Giuditta I e II

Gustav Klimt, 1901 e 1909

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    Klimt_GiudittaI
    Gustav Klimt
    Giuditta I
    1901
    Olio su tela
    84X42cm
    Osterreichische Galerie Belvedere - Vienna






    ''Ci si immagina questa Giuditta
    vestita con un abito di paillettes''



    Così lo scrittore Felix Salten commentava nel 1903 il dipinto, presentato alla X mostra secessionista.

    Esso raffigura l'eroina biblica che sedusse il generale Oloferne per poi ucciderlo e incarna dunque la donna fatale e crudele, la "femminilità assassina", che fu protagonista di tanti dipinti e opere letterarie dell'epoca.

    E' sintomatico che il dipinto sia stato spesso erroneamente citato, già ai tempi di Klimt, come , Salomè, nonostante il titolo sbalzato sulla cornice non lasci adito a dubbi.

    La danzatrice che strappò a Erode il permesso di decapitare Giovanni Battista fu infatti celebrata dai quadri del simbolista francese Moreau, dal romanzo A REBOURS di Huysmans e dal dramma omonimo di Oscar Wilde, musicato da Richard Strauss, ma anche da pittori tedeschi, come Klinges e von Stuck.

    L'opera klimtiana dunque, sotto un travestimento antichizzante, rappresenta uno dei fantasmi di fine Ottocento, che l'artista aveva già evocato nella "Pallade Atena" del 1898.

    Se i due dipinti avevano molto in comune, a cominciare dalle citazioni arcaizzate dello sfondo, uno dei motivi decorativi della Giuditta riproduce un rilievo assiro, Klimt si spingeva con il nuovo quadro molto più in là, tanto che Hevesi osservava: "Lo si vede a primna vista, questo è altro rispetto all'altro, rispetto all'arcaico; qui è dipinto l'oggi, anzi il domani".

    Giuditta, provocatoriamente seminuda, indossa gioielli art nouveau ed è pettinata secondo la moda contemporanea.
    La pennellata con cui è realizzata la figura, analoga a quella della "Fattoria con betulle", contrasta volutamente con lo sfondo, sia per il massiccio ricorso all'oro, sia per la sua rigorosa bidimensionalità.

    Anche la cornice, disegnata da Klimt e realizzata in metallo dal fratello Georg, entrava a far parte di quella che Hevesi chiamava perversione ornamentale e che avrebbe assunto un ruolo sempre più preponderante all'interno della produzione del pittore. ( Mar L8v )


    Edited by Milea - 21/6/2014, 17:57
     
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    Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

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    Edited by Milea - 21/6/2014, 17:55
     
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    giuditta
    Gustav Klimt
    Giuditta II
    Olio su tela
    178X46cm
    Museo d'Arte Moderna Ca' Pesaro - Venezia






    Al 1909, anno della nuova svolta stilistica klimtiana, certamente influenzata dalla presenza di artisti come Schiele e Kokoschka, alla Kunstschau, risale una nuova versione di "Giuditta".

    La vendicatrice biblica non appare più, come nel dipinto del 1901, in veste di ammaliatrice: il pittore ne svela ora la vera natura di carnefice, fredda e determinata.

    Il fascino della patina dorata viene a cadere e anche la componente ornamentale, pur presente nell'abito e nell'acconciatura, è piuttosto usata come strumento per evidenziare il carattere del personaggio.

    Lo sfondo è quasi assente e la cornice si stringe attorno alla figura allungatissima e serpentina di Giuditta, che è assoluta protagonista.

    Ogni attenuante è eliminata e la donna, che non guarda più nemmeno il pubblico, pare incedere con la testa della preda impagliata nello spasmo delle mani rapaci.

    Klimt riprende l'allegoria dell"Attesa" ( http://lottovolante.plnet.forumcommunity.net/?t=42662051 ) realizzata per il fregio di Palazzo Stoclet, acuendone la freddezza nella fantasia nera del vestito, ma soprattutto nei tratti affilati e nello sguardo arido.

    Anche questa nuova versione era nota all'epoca come "Salomè", figura chiave della società di fine secolo, prototipo della forza perversa della femminilità.

    A confermare fino a che punto la rappresentazione klimtiana esprimesse la sensibilità della jahrhundertwende, l'epoca di passaggio da un secolo all'altro, resta l'affermazione di Richard Strauss che considerava la nuova Giuditta una trasposizione in pittura della propria musica; ancor più profonda però è la vicinanza tra l'interpretazione dell'artista e quella dello scrittore francese Huysmans, che pur riferita alla Salomè di Gustave Moreau, si attaglia perfettamente al dipinto viennese: l'autore di "A rebours" celebrava infatti "l'inquietante frenesia della danzatrice, la raffinata grandezza dell'assassina", "simbolo divinizzato dell'insopprimibile lussuria, la dea dell'immortale isteria". ( Mar L8v )


    Edited by Milea - 27/4/2014, 23:10
     
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