Turandot - Giacomo Puccini

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    Turandot è un'opera in 3 atti e 5 quadri, su libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni. Il libretto dell'opera di Puccini si basa sulla traduzione di Andrea Maffei dell'adattamento tedesco di Friedrich Schiller da una commedia di Carlo Gozzi.
    La partitura pucciniana è rimasta incompiuta per la prematura scomparsa dell'autore, stroncato nel novembre del 1924 da un tumore maligno alla gola.
    Del finale scritto da Puccini restano solo alcuni abbozzi, sparsi su 23 fogli.
    La prima rappresentazione di Turandot ebbe luogo al Teatro alla Scala di Milano, il 25 aprile 1926, sotto la direzione di Arturo Toscanini, il quale, profondamente commosso, arrestò la rappresentazione a metà del terzo atto, due battute dopo il verso "Liù, poesia!", sussurrando al pubblico le parole: "Qui termina la rappresentazione perché a questo punto il Maestro è morto".

    L'idea per l'opera venne al compositore in seguito a un incontro con i librettisti Giuseppe Adami e Renato Simoni, avvenuto a Milano nel marzo 1920. Nell'agosto dello stesso anno il compositore poté ascoltare, grazie al suo amico barone Fassini, un carillon con temi musicali proveniente dalla Cina. Alcuni di essi sono presenti nella stesura definitiva della partitura.

    Alla fine della sua vita creativa, Puccini si cimenta con un soggetto fiabesco, come gli era già accaduto musicando la scena finale della sua prima opera, "Le Villi".
    Il finale dell'opera costituì, per i musicofili, un grosso problema: il punto più controverso del materiale lasciato da Puccini, è costituito dall'episodio del bacio che è il momento clou dell'intera opera: la trasformazione di Turandot da principessa di gelo a donna innamorata.
    Puccini non arrivò a scrivere questa scena, lasciando il sospetto che il finale dell'opera potesse essere un altro. In un primo momento il finale della Turandot venne affidato al compositore napoletano Franco Alfano e riscritto, in seguito, dal maestro Luciano Berio nel 2001.



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    Edited by Milea - 29/5/2014, 21:36
     
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    Quadro primo - Una piazza a Pechino, «al tempo delle favole».






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    Un Mandarino annuncia alla folla che il principe di Persia, non avendo risolto i tre enigmi proposti da Turandot, sarà decapitato pubblicamente.

    Tra la folla, ci sono un vecchio ammalato e una donna, che chiede aiuto.
    Accorre un giovane, che riconosce nel vecchio Timur, suo padre, un re tartaro spodestato dai cinesi.
    Ai primi chiarori lunari, entra il corteo che accompagna il condannato ed alla sua vista la folla, prima eccitata, si commuove e invoca la grazia per il condannato.
    Turandot allora entra , glaciale, ordina il silenzio alla folla e, con un gesto, dà l'ordine al boia di giustiziare l'uomo.

    Calaf, impressionato dalla regale bellezza di Turandot, decide di tentare di risolvere i tre enigmi per conquistare la mano della principessa.
    Timur e Liù tentano di fermarlo, ma lui si lancia verso il gong dell'atrio del palazzo imperiale, dove anche i tre ministri del regno, Ping, Pong e Pang, tentano di fargli cambiare idea sottolineando l'insensatezza dell'azione che sta per compiere. Ma Calaf, quasi in una sorta di delirio, si libera di loro e suona tre volte il gong, invocando il nome di Turandot.








     
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    Quadro secondo

    Notte in un padiglione vicino alla reggia



    È notte.: i tre ministri si lamentano di come, in qualità di sudditi, siano costretti ad assistere alle esecuzioni delle troppe sfortunate vittime di Turandot, mentre preferirebbero vivere tranquillamente nei loro possedimenti in campagna.

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    Quadro terzo

    Vasto cortile del palazzo dominato da una scalea di marmo



    Sul piazzale della reggia, tutto è pronto per l'infernale prova dei tre enigmi.
    L'imperatore Altoum invita il principe ignoto, Calaf, a desistere, ma quest'ultimo insiste.
    Il mandarino fa dunque iniziare la prova mentre entra Turandot.
    La bella principessa spiega il motivo del suo comportamento: molti anni prima il suo regno era caduto nelle mani dei tartari, in seguito a ciò, una sua antenata era finita nelle mani di uno straniero che l'aveva violata ed uccisa.
    In ricordo della sua morte, Turandot aveva giurato che non si sarebbe mai lasciata possedere da un uomo: per questo, aveva inventato il rito degli enigmi, convinta che nessuno li avrebbe mai risolti.





    Turandot
    In questa reggia, or son mill'anni e mille,
    un grido disperato risonò.
    E quel grido, traverso stirpe e stirpe
    qui nell'anima mia si rifugiò!
    Principessa Lou-Ling, ava dolce e serena
    che regnavi nel tuo cupo silenzio
    in gioia pura, e sfidasti inflessibile e sicura
    l'aspro dominio, oggi rivivi in me!

    La folla : Fu quando il Re dei Tartari le sette sue bandiere dispiegò.

    Turandot
    Pure nel tempo che ciascun ricorda,
    fu sgomento e terrore e rombo d'armi.
    Il regno vinto! E Lou-Ling,
    la mia ava, trascinata da un uomo come te,
    come te straniero, là nella notte atroce
    dove si spense la sua fresca voce!

    La folla : Da secoli ella dorme nella sua tomba enorme.

    Turandot
    O Principi, che a lunghe carovane
    d'ogni parte del mondo qui venite
    a gettar la vostra sorte,
    io vendico su voi, su voi quella purezza,
    quel grido e quella morte!
    Mai nessun m'avrà!
    L'orror di che l'uccise vivo nel cuor mi sta!
    No, no! Mai nessun m'avrà!
    Ah, rinasce in me l'orgoglio di tanta purità!
    Straniero! Non tentar la fortuna!
    Gli enigmi sono tre, la morte è una!

    Calaf
    No, no! Gli enigmi sono tre, una è la vita!

    La folla: Al Principe straniero offri la prova ardita,o Turandot! Turandot!

    Turandot
    Straniero, ascolta:

    "Nella cupa notte vola un fantasma iridescente.
    Sale e spiega l'ale sulla nera infinita umanità.
    Tutto il mondo l'invoca e tutto il mondo l'implora.
    Ma il fantasma sparisce coll'aurora
    per rinascere nel cuore.
    Ed ogni notte nasce
    ed ogni giorno muore!"

    Calaf
    Sì! Rinasce! Rinasce e in esultanza
    mi porta via con sé, Turandot: La Speranza!

    I Sapienti : La Speranza! La Speranza! La Speranza!

    Turandot
    Sì, la speranza che delude sempre!

    "Guizza al pari di fiamma, e non è fiamma.
    È talvolta delirio.
    È febbre d'impeto e ardore!
    L'inerzia lo tramuta in un languore.
    Se ti perdi o trapassi, si raffredda.
    Se sogni la conquista, avvampa, avvampa!
    Ha una voce che trepido tu ascolti,
    e del tramonto il vivido baglior!"

    L'Imperatore: Non perderti, straniero!

    La folla: È per la vita! Parla! Non perderti, straniero! Parla!

    Liù : È per l'amore!

    Calaf
    Sì, Principessa! Avvampa e insieme langue,
    se tu mi guardi, nelle vene: Il Sangue!

    I Sapienti:Il Sangue! Il Sangue! Il Sangue!

    La folla: Coraggio, scioglitore degli enigmi!

    Turandot
    Percuotete quei vili!

    "Gelo che ti dà foco e dal tuo foco più gelo prende!
    Candida ed oscura!
    Se libero ti vuol ti fa più servo.
    Se per servo t'accetta, ti fa Re!"
    Su, straniero, ti sbianca la paura!
    E ti senti perduto!
    Su, straniero, il gelo che dà foco,
    che cos'è?"

    Calaf
    La mia vittoria ormai t'ha data a me!
    Il mio fuoco ti sgela: Turandot!



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    Ma Calaf riesce a risolvere gli enigmi e la principessa, disperata, si getta ai piedi del padre, supplicandolo di non consegnarla allo straniero.
    Per l'imperatore la parola data è sacra, la figlia sposerà il giovane.
    Turandot si rivolge allora al Principe e lo ammonisce che, in questo modo, egli avrà solo una donna riluttante e piena d'odio.
    Calaf, che l'ama, la scioglie allora dal giuramento proponendole a sua volta una sfida: se la principessa prima dell'alba riuscirà ad indovinare il suo nome, egli si sottoporrà alla scure del boia.
    Il nuovo patto è accettato, mentre risuona un'ultima volta, solenne, l'inno imperiale.




    Calaf

    Tre enigmi m'hai proposto, e tre ne sciolsi.
    Uno soltanto a te ne proporrò:
    Il mio nome non sai. Dimmi il mio nome.
    Dimmi il mio nome prima dell'alba, e all'alba morirò…

    L'Imperatore:Il cielo voglia che col primo sole mio figliolo tu sia!

    La folla

    Ai tuoi piedi ci prostriam, Luce,
    Re di tutto il mondo!
    Per la tua saggezza,
    per la tua bontà ci doniamo a te, lieti in umiltà,
    a te salga il nostro amor!
    Diecimila anni al nostro Imperatore!
    A te, erede di Hien-Wang noi gridiam:
    Diecimila anni al nostro Imperatore!
    Alte, alte le bandiere! Gloria a te! Gloria a te!


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    Quadro quarto: É notte nel giardino della reggia



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    In lontananza si sentono gli araldi che portano l'ordine della principessa: quella notte nessuno deve dormire.

    Il nome del principe ignoto deve essere scoperto ad ogni costo prima dell'alba.

    Calaf intanto sogna ad occhi aperti le labbra di Turandot, finalmente libera dall'odio e dall'indifferenza
    (aria "Nessun Dorma").



    Gli araldi

    Così comanda Turandot: "Questa notte nessun dorma in Pekino!"

    La folla: Nessun dorma! Nessun dorma!

    Gli araldi

    "Pena la morte, il nome dell'ignoto sia rivelato prima del mattino!"


    La folla
    : Pena la morte! Pena la morte!


    Calaf

    Nessun dorma! Nessun dorma!
    Tu pure, o Principessa,
    nella tua fredda stanza guardi le stelle
    che tremano d'amore e di speranza...
    Ma il mio mistero è chiuso in me,
    il nome mio nessun saprà!
    No, no, sulla tua bocca lo dirò,
    quando la luce splenderà…
    Ed il mio bacio scioglierà
    il silenzio che ti fa mia.

    Le donne

    Il nome suo nessun saprà… E noi dovrem, ahimè, morir, morir!

    Calaf

    Dilegua, o notte! Tramontate, stelle! All'alba vincerò! Vincerò!





     
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    Giungono Ping, Pong e Pang, che offrono a Calaf qualsiasi cosa per il sapere il suo nome.

    Nel frattempo, Liù e Timur vengono portati davanti ai tre ministri. Appare anche Turandot, che ordina loro di parlare. Liù, per difendere Timur, afferma di essere la sola a conoscere il nome del principe ignoto, ma dice anche che non svelerà mai questo nome.

    Subisce delle torture, ma continua a tacere, riuscendo a stupire Turandot: le chiede cosa le dia tanta forza per sopportare le torture, e Liù risponde che è l'amore a darle questa forza.







    Turandot è turbata da questa dichiarazione, ma, tornata ad essere la solita gelida principessa, ordina ai tre ministri di scoprire ad ogni costo il nome del principe ignoto. Liù, capendo che non riuscirà a tenerlo nascosto ancora, riesce a prendere un pugnale e ad uccidersi, cadendo esanime ai piedi di Calaf.Il corpo senza vita di Liù viene portato via seguito dalla folla che prega.

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    Turandot e Calaf restano soli e lui la bacia. La principessa dapprima lo respinge, ma poi ammette di aver avuto paura di lui, la prima volta che l'aveva visto e pur essendo travolta dalla passione lo supplica di non volerla umiliare. Calaf le fa il dono della vita e le rivela il nome: Calaf, figlio di Timur.


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    Quadro quinto

    Cortile d'onore della reggia.Un ampio scalone del palazzo imperiale



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    Il giorno dopo, davanti al palazzo reale, davanti al trono imperiale è riunita una grande folla.

    Il cortile d'onore della reggia con l'immensa scala accoglie ancora l'assemblea di funzionari per la suprema prova davanti al sovrano.

    Squillano le trombe e Turandot afferma di conoscere finalmente il nome dello straniero, ma, quando tutti attendono che lo sveli per mandare l'audace alla morte, la principessa, fissando Calaf, esclama, ardendo della nuova fiamma: "il suo nome è ...Amore".

    Calaf ripete quanto appena udito e sale d'impeto la scalinata per raggiungere Turandot.Un abbraccio li unisce, mentre la folla acclama, e prorompe in un canto di gioia.Tra le grida di giubilo della folla, Turandot abbraccia Calaf abbandonandosi tra le sue braccia.




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