QIN SHI HUANGDI e il suo esercito di terracotta

Il Mausoleo del primo imperatore QIN

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    QIN SHI HUANGDI
    e il suo esercito di terracotta

    Il Mausoleo del primo imperatore QIN



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    (Piana di Lintong - Provincia dello Shaanxi)



    Una settimana, viaggio compreso. Era questa la durata prevista dai funzionari di Pechino per la missione dell’archeologo Yuan Zhongyi nelle campagne di Lintong, a circa 30 chilometri dalla città di Xi’an.
    Al giovane studioso era stato affidato il compito di verificare la notizia del ritrovamento di una statua in terracotta, fatta da un contadino intento a scavare un canale d’ irrigazione nella comune agricola di Yanzhai. Era il 1974 e nessuno si aspettava che quella statua raffigurante un guerriero e dimensioni naturali, fosse appena una minuscola tessera di un incredibile mosaico, quello che componeva la leggendaria sepoltura di Qin Shi Huangdi (259-210 a.C.), primo imperatore della Cina.

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    Sono passati quasi quarant’anni e gli scavi di quello che è ormai noto a tutto il mondo come il mausoleo del primo imperatore Qin continuano tuttora. Yuan Zhongyi, ormai archeologo di fama internazionale, è direttore del museo annesso al sito. Il suo nome resterà nella storia della Repubblica Popolare Cinese, legato alla più importante scoperta archeologica del XX secolo nel continente asiatico.


    La definizione “mausoleo”, tuttavia, appare riduttiva. Nel 2002 si è potuta tracciare una mappa, seppure approssimativa, della vera e propria città sotterranea che si svilupperebbe per un centinaio di chilometri quadrati nella piana a forma di drago, delimitata a nord da una montagna, il Lishan, e a sud dal corso del fiume Wei.

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    Per ora i visitatori possono entrare in tre fosse contenenti le circa 8000 statue che compongono l’esercito di terracotta, messo a guardia dell’imperatore per l’eternità.
    Ognuna delle statue, piena fino alla cintura e vuota nel tronco e nella testa, pesa circa 200 chilogrammi e ha un’altezza compresa tra i 175 e i 197 centimetri: fanti, corazzieri, arcieri, balestrieri, cavalieri, alti ufficiali della guardia imperiale, e poi cavalli e carri da guerra, tutti con una dotazione di armi in legno (decomposte con l’azione del tempo) e metallo, e tutti raffigurati con eccezionale realismo e gusto per il dettaglio. Restano invece intatti altri accessori:punte di freccia, lame di pugnali per il corpo a corpo e campane di segnalazione.
    Benché gran parte dei colori minerali con cui le statue furono dipinte sia svanita col tempo, restano evidenti i tratti somatici e le caratteristiche peculiari - persino le cicatrice o il labbro leporino, oppure l’orecchio mozzato- di ogni modello su cui furono forgiate.

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    Hanno più di duemila anni, ma sembrano “vive”, proprio come –nella follia dell’imperatore- avrebbe dovuto vivere la sua città nell’aldilà, replica dell’impero sul quale aveva governato.
    Il significato delle statue è controverso: alcuni ritengono che rappresentassero le vera guardia imperiale, altri le identificano come mingqi, modellini che fungevano da “surrogati” per evitare il sacrificio di vite umane in occasione della morte dell’imperatore.

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    Questo modellino conservato al museo di Xi’an,
    fornisce un’ipotetica ricostruzione
    della dimora dell’aldilà dell’imperatore.
    Sino ad ora gli archeologi
    non hanno ancora scoperto
    la sua camera funeraria.






    Il tumulo in cui venne sepolto Qin Shi Huangdi, posto in corrispondenza di una falda acquifera e interamente foderato in bronzo, si trova infatti nelle vicinanze di una copia in miniatura del suo palazzo, a sua volta incluso in una cinta muraria del perimetro di circa 12 chilometri.
    In una serie di edifici disposti intorno a cortili, gli archeologi hanno trovato una serie interminabile di camere in cui vennero depositati oro, pietre preziose, oggetti raffinati, cibo e uccelli esotici, e furono sepolti vivi stuoli di concubine, servitori, monaci e giardinieri che avrebbero dovuto allietare il percorso dell’imperatore oltre la morte.

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    Questo carro coperto faceva parte del corredo funerario della fossa2, quella degli ufficiali della guardia imperiale, oltre ai cavalli di terracotta, a sud-ovest del tumulo sono tornati alla luce i resti di 400 equini, probabilmente sepolti vivi, durante il funerale di Qin Shi Huangdi. Muscoli tesi, narici dilatate e criniera scomposta: gli artigiani dell’antica Cina raggiunsero l’apice del talento e del naturalismo nel modellare i cavalli.

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    L’ ”impero sotterraneo” includeva inoltre un vasto cimitero, un modello in scala della capitale della dinastia Qin (nei pressi dell’odierna Xi’an), un planetario in cui le costellazioni erano state riprodotte con preziosissime perle e fiumi di mercurio azionati meccanicamente, a rappresentare i principali corsi d’acqua della Cina.

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    Per realizzare quest’opera grandiosa furono necessari 36 anni e il lavoro di 700.000 schiavi i quali, secondo le leggenda, vennero murati vivi per evitare che svelassero il segreto dei tesori nascosti sottoterra. A ordinarne la costruzione fu, nel 246 a.C., lo stesso Qin Shi Huangdi. Allora aveva 13 anni ed era appena salito al trono del suo clan, i Qin, e nonostante la tenera età, era già ossessionato dalla paura della morte. Se non fosse stato tormentato da questo incubo, che si trasformò col tempo in una malattia e lo portò a circondarsi di maghi, indovini, mistici, alchimisti e ciarlatani di ogni sorta- sarebbe stato ricordato soltanto per le sue indubbie capacità di guerriero, di politico e di amministratore.

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    Qin Shi Huangdi fu l’uomo che per così dire, inventò la Cina. Nel 221 a.C. -dopo essersi liberato di uno scomodo tutore, l’avido Lü Buwei- sottomise i sette signori della guerra di altrettanti clan rivali e si trovò a governare su un territorio vastissimo, popolato dalle genti più disparate.

    Per proteggerlo, cominciò a riunire le grandi muraglie costruite nei secoli precedenti dai diversi Stati in un corpo unico, che sarebbe diventato quello straordinario sistema difensivo noto come “Grande Muraglia”.

    Inoltre abolì il feudalesimo e organizzò l’impero attraverso un complesso sistema burocratico; favorì lo sviluppo dell’agricoltura facendo costruire imponenti canali di irrigazione; unificò i pesi, le misure e la distanza delle ruote dei carri per poter pianificare le strade.

    Impose un’unica moneta (ne venne coniata una in rame con un foro quadrato al centro, che resterà tipica della Cina per molti secoli) e uniformò il sistema di scrittura.
    Dall’altra parte, per la costruzione della sua favolosa tomba -cui il primo imperatore sottometteva la ragion di Stato- era necessario un costante e ingente afflusso di denaro, tanto che il popolo fu vessato da tasse sempre più gravose.

    Qin Shi Huangdi volle inoltre eliminare dalla memoria collettiva gli insegnamenti di Confucio, che nella sua megalomania, considerava un rivale pericoloso.

    Ordinò così che venissero bruciati tutti i volumi della scuola confuciana, e eccezione dei manuali di divinazione, medicina, farmacologia, agricoltura e tecnica della costruzione di giardini.




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    Invecchiando si trasformò sempre più in un despota crudele e la sua ossessione maniacale per la ricerca di una formula magica che gli permettesse di vivere in eterno lo assorbì completamente.
    Ormai affetto da una grave malattia, fisica oltre che mentale, nel 210 a.C. (di ritorno da un viaggio in Giappone, dove, gli era stato detto, avrebbe trovato la pozione dell’immortalità) si spense appena sbarcato sulle coste della Cina meridionale.

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    Il corteo funebre che attraversò gran parte dell’impero, fu maestoso. Raggiunta la tomba, da poco ultimata, il primo imperatore fu tumulato con almeno un migliaio di persone, che dovettero sacrificarsi al suo volere. Poi, l’”impero sotterraneo” fu interamente ricoperto di terra. Da allora quella piana venne coltivata a grano. (M.@rt)

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    « Io ho apportato l'ordine alla folla degli esseri
    e sottomesso alla prova gli atti e le realtà:
    ogni cosa ha il nome che le conviene.
    Io ho distrutto nell'Impero i libri inutili.
    Io ho favorito le scienze occulte,
    affinché si cercasse per me,
    nel paese,
    la droga d'immortalità. »

    (Qin Shi Huang)



    Edited by Milea - 21/7/2014, 10:58
     
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    L'armata di terracotta: i guerrieri a colori


    È un'apparizione fantasmagorica: un esercito di soldati di argilla, a grandezza naturale, a guardia della tomba di un imperatore. Oggi in Cina un'armata di esperti riporta in vita quest'antica visione. La ricostruzione filmata di come appariva questo esercito di soldati di argilla dipinta, a grandezza naturale, sepolti a guardia della tomba di un imperatore di 2.200 anni fa.

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    Lavorando con passione alle nuove scoperte, Yang Jingyi rimuove le ultime tracce di terra prima che il restauro dei nuovi reperti abbia inizio. Man mano che gli scavi si avvicinano al tumulo centrale della sepoltura reale, gli archeologi sperano di svelare i molti misteri della storia di questo esercito di terracotta.

    In una fossa nella Cina centrale, sotto la terra dove un tempo sorgeva il frutteto di cachi del loro villaggio, tre donne di mezza età lavorano curve su un antico puzzle.

    Yang Rongrong, un’allegra signora di 57 anni con i capelli a caschetto, rigira tra le mani callose un pezzo di terracotta e lo inserisce nello spazio giusto.

    Le sue compagne sorridono, appro¬vando sottovoce, come se stessero condividendo un pomeriggio di svago nel loro villaggio vicino alla città di Xian. Yang e le amiche stanno mettendo insieme i pezzi di un rompicapo che ha 2.200 anni, quello dell’esercito di terracotta, parte del famoso (e finora esplorato solo in minima parte) complesso di sepoltura del primo imperatore della Cina: Qin Shi Huangdi.

    A Yang e alle sue compagne di lavoro servono in genere molti giorni per trasformare un cumulo di frammenti d’argilla in un guerriero a grandezza naturale, ma oggi riescono a portare a termine il compito in poche ore. «Non ho un talento particolare», insiste Yang, che lavora a questi puzzle dal 1974, da quando cioè i contadini del suo villaggio, Xiyang, scavando un pozzo per il loro frutteto dissotterrarono alcuni oggetti di ceramica e una testa scolpita. «Ma quasi tutti questi guerrieri sono passati per le mie mani».

    Dopo aver aiutato a ricomporre un esercito di 1.000 soldati, Yang contempla l’ultimo pezzo di oggi: una testa d’argilla avvolta in un foglio protettivo di plastica.

    Attraverso la plastica si notano tracce di colore rosa e rosso, tinte brillanti che danno un’idea dell’originale splendore dell’esercito di terracotta.

    Le figure monocrome che i visitatori del museo dell’esercito di terracotta di Xian ammirano oggi scaturirono da una sgargiante fantasticheria e furono create per volontà di un sovrano la cui grandiosa ambizione era di regnare anche nella vita ultraterrena. Primo imperatore ad aver unificato la Cina sotto un’unica dinastia, Qin Shi Huangdi fece molto nel suo regno terreno, dal 221 al 210 a.C.

    Oltre a dare inizio alla costruzione della Grande Muraglia, questo tiranno riformatore uniformò la scrittura nazionale, la moneta e il sistema di misura.

    Nel frattempo l’imperatore si preparava per la vita ultraterrena, ordinando la costruzione di un sepolcro monumentale di 90 chilometri quadrati. L’esercito d’argilla di Qin non era certo una processione monotona di soldati e cavalli, ma piuttosto la manifestazione di una potenza soprannaturale dai colori chiassosi e brillanti: rosso e verde, porpora e giallo.


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    Purtroppo non sempre i colori hanno resistito alla prova del tempo o all’azione dell’aria. Spesso infatti, negli scavi precedenti, gli archeologi hanno assistito impotenti alla disgregazione della pittura nell’aria secca di Xian. Uno studio ha dimostrato che una volta esposta all’aria la lacca sotto la pellicola pittorica comincia a sollevarsi dopo 15 secondi e si stacca dopo quattro minuti.

    Oggi fortunate coincidenze e nuove tecniche di conservazione hanno permesso di svelare i colori originali dell’esercito di terracotta. Lo scavo del sito più famoso di Xian, noto con il nome di fossa n. 1, ha consentito il ritrovamento in tre anni di più di 100 soldati, alcuni dei quali ancora dipinti: capelli neri, facce rosa, occhi neri o marroni.

    Gli esemplari meglio conservati sono stati ritrovati nel fondo della fossa dove uno strato di fango ha preservato il colore, agendo come una sorta si trattamento di bellezza durato 2.000 anni.

    L’ultima campagna di scavi della fossa n.1 è stata bruscamente interrotta nel 1985, dopo il furto della testa di un guerriero da parte di un operaio, che fu poi giustiziato per il reato: testa per testa, si potrebbe dire.

    Nella lunga interruzione che ne è seguita, i ricercatori cinesi hanno lavorato con gli esperti dell’Ufficio di Stato bavarese per la conservazione del patrimonio storico tedesco per mettere a punto il PEG, un prodotto per la conservazione che aiutasse a preservare i colori dei guerrieri.

    Così negli scavi più recenti, una volta dissotterrati, i manufatti dipinti vengono subito consolidati con una soluzione spray e racchiusi in una pellicola di plastica per mantenere l’umidità e rallentare l’evaporazione del prodotto. I pezzi che presentano una policromia particolare (e la terra che li ricopre) vengono portati in un laboratorio in sito per ulteriori trattamenti. Con grande soddisfazione di tutti, per fortuna queste moderne tecniche aiutano a salvare gli antichi colori.


    I GUERRIERI A COLORI - VIDEO



    In una stretta trincea nella parte nord della fossa n.1, l’archeologo Shen Maosheng mi porta tra quelli che sembrano essere zaini di terracotta disseminati lungo il terreno rossastro. Si tratta in realtà di faretre d’argilla ancora piene di frecce di bronzo. Shen e io aggiriamo i resti di un carro appena scavato e ci fermiamo vicino a un foglio di plastica. «Vuoi vedere una vera scoperta?», chiede.

    Sollevando il foglio di plastica, Shen scopre uno scudo lungo un metro. Il legno è marcito ma la sua delicata decorazione e i colori brillanti - rosso, verde e bianco - sono impressi nella terra.

    A poca distanza c’è un tamburo militare ancora intatto; il magnifico motivo della sua pelle, le linee rosso vivo, sottili come capelli, sono impresse nel suolo. Questi manufatti, che si aggiungono alle tracce lasciate dalla seta finemente lavorata e dai tessuti di lino trovati nello stesso posto, danno un’idea della fioritura della cultura artistica sotto la dinastia Qin e della vibrante tavolozza di colori utilizzata nel periodo.

    Purtroppo la pellicola pittorica originale tende ad aderire al terreno più facilmente che alla lacca di base. Ed è per questo che, vista la varietà di colori e la qualità artistica di queste tracce, gli esperti cinesi stanno cercando di conservare la terra stessa.

    «Trattiamo la terra come se fosse un manufatto artistico», dice Rong Bo, il capo del dipartimento di chimica del museo, che ha contribuito a mettere a punto un legante, un futuro brevetto, che tenga insieme il terriccio così che i colori in esso impressi non vadano persi. La prossima sfida consisterà nel trovare un metodo efficace per riproporre questi colori sui guerrieri.

    Giù nella fossa n. 1, Ronyrong stringe le cinghie che tengono insieme i pezzi del suo guerriero ricostruito. La testa del soldato, ancora avvolta nella plastica, è ornata da gocce di umidità. I colori realistici dell’incarnato sono stati conservati e il suo corpo sarà esposto nel museo, con tutte le crepe e le fessure provocate da 2.200 anni passati sotto terra. Il lavoro manuale di Yang è visibile in ogni statua.

    «Non è niente di speciale», dice con un modesto sorriso, e con questo lei e le amiche del villaggio riprendono il lavoro, mettendo insieme i pezzi del puzzle sotto le radici di quelli che, una volta, erano gli alberi di cachi del loro frutteto. Questa fotogallery è un estratto del servizio pubblicato su National Geographic Italia giugno 2012


    Le tracce di colore su questo braccio di un soldato di fanteria danno un’idea della decorazione a tinte vivaci al momento della sepoltura, avvenuta più di 2.200 anni fa. Questo frammento riproduce una tipica armatura dell’epoca: il cuoio laccato era tenuto insieme da lacci rossi. La mano impugnava un’arma.


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    Il volto veniva plasmato tra decine di stampi diversi. Lo scultore aggiungeva i dettagli in seguito, scegliendo tra una gamma di acconciature, orecchie, sopracciglia, baffi e barbe. Anche il corpo veniva creato con diverse combinazioni di parti. Nel complesso le figure ultimate davano l’impressione di un’infinita varietà, come in un vero esercito.


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    Nella vita reale un soldato semplice probabilmente era vestito di canapa, mentre gli ufficiali indossavano vestiti di seta. L'esercito non aveva uniformi: i guerrieri combattevano con i propri abiti.


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    In genere la pelle era dipinta in color cuoio, come qui, o in ua sfumatura di rosa - una delle facce però sfoggia una bizzarra tinta verde.


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    Come si vede in questo frammento di terracotta, le armature dei guerrieri curvavano come le tegole di un tetto fin sopra il braccio. Sotto gli uomini indossavano un cappotto lungo fino al ginocchio con una cintura in vita


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    Il bianco degli occhi e altri dettagli lasciano intuire quanta personalità la pittura riuscisse a conferire a questi volti.

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    Fonte





    Edited by Kolisch11 - 12/6/2012, 13:11
     
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    In Cina scoperti
    altri 110 guerrieri di terracotta






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    Altri 110 guerrieri di terracotta. Sono stati scoperti nel corso degli scavi presso il mausoleo dell'imperatore Qin, nella città di Xian, Shaanxi, Cina nord-orientale. Rispetto alle 8mila statue rinvenute nel 1974, questa volta, in alcuni casi, anche gli elementi esterni di pittura delle opere sono in ottimo stato di conservazione. Nel ritrovamento sono stati trovati 12 cavalli e altre parti degli armamenti, oltre a uno scudo (di un soldato vero) della dinastia Qin (circa 200 a.C), coevo dei guerrieri.


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    Fonte



    Edited by Kolisch11 - 12/6/2012, 13:10
     
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