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Autoritratto (Self-Portrait), 1889
olio su tela 65x54 cm
Parigi, Musée d’Orsay
Gli autoritratti di Van Gogh sono una quarantina e seguono dal punto di vista dello stile, l’evoluzione della sua intera produzione, passando dai toni bruni e dal realismo delle prime prove della tavolozza chiara e alla ripresa della tecnica impressionista dei successivi dipinti, fino ai personalissimi esiti delle ultime prove.
Autoritratto, 1887
olio su tela, 42x33,7 cm
Chicago, Art Institute
Se a confrontarsi col genere lo spinge una lunga tradizione e innanzitutto l’esempio di un suo grande maestro conterraneo quale Rembrandt, l’insistere sulla propria immagine sembra avere nel caso di Vincent una valenza psicologica che fa dell’ esercizio della replica quasi una coazione a ripetere alla ricerca di qualcosa che fugge.
Autoritratto con cappello di feltro - Parigi, 1887
(Autoportrait en chapeau de feutre)
olio su cartone 42 x 34 cm
Amsterdam Stedelijk Museum, Amsterdam
In una lettera al fratello Theo del 1882 scrive:”Cosa sono io agli occhi della gran parte della gente? Una nullità, un uomo eccentrico o sgradevole […]. Ebbene, anche se ciò fosse vero, vorrei sempre che le mie opere mostrassero cosa c’è nel cuore di questo eccentrico, di questo nessuno”.
Autoritratto con orecchio bendato e pipa - Arles, 1888
( Self-Portrait with bandaged ear and pipe)
olio su tela 51x 45 cm
Collection Niarchos
E’ dunque una comunicazione negata, un contatto umano rifiutato che Van Gogh cerca di stabilire attraverso i suoi dipinti e a maggior ragione con gli autoritratti? Il protagonista di tutte quelle repliche è dunque sempre e solo un se stesso messo a nudo, nel bruciante desiderio di essere accettato?
Autoritratto come Artista, 1887-88
(Self-Portrait as an Artist)
olio su tela, 65x50.5 cm
Amsterdam, Van Gogh Museum
Alcune costanti, nei vari autoritratti, sembrano confermarlo: lo sguardo innanzitutto, quegli occhi intensi, imploranti, che si impongono come punto focale del dipinto, vero specchio dell’anima; la firma, quel semplice “Vincent” con cui si chiudono le lettere ai familiari e che sigla anche le tele, come a dire che allo spettatore l’artista parla come a un fratello; infine la relativa scarsità degli autoritratti in cui Vincent si presenta con i “ ferri del mestiere”: l tavolozza, il cavalletto.
In fondo non gli servono, perché la pittura è di fatto la sua vita, ed è appunto la confusione tra arte e vita, la cifra distintiva della sua opera. ( M.@rt )
Autoritratto con l’orecchio bendato, 1889
( Self-Portrait with Bandaged Ear)
olio su tela 60x 90 cm
London, Courtauld Institute Galleries
Edited by Milea - 29/6/2014, 23:07. -
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Autoritratto da pittore, gennaio 1888
Olio su tela, 65,5x50,5 cm
Amsterdam, Van Gogh Museum
In una delle lettere indirizzate a Gauguin, ricordando gli ultimi mesi trascorsi a Parigi, Vincent scrive:” Quando lasciai Parigi [ero] veramente a pezzi, parecchio malato e quasi alcolizzato”. Si sentiva sulla strada della “paralisi mentale”, tanta era l’energia che gli risucchiava la vita che conduceva. Alla sorella Wilhelmina spiega che in questo ritratto è certo di essere andato oltre le possibilità offerte dal mezzo fotografico, secondo lui insufficiente allo scopo introspettivo, e di avere espresso il suo stato d’animo “privo di ogni segno di calore”.
Servendosi di “una parete grigio-bianca” come sfondo, l’artista dimostra un ottimo controllo della luminosità dei toni complementari, stesi con tratto fermo. Gli occhi sono colmi di tristezza. Probabilmente si è servito delle conoscenze fisiognomiche già maturate dal 1883.
L’opera è stata messa in relazione con due celebri autoritratti. Il primo, di Rembrandt (Louvre), è noto a Vincent perché l’olandese vi si raffigura “con il sorriso sdentato, quel vecchio leone… con una tela di lino e la tavolozza in mano”.SPOILER (clicca per visualizzare)
Rembrandt Harmenszoon van Rijn
Autoritratto dell’Artista al cavalletto / Self Portrait of the Artist at His Easel, 1660
olio su tela, 111x90 cm,
Parigi, Musée du Louvre
Il secondo, Cézanne à la palette (Zurigo), viene qui ripreso da Vincent nella composizione e nella tavolozza mostrata con evidenza.SPOILER (clicca per visualizzare)
Paul Cézanne
Selbstbildnis mit Palette, 1890 circa
(Autoritratto con tavolozza)
olio su tela, 92x 3 cm
Zurigo ,Stiftung Sammlung E.G. Bührle
Se si confronta questo dipinto con quello della primavera del 1886, Autoritratto con cappello di feltro scuro, si può comprendere parte della straordinaria evoluzione tecnica del pittore.
Non vi è più traccia delle cupe atmosfere, delle stesure compatte e finissime che caratterizzano il primo dipinto del suo periodo parigino.
In questo autoritratto, invece, l’immagine viene costruita con rapidi e autonomi tocchi di colore, tracciati con pennellate dal ritmo costante. Tutto ormai è filtrato, ogni piccolo particolare viene interpretato secondo una diversa sensibilità: l’incarnato, l’abito e persino lo sfondo. Anche gli occhi non sono più quelli decisi e penetranti della primavera del 1886: ora comunicano solo il distacco di un uomo pienamente convinto della propria dignità di artista. (M.@rt)SPOILER (clicca per visualizzare)SPOILER (clicca per visualizzare)
Edited by Milea - 29/6/2014, 23:16. -
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Autoritratto con tavolozza, agosto 1889
Olio su tela, 57,2x43,8
New York, Collezione di Mr. e Mrs. John Hay Whitney
Forse per mostrare che aveva superato la crisi nervosa che lo aveva colpito in luglio, si ritrae vestito elegantemente, in giacca e panciotto. A Theo racconta che il suo viso è “più calmo”, sottolineando però che “lo sguardo è un po' più assente di prima”.
Originariamente il contrasto della barba rossa contro l'azzurro dello sfondo e il colore degli abiti doveva essere più forte, perché la giacca e il panciotto erano dipinti in un lilla che è scomparso nel tempo, come in molte altre sue tele: in una lettera alla sorella, infatti, egli racconta che il colore dominante del quadro è un “bell'azzurro del Midi” e che gli abiti sono “lilla acceso”.
L'artista era particolarmente affezionato a questo autoritratto, che prima spedì al fratello, poi lo riprese durante i pochi giorni che passò a Parigi prima di partire per Auvers-sur-Oise. Qui lo mostrò al dottor Gachet che si mostrò “assolutamente fanatico” del quadro; è stato poi donato dagli eredi del medico allo Stato francese.
La tavolozza è quasi una barriera opposta la male, in una tregua di lotta. L’inquietudine, ma anche la forza di pensiero di Vincent si manifestano nel fondo mosso, animato da una grande energia psichica. Da un’oscura cavità del blu emerge con intensità abbagliante la testa: la mezza luna della barba e dei capelli ricorda la luna della Notte stellata. (M.@rt)SPOILER (clicca per visualizzare)
Edited by Milea - 29/6/2014, 23:19. -
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Autoritratto con l’orecchio bendato, gennaio 1889
olio su tela, 51x45 cm
Collezione privata
Il dipinto è la tragica testimonianza dell’esito drammatico della storia di amicizia e di affetto, speranza ed esaltazione, rabbia e delusione che lo lega a Paul Gauguin. Ne esiste un’altra versione, di poco differente quanto ad aspetto iconografico (Vincent è senza pipa, contro uno sfondo color verde oliva, in cui campeggia una stampa giapponese) e carattere espressivo (il pittore è meno triste.)SPOILER (clicca per visualizzare)
Autoritratto con l’orecchio bendato, 1889
( Self-Portrait with Bandaged Ear)
olio su tela 60x 90 cm
London, Courtauld Institute Galleries
Indimenticabile lo sguardo degli occhi arrossati di Vincent (affaticamento? dolore?) , nei quali si riflette il fondo rosso, allusione evidente al sangue non rappresentato, ma evocato. Ben si adatta a questo sguardo il verso baudelairiano che apre I fiori del male: “Tu, lettore ipocrita, che sei mio fratello e mio simile”.
Apparentemente convenzionale nella composizione - un triangolo ancorato ai due angoli inferiori del quadro - il dipinto presenta una tessitura cromatica assai dinamica, che i contorni neri non riescono a contenere completamente.
La pipa fu fedele compagna di Vincent nei momenti di maggiore sofferenza: anche poco prima di morire, se la strinse tra i denti. E’ qui forse, il segno di una ritrovata, grande lucidità.
Il verde cupo del cappotto dai risvolti consunti, l’asimmetria dalle spalle volutamente arcuate e un poco ingobbite, sottolineano il distacco del protagonista, chiuso in se stesso poiché intimamente, e non solo fisicamente ferito, lontano da ogni autogiustificazione e da ogni atteggiamento romantico.
Romantico l’ aveva invece definito proprio Gauguin in una lettera a Émile Bernard, poiché Vincent “ammira Daumier, Daubigny, Ziem e il grande Rosseau, tutta gente di cui non posso neanche sentir parlare”. (M.@rt)SPOILER (clicca per visualizzare)
Edited by Milea - 29/6/2014, 23:28.