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Tutta l’opera del Caravaggio
…una mostra impossibile
Clicca sull’immagine sottostante ed esplora la galleria virtuale
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:27. -
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Caravaggio: simboli e segreti
Fiori e frutti
Uno dei più grandi ammiratori e appassionati collezionisti di Caravaggio, il marchese Vincenzo Giustiniani, ci ha tramandato un aforisma del pittore: “Vuol tanta manifattura per fare un quadro buono di fiori come di figure”.
Caravaggio non si limita alla riproduzione accurata della natura: riesce a dare a fiori, frutti, foglie, strumenti musicali e altri oggetti un’anima e un senso, conferendo loro una dignità autonoma, tanto da essere giustamente considerato un pioniere della “natura morta”.
Bacchino malato
Due pesche pallide
e un grappolo di uva scura:
nel primo dipinto a noi noto
Caravaggio manifesta subito
il gusto per i dettagli naturalistici.Fruttarolo
Fra le braccia del ragazzo bruno
fa la sua prima comparsa
la cesta di vimini intrecciati,
ricolma di frutta e di foglie,
che Caravaggio raffigurerà
in almeno altre due occasioni.
Nella pratica dei pittori, nel gusto dei committenti e nella consapevolezza dei trattatisti, la natura morta si configura come genere autonomo della pittura verso la fine del Rinascimento, e , soprattutto grazie a Caravaggio.
La precisa definizione critica è avvenuta molto più tardi, come conferma la netta separazione nei termini e nel significato tra l’Europa mediterranea e cattolica (dove si adottano, tradotte nelle diverse lingue, le parole “natura morta”) e l’area nordica e protestante, che preferisce utilizzare le varie derivazione da still life, “vita silenziosa”.
E’ un fenomeno internazionale, caratterizzato da continui scambi e incroci tra artisti, tendenze e collezioni: tuttavia, si possono riconoscere abbastanza nettamente le specifiche tendenze locali, individuando caratteri distintivi per le diverse scuole.Concerto
Talvolta la presenza marginale
nelle tele di fiori e frutta
nasconde valori simbolici.
E’ il caso della enigmatica figura
del dio Amore
che coglie un grappolo d’uva.Suonatore di liuto
Il più bel mazzo di fiori
dipinto da Caravaggio:
il piccolo pinnacolo floreale
costituisce quasi un alter ego
del giovane e solitario
suonatore di liuto.
Durante la giovinezza lombarda, partendo dall’esempio di Leonardo e osservando il realismo dei maestri bresciani e cremonesi, Caravaggio aveva acquisito il gusto per una profonda “comprensione” degli oggetti inanimati, non come semplici elementi decorativi marginali, ma come parte essenziale dell’immagine. Con il suo trasferimento a Roma (dove fin dai primi tempi dei suoi esordi Caravaggio dipinge dettagli di fiori e di frutti all’interno di composizioni altrui), il nascente genere della natura morta raggiunge rapidamente la piena maturazione.
Peraltro, solo un quadro certamente di mano di Caravaggio, può propriamente essere definito una natura morta: la Canestra di frutta, talvolta chiamata con il nome storico di “fiscella”, donata dal cardinal Del Monte a Federico Borromeo e conservata da sempre nella Pinacoteca Ambrosiana di Milano.
Nonostante le piccole dimensioni, l’unica vera natura morta autonoma di Caravaggio è una pietra miliare nella storia della pittura; frutti e foglie sono dipinte con grande naturalezza.
Canestra di frutta
Altre nature morte “pure”, via via proposte dai critici come possibili opere di Caravaggio, non hanno mai incontrato l’unanimità dei consensi degli specialisti, e anzi sono spesso servite come punti di partenza per ricostruire l’attività dei maestri diversi.
D’altro canto, la straordinaria forza della tela dell’Ambrosiana è affiancata dalla perentorietà e dall’importanza delle presenze di nature morte ( soprattutto frutta e fiori, ma anche strumenti e tavole imbandite) in dipinti “narrativi”, dove le figure umane entrano in dialogo compositivo e poetico con gli oggetti.Bacco
Una fruttiera di ceramica,
che rimanda
ai ricordi domestici
dell’adolescenza lombarda del pittore,
sostituisce qui
il prediletto canestro di vimini.Conversione di san Paolo
Dopo l’anno 1600
Caravaggio si concentra
sulle figure umane
e riduce al minimo
lo spazio concesso
a dettagli naturalistici,
proprio per questo
sempre più preziosi.
Segue una precoce serie di capolavori anteriori all’anno 1600, in cui la natura morta appare combinata con personaggi a mezza figura; questo gruppo di dipinti giovanili costituisce il punto di partenza e il fondamentale riferimento stilistico per gli artisti presto coinvolti da un esigente collezionismo aristocratico “di tendenza”.San Giovanni Battista
Dalla incombente oscurità
delle tele caravaggesche
della maturità
spuntano particolari
del mondo vegetale.
Erbe e foglie
trasmettono
una robusta forza vitale.Cena in Emmaus
Un po’ sfibrato dall’uso,
a quasi dieci anni
dalla sua prima comparsa
in braccio al Fruttarolo,
il vecchio cesto di vimini
ritorna sulla tavola
della taverna di Emmaus.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:30. -
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Teste mozzate
Ben prima di diventare omicida e di essere condannato a morte per decapitazione, Caravaggio ha dipinto, di frequente, temi biblici o mitologici in cui compaiono teste mozzate: Oloferne, Golia, Medusa, poi ripetutamente, il Battista. E’ quasi una premonizione, un anticipo di quella che negli ultimi quattro anni di vita diventerà una vera (e comprensibile) ossessione.
Il macabro ricorrere di scene di decollazione nella produzione di Caravaggio può essere legato all’esperienza visiva di esecuzioni capitali in piazza, uno spettacolo non infrequente alle soglie del Seicento, e al quale i pittori erano vivamente incoraggiati ad assistere per rendere più realistiche le loro opere. All’epoca di Caravaggio, a Roma si svolgono processi celebri, seguiti da clamorose sentenze di morte, come nei casi di Beatrice Cenci e di Giordano Bruno.
Il 28 maggio 1606 la vita di Caravaggio cambia in modo drammatico: da questo momento ogni volta che dipinge una testa tagliata il pittore sa che questa orrenda sorte potrebbe toccare alla sua.
In quella sera di maggio, nel cuore di Roma, cade l’omicidio di Ranuccio Tomassoni, colpito da un fendente alla coscia, vibrato dalla spada di Caravaggio e morto dissanguato per la ferita all’arteria femorale.Giuditta e Oloferne
Impugnando una scimitarra,
l’energica Giuditta
sgozza Oloferne in modo sanguinario,
fra gli spasmi orrendi
del malcapitato:
nella storia dell’arte,
non sono rari i casi in cui
il generale è invece addormentato
e non si accorge di nulla.Davide e Golia
Sulla fronte del gigante abbattuto
spicca evidente la ferita
del sasso scagliato dalla fionda
del giovanissimo Davide:
una volta ucciso Golia,
Davide gli stacca la testa,
per portarla nella propria città
come macabro trofeo
di vittoria.
L’episodio che segna l’esistenza degli ultimi cinquanta mesi di vita del pittore, punto culminante della “leggenda nera” sulle sue intemperanze, non è stato del tutto chiarito: è un intreccio di pretesti del tutto banali (un fallo di gioco durante una partita di pallacorda, un debito non saldato), vecchi rancori, insopprimibile tendenza all’ira e alla violenza.
Tra Caravaggio e la rissosa banda che ruotava intorno ai fratelli Tomassoni, c’erano da tempo attriti anche gravi. Caravaggio e Ranuccio Tomassoni si erano contesi le grazie della stessa donna, Fillide Melandroni, frequentavano i medesimi ambienti, si alternavano nei debiti di gioco, e con ogni probabilità, erano venuti alle mani già diverse volte.
Non sono esclusi anche motivi politici: i Tomassoni, guardaspalle della potente famiglia Crescenzi, erano legati alla fazione filo spagnola della nobiltà romana, mentre Caravaggio, come ben testimonia il lavoro della Cappella Contarelli, era evidentemente vicino agli ambienti francesi, sotto l’egida del cardinal Del Monte.Testa di Medusa
Secondo la mitologia,
l’orrenda Medusa
aveva la facoltà di trasformare i nemici
in statue di pietra con il solo sguardo.
Caravaggio crea un raccapricciante contrasto
tra le teste dei serpenti ancora vivi
e l’ultima, terribile occhiata
della medusa sconfitta
da Perseo.Salomè con la testa del Battista
Dopo essersi reso colpevole
di un assassinio nel 1606,
Caravaggio viene condannato a morte
per decapitazione:
il tema della testa staccata dal collo
diventa un’ossessione ricorrente.
La morte del Battista
ne offre un celebre pretesto.
Questo è il resoconto in un laconico “avviso” di polizia spedito dalla curia di Roma a Urbino: “ Soccesse in Campo Marzio la suddetta sera di domenica una questione assai notabile di 4 per banda, capo di un tal Ranuccio da Terni, che vi restò morto subito dopo un lungo contrasto, et dall’altra Michelangiolo da Caravaggio, pittore di qualche fama ai nostri giorni, che vogliono sia restato ferito, ma però non si trova ove sia, ma bene è restato malamente ferito et prigione uno dei suoi compagni, che chiamano Antonio da Bologna, che era soldato di Castello, et vogliono la causa sia stato di interessi di gioco et di 10 scudi che il morto haveva vinto al pittore”.
Della banda di Caravaggio facevano parte due amici pittori, Onorio Longhi e Mario Minniti, che lo aiuteranno nella fuga, e in futuro gli saranno di indispensabile sostegno anche in altre circostanze.
Nell’ odissea mediterranea dei quattro anni successivi, Caravaggio si riconoscerà nell’immagine di personaggi decapitati: la testa di Golia sorretta da Davide è il suo autoritratto, e il sangue che cola dal collo mozzato del Battista, è la sua firma.Davide con la testa di Golia
Come è noto,
Caravaggio si è autoritratto
nella testa mozzata di Golia:
un’immagine amara,
in cui oltre all’angoscia della morte inattesa
si legge una lunga sofferenza,
testimoniata dai solchi profondi delle rughe
e dai denti radi e poco sani.Decollazione di san Giovanni Battista
Con il sangue che sgorga
dal collo mozzato del Battista,
Caravaggio ha scritto il proprio nome:
questo è l’unico dipinto firmato dal pittore
e la scelta conferma
l’angoscioso ricorrere
del tema della decapitazione
nella sua pittura e nella sua mente.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:33. -
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Il linguaggio delle mani e delle espressioni
Nell’epoca in cui dipingeva il Cenacolo, Leonardo da Vinci affermava che la pittura è una “poesia muta”, e il compito più difficile, per un artista, è rendere eloquenti i personaggi, far comprendere non solo il significato dell’azione che si sta svolgendo, ma anche le reazioni emotive delle figure.
Per questo Leonardo consigliava i pittori di osservare il gesto dei gesti utilizzato dai sordomuti, oppure le espressioni facciali e gli atteggiamenti assunti dagli oratori e dai predicatori per rendere più convincenti e comprensibili i loro discorsi. Caravaggio, un secolo dopo, riprende e sviluppa l’antica lezione di Leonardo.Martirio di san Marco
Il chierichetto
che serviva la Messa
accanto a san Matteo,
alza le mani,
con un gesto di repulsione e di fuga.
Caravaggio
rende indimenticabile
questa figura di bambino.Cattura di Cristo
Nel momento del tradimento,
Cristo abbassa le mani
e intreccia le dita.
Secondo la spiritualità francescana,
questo gesto
indica l’accettazione
della cattura e del martirio.
Sensibile all’espressione dei “moti dell’anima”, Caravaggio studia accuratamente i gesti dei suoi personaggi, variando notevolmente a seconda dell’atmosfera del quadro, da una sfogata teatralità ( per esempio, nella Cattura di Cristo di Dublino o nel Martirio di san Matteo di San Luigi dei Francesi a Roma) a un teso controllo emotivo che frena e congela i gesti, come nella Decollazione di san Giovanni Battista a Malta.Vocazione di san Matteo
La perentoria scena di Cristo
si riassume nella mano,
alzata ad indicare Matteo,
citando l’analogo gesto di Dio Padre
nella Creazione di Adamo
di Michelangelo.
Come conferma Federico Zeri, “Caravaggio interpreta i gesti in modo molto originale: in base alle posizioni e ai gesti l’osservatore poteva capire lo stato d’animo, diremmo oggi il “clima della situazione”.Sacrificio di Isacco
Quasi perfetta controparte
dell’analogo gesto di Cristo
nella vocazione di san Matteo,
il dito puntato dell’angelo
esprime con precisa chiarezza
la volontà divina.Deposizione
L’ultima figura
del gruppo di dolenti,
Maria di Cleofa,
alza le braccia e gli occhi al cielo,
Caravaggio ricorre qui
a una posa
e a un’ espressione
un po’ teatrali e scontate.
Braccia alzate, indici tesi, mani che si muovono nell’aria si associano a una mimica facciale estremamente ricca, fatta di bocche spalancate, occhi sgranati, fronti solcate da rughe. Con un forte denso della scena, Caravaggio sceglie accuratamente gli attori dei suoi drammi o delle sue commedie di strada, non solo per il loro aspetto fisico, ma anche e soprattutto per l’espressività delle loro pose (assunte naturalmente o accuratamente studiate dal pittore) e la capacità gestuale.
Nell’opera di Caravaggio, il caso più evidente di narrazione affidata ai gesti delle mani è probabilmente la Vocazione di san Matteo: nella grande tela della Cappella Contarelli, Caravaggio orienta sapientemente la luce per sottolineare lo scambio di occhiate e di segni che attraversa la composizione.Cena in Emmaus
La versione londinese
del tema evangelico
è caratterizzata da gesti ampi:
Cristo sporge in avanti il braccio,
con uno scorcio in prospettiva
che attraversa la tela
in profondità.Cena in Emmaus
Nel confronto con la versione di Londra,
la tela milanese
mostra i gesti
molto più misurati e sobri.
Per benedire il pane
Cristo si limita
a sollevare lentamente la mano.
Cristo entra in scena sulla destra, e solleva il braccio per indicare Matteo, seduto al tavolo del banco dei pegni, e confuso tra le altre quattro figure maschili. Sentendosi chiamato, Matteo chiede conferma mettendosi l’ indice sul petto, con fare interrogativo. Pietro, che si trova davanti a Cristo, indica verso Matteo, ribadendo il gesto di Gesù.
E’ interessante poi mettere a confronto le due versioni della Cena in Emmaus, eseguite in circostanze biografiche molto diverse, per vedere come lo stato d’animo del pittore si rifletta sulla differente ampiezza ed evidenza dei gesti: nella tela conservata a Londra, più ricca e luminosa, i personaggi misurano lo spazio in lungo e in largo, aprendo le braccia, mentre nella più intimista e sofferta interpretazione di Milano i gesti sono trattenuti dall’ emozione.
Infine, una conferma impressionante dell’importanza del senso del tatto, viene dall’ Incredulità di san Tommaso, dove Cristo guida con mano ferma il dito dell’apostolo riluttante nella profondità della ferita sul costato, per confermare in modo eloquente la fisicità palpabile e miracolosa del corpo risorto.Incredulità di san Tommaso
L’attenzione di Caravaggio
nei confronti del senso del tatto
raggiunge qui un’evidenza fisica:
Tommaso infila l’indice
nella ferita di Cristo,
quasi a verificare
la gravità del taglio.Resurrezione di Lazzaro
L’interpretazione drammatica
del miracolo
offerta da Caravaggio
è accentuata dal contrasto
tra il corpo riverso ed esanime di Lazzaro
e le sue braccia,
tese e nervose.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:37. -
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Modelli ricorrenti
Nonostante le apparenze di assoluto realismo, Caravaggio non dipingeva affatto dal “vivo”. I suoi dipinti sono tutti eseguiti in bottega, accuratamente costruiti con modelli messi in posa, e l’effetto di immediatezza naturale è frutto di un calcolo calibrato e consapevole. Il senso di istantaneità è frutto di una scelta tecnica per l’epoca assolutamente controcorrente: l’artista dipinge stendendo direttamente i colori sulla tela, senza un disegno preliminare.I bari
Nelle opere giovanili di Caravaggio
compaiono ripetutamente ragazzi adolescenti.
Inconfondibile
è il ragazzo che posa in contesti diversi,
dal baro fino all’angelo.Narciso alla fonte
Ecco di nuovo
il giovane dai folti capelli castani.
Un particolare
è la dimensione un po’ eccessiva
dell’orecchio,
che il ragazzo cerca di nascondere
coi capelli lunghi e le basette.
Non possediamo nemmeno un foglio di schizzi di Caravaggio, che si limitava a grandi linee la posizione delle figure principali tracciando solchi sulla tela con il manico del pennello, impugnato al contrario.
Fin dalle primissime opere, Caravaggio si è servito di modelli in posa: davanti al suo cavalletto si avvicendavano ragazzi e vecchi, giovani donne attraenti e anziane megere, e non di rado egli inserisce il suo stesso volto (allo specchio) nelle scene narrative.
Per questo, non è difficile ritrovare nei dipinti fisionomie che ci risultano familiari, anche se inserite in contesti diversi. All’inizio della carriera il pittore non poteva certo permettersi modelli professionisti, e chiedeva ad amici e conoscenti di posare per lui. Non è certa l’identità ( forse Tommaso “Mao” Salini) del ragazzo bruno, dai grandi occhi scuri che tendono a velarsi di malinconia e dal volto pienotto, che compare ripetutamente nelle opere giovanili, agghindato da Bacco.Conversione della Maddalena
Negli anni che precedono il 1600,
una delle modelle preferite di Caravaggio
è Fillide Melandroni.
La donna non si limita
a posare per il pittore,
ma diviene la sua amante.Santa Caterina d’Alessandria
La testa leggermente ruotata
e fasciata dall’ombra
mette in risalto gli occhi profondi
e i capelli ramati di Fillide,
che appare qui
molto più attraente
che nel suo vero ritratto,
andato perduto.
Del tutto diversi sono i lineamenti fini e sottili di un suo coetaneo dai capelli castano chiari, il cui profilo esalta il naso affilato e certi spessi riccioli dietro le orecchie: variando profondamente la “parte” affidata a questo duttile modello, Caravaggio lo dipinge come un baro, come un angelo e come il mitico Narciso.
Con tutti i suoi meriti di pittore, anche Caravaggio ha un limite: non è un grande ritrattista. I pochi ritratti snocciolati lungo quasi due decenni di carriera, sono fra le opere meno vivaci e attraenti, e i personaggi raffigurati appaiono curiosamente poveri di quella intensità esistenziale che palpita nelle opere di carattere narrativo.
Eloquente è il caso della cortigiana e modella Fillide Melandroni, alla quale Caravaggio aveva dedicato un ritratto, disperso a Berlino nel 1945. Dalle fotografie disponibili affiora la memoria di una figura bloccata, quasi contratta: tutto il contrario dell’espressività mostrata dalla ragazza quando viene a impersonare la Maddalena pentita o la biblica, terribile Giuditta.
Giuditta e Oloferne
Fillide ripropone la stessa pettinatura, con la netta scriminatura
al centro e ciocche libere sulle tempie. Anche
l’orecchino lo ritroviamo nella Maddalena della Galleria Doria Pamphilj.
Poco più tardi, entra nel repertorio di Caravaggio un anziano modello barbuto, dall’alta fronte bombata e calva, che si presta perfettamente a dare il volto a patriarchi biblici ( come Abramo) o pensosi protagonisti del cristianesimo, come i santi Matteo, Pietro e Gerolamo; un altro modello professionista è un giovane uomo forte e pensoso, che curiosamente posa per i due santi di nome Giovanni: un torvo, solitario Battista e un dolente evangelista nella grande Deposizione.Sacrificio di Isacco
Nei primi anni del Seicento
Caravaggio utilizza ripetutamente
come modello
un anziano uomo barbuto e stempiato:
un interprete perfetto
per patriarchi biblici e santi.San Matteo e l’angelo
Le rughe orizzontali
che solcano l’alta fronte bombata,
e quelle verticali
che si profilano alla radice del naso,
trasformano il volto
di questo modello
in una sorta di mappa dei sentimenti.
Da ultimo va citata Lena Antognetti, una ragazza per la quale Caravaggio non esita ad affrontare e ferire un rivale in amore, il notaio Pasqualone. Lena offre il suo volto incorniciato dai lunghi capelli scuri ( ma anche il florido seno, il che non manca di creare scandalo) per tre diverse Madonne: quella sensuale dei Palafrenieri, quella popolare dei Pellegrini e infine quella amarissima della Morte della Vergine. Qui, secondo un’antica interpretazione, Caravaggio ritrae il cadavere dell’amante e modella, tragicamente annegata nel Tevere.Madonna dei Palafrenieri
L’ultima famosa modella
e amante di Caravaggio a Roma
è Lena Antognetti,
che presta il volto,
i capelli scuri
e anche il generoso seno
a diverse Madonne.Morte della Vergine
La sorte di Lena è terribile.
Pare che sia proprio lei
la prostituta morta annegata nel Tevere,
il cui cadavere
avrebbe dato a Caravaggio
l’ispirazione per questa Madonna.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:40. -
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Spade e pugnali
In moltissimi dipinti di Caravaggio, balena il riflesso di un acciaio affilato: spade, pugnali e anche una sciabola arcuata compaiono ripetutamente, e non sempre queste armi da taglio sono strettamente legate al tema raffigurato. La storia giudiziaria del pittore dimostra che Caravaggio sapeva maneggiare con disinvoltura, persino eccessiva, la spada ancora prima dell’uccisione di Ranuccio Tomassoni. Probabilmente, nei primi difficili anni romani girare armato per lui era una necessità, e tornerà ad esserlo negli ultimi concitati anni di vita ( secondo un biografo siciliano, a Messina, Caravaggio andava addirittura a dormire tenendo il pugnale accanto al letto, tanto era ossessionato); ma nel periodo centrale della carriera, la spada al fianco era diventato un vero e proprio status symbol, una parte indispensabile del suo personaggio.La buona ventura
Il ragazzo beffato dalla zingarella
ostenta l’elsa di uno spadino.
Si tratta di un regalo recente
e il giovanissimo ingenuo
non è abituato
ad avere armi alla cintola.I bari
Insieme alle carte vincenti,
il baro nasconde
dietro la schiena
anche una spada,
probabilmente da brandire
in caso di scoperta dell’inganno.
Il pittore e trattatista olandese Karel van Mander, autore della biografia intitolata Het Schilderboek (“Il libro dei pittori”), pubblicata nel 1604, ci offre la più livida immagine di un Caravaggio trentenne che si pavoneggia per le vie di Roma, con atteggiamenti da autentico bullo: “ C’è anche un Michelangelo da Caravaggio che fa a Roma cose meravigliose.[…] E’ faticosamente uscito dalla povertà mediante il lavoro assiduo, tutto afferrando e accettando, con accorgimento e ardire, come fanno quelli che non vogliono rimanere indietro per timidezza e pusillanimità. […] Peraltro, accanto al buon grano c’è sempre l’erbaccia; infatti, egli non si dedica di continuo allo studio, ma quando ha lavorato un paio di settimane se ne va a spasso per un mese o due, con la spada al fianco e un servo alle calcagna, e gira un campo di pallone all’altro, sempre pronto ad attaccar briga e ad azzuffarsi; è difficile frequentarlo. Tutto ciò non assomiglia troppo alla nostra professione: Marte e Minerva non sono stati mai troppo amici. E tuttavia, la sua pittura è fuori discussione: è condotta con grande eleganza, piace molto, ed è meravigliosamente adatta a costituire un esempio per i giovani pittori.”Sacrificio di Isacco
Nella prima versione,
Abramo impugna con decisione
un corto coltello,
tenendolo al contrario,
come se si accingesse
a sventrare il figlio
con un fendente
dal basso verso l’alto.Caterina d’Alessandria
Con un contrasto di straordinaria efficacia,
Caravaggio contrappone
il lucido e dritto acciaio della lama
e le morbide curve
delle braccia e delle mani
della santa.
Caravaggio era autorizzato ad avere armi: disponeva dell’apposita licenza, da mostrare alle guardie in caso di controllo. Ma anche il semplice possesso del porto d’armi (unito alle abitudini notturne) ha creato problemi giudiziari all’irascibile pittore. Alle cinque di mattina del 18 novembre 1604, Caravaggio si aggira armato di pugnale e di spada dalle parti della Chiavica del Bufalo e viene fermato da una pattuglia di ronda. L’ufficiale intima al pittore di esibire la licenza, la ispezione e la restituisce con un “Buonanotte signore” che al pittore suona irridente. Caravaggio replica immediatamente “mandando a …quel paese” lo sbirro. Subito arrestato per oltraggio a pubblico ufficiale, viene imprigionato per alcuni giorni nelle carceri di Tor di Nona.Martirio di san Matteo
L’esplosione di violenza
che percorre la tela
si sintetizza nella presenza delle armi.
Un robusto spadone
è sguaiato dallo sgherro,
che urlando
colpisce ripetutamente il santo.Conversione di san Paolo
In questa versione
Caravaggio interpreta la “caduta”
in chiave intima e crepuscolare:
la spada abbandonata a terra,
del tutto inutile,
accresce il senso
di un evento soprannaturale.
Sei mesi dopo, il 28 maggio 1605, nei pressi della chiesa di Sant’Ambrogio al Corso, il capitano Pino, della polizia del Campidoglio, gli chiede di mostrare la licenza, ma il pittore deve confessare di non averla con sé. Nonostante i tentativi di giustificazione, e le lamentele per il presunto accanimento della polizia nei suoi confronti, Caravaggio deve cedere: il capitano Pino gli sequestra spada e pugnale, ne schizza la sagoma ai margini del verbale, e denuncia Caravaggio per porto d’armi abusivo.Sacrificio di Isacco
L’intervento dell’angelo
a bloccare la mano di Abramo
arriva proprio all’ultimo istante:
la lama scura
del tozzo ma micidiale coltello
è ormai vicinissima
alle membra di Isacco.Davide con la testa di Golia
Sulla lama
si leggono nitidamente le lettere:
”H AS O S”.
questa sigla misteriosa
è stata interpretata variamente dagli studiosi,
ma forse indica il marchio dell’armaiolo.Decollazione di san Giovanni Battista
La decapitazione
non è del tutto riuscita al primo colpo
e il boia deve ricorrere
alla “misericordia”,
un corto e affilato coltello,
per recidere completamente
la testa dal collo.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:44. -
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Ritratti
In contrasto con un’epoca in cui raffigurare il proprio aspetto costituiva per gli artisti un imprescindibile mezzo di comunicazione sociale dell’immagine e la chiave di presentazione al pubblico, ai collezionisti, ai colleghi e ai critici, Caravaggio non ha dipinto ritratti autonomi. Nelle biografie e più di recente anche nelle scelte di casting per film e sceneggiati, il ritratto “ufficiale di Caravaggio è considerato quello che compare, ripetuto quasi identico, in due disegni a carboncino e gessetto su carta azzurrina, presumibilmente assai fedeli, opere di Ottavio Leoni, un discreto pittore compagno di avventure del pittore.
I biografi del XVII secolo, quando la vicenda umana di Michelangelo Merisi aveva assunto i toni di una oscura, quasi mefistofelica leggenda, ci hanno trasmesso descrizioni poco attraenti dell’aspetto del pittore, quasi per evocare fin dal primo contatto l’immagine di un uomo tormentato e quasi diabolico.Ottavio Leoni, Ritratto di Michelangelo Merisi
Questo disegno,
conservato nella Biblioteca Marucelliana di Firenze,
è considerato tradizionalmente
la più fedele immagine del volto di Caravaggio,
e corrisponde alle caratteristiche somatiche
ricordate e descritte dai letterati.Bacchino malato
Poco dopo il suo arrivo a Roma,
intorno al 1592,
il giovane Caravaggio
viene ricoverato in ospedale.
Il colorito terreo,
i lineamenti segnati
e l’impressione di debolezza
di questo auto ritratto simbolico,
ricordano lo stato fisico del pittore
intorno ai ventidue anni.
Il primo “ritratto in scrittura” è quello che, cinque anni dopo la morte del pittore, ci ha lasciato Giulio Cesare Gigli, un mediocre poeta che aveva conosciuto Caravaggio di persona: “ Di fantastico umor certo bizzarro/ pallido in viso e di capillatura/ Assai grande, arricciato/ Gli occhi vivaci sì, ma incavernati…”.
Il letterato classicista Giovan Pietro Bellori, impegnato a stroncare senza riserve la mancanza di “decoro” del naturalismo trasmesso da Caravaggio ai suoi seguaci, in un volume pubblicato nel 1642 ma presumibilmente redatto durante gli anni Venti del Seicento, fonte importantissima di notizia sulla vita e le opere di Caravaggio, lo ricorda così:” Egli era di color fosco ed aveva foschi gli occhi, le ciglia ed i capelli”, e in un altro passo aggiunge che il pittore era “ di statura piccola e brutto di volto”.
Una compagnia poco raccomandabile, insomma: tanto più che, sempre secondo l’acido Bellori, Caravaggio era molto trasandato nel vestire, di maniere semplici e talmente poco attento all’etichetta da sfociare spesso nella maleducazione.Martirio di san Matteo
Celebre e indiscutibile
è il corrucciato autoritratto
del pittore trentenne: Caravaggio
si è inserito tra il gruppo degli astanti
nel suo primo grande capolavoro
di pittura sacra esposto in pubblico,
nella chiesa romana
di San Luigi dei Francesi.Cattura di Cristo
Nel serrate episodio notturno,
con personaggi presentati in primo piano,
a mezza figura,
Caravaggio compare sulla destra,
portando una lanterna:
letteralmente, il pittore vuole “ far luce”
sul tradimento di Giuda
e sull’arresto tumultuoso di Cristo.
La mancanza di autoritratti ufficiali è abbondantemente compensata dal fatto che il pittore si è spesso immedesimato e raffigurato nei personaggi dei suoi dipinti, come per suggerire l’aspetto fondamentale della sua opera: il desiderio di rompere il diaframma che divide la pittura dalla vita, la scena raffigurata dalla realtà viva e vissuta. Lungo l’intero svolgersi della sua attività, in pratica dal primo all’ultimo quadro, incontriamo e riconosciamo più volte il viso di Caravaggio, spesso inserito in contesto drammatici: nel Bacchino malato, Caravaggio è un ragazzo che ha da poco superato la ventina e appare debole, con il colorito segnato dalla malaria; a trent’anni, nella sua “comparsa” più celebre, Caravaggio si raffigura mentre assiste impotente al Martirio di san Matteo; poco dopo, nella confusa scena notturna della Cattura di Cristo, il pittore si ritrae di profilo mentre solleva la lanterna; poi, nel terribile Davide con la testa di Golia ( il dipinto forse più intensamente autobiografico di tutta la sua vita insieme alla Decollazione di san Giovanni Battista dipinta a Malta), Caravaggio si mostra come un gigante sfregiato e decapitato, certo più da compiangere che da umiliare; e proprio nell’ultimo quadro, il Martirio di sant’Orsola, è di nuovo il testimone oculare di un atto di brutale, folle violenza.Davide con la testa di Golia
Il più terribile autoritratto di Caravaggio,
che si raffigura
come un gigante sfregiato e ucciso.
Il colpo sulla fronte
può essere giustificato dalla immedesimazione
con il personaggio biblico di Golia,
ma anche essere la cicatrice
di una reale ferita del pittore.Martirio di sant’Orsola
Nell’ultimo dipinto,
eseguito poche settimane prima di morire,
Caravaggio inserisce di nuovo il proprio volto,
mettendosi nei panni
di un attonito personaggio
che assiste impotente
al brutale assassinio
di una innocente ragazza.
(M.@rt)
Edited by Milea - 18/6/2014, 14:48.