connaturata all'animo umano, che rappresenta il filone più autentico e importante dell'arte europea del XX secolo. ( Mar L8v )


    Edited by Lottovolante - 20/10/2010, 16:13
     
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