I MOAI del Parco Nazionale di RAPA NUI

Cile, Isola di Pasqua

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    I MOAI
    del Parco Nazionale di RAPA NUI



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    Isola di Pasqua - Cile



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    Convinto che il popolamento della Polinesia fosse partito dell’America meridionale, per opera di avventurosi navigatori che con rudimentali imbarcazioni erano riusciti a spingersi fino a quelle lontane isole del Pacifico, nel 1947 l’esploratore e archeologo norvegese Thor Heyerdahl organizzò una spregiudicata spedizione. A bordo del Kon Tiki, un’imbarcazione di balsa identica a quelle degli aborigeni, percorse gli 8.000 chilometri che separano la costa peruviana dall’atollo di Raroia, nell’arcipelago delle Tuamotu.

    Forte di quel successo, otto anni più tardi volle dimostrare che la stessa cosa era accaduta per l’Isola di Pasqua, una solitaria formazione vulcanica triangolare, distante quasi 4.000 chilometri dal più vicino approdo abitato.
    Arrivati sul posto, Heyerdahl e compagni avviarono il primo scavo archeologico dell’isola, scoprendo, tra l’altro, che un tempo era ricoperta di foreste, prima di essere completamente disboscata dai suoi abitanti.

    La datazione di alcune statue al carbonio 14, dimostrò che era stata popolata dal 380 d.C. circa, almeno un millennio prima di quanto si pensasse. Gli abitanti sostenevano però che, secondo la tradizione, i loro antenati provenivano dal lontano Oriente.

    Con il passare degli anni, approfonditi studi di archeologia e di antropologia fisica e genetica confermarono che Heyerdahl era in errore. Fu il navigatore Jacob Roggeveen a dare all’isola quel nome, poiché l’aveva avvistata nel giorno di Pasqua del 1722, e solo più tardi fu chiamata Rapa Nui da un gruppo di navigatori tahitiani che vi ravvisarono un certa somiglianza con Rapa Iti, un isolotto della Polinesia francese. Ma per la popolazione locale era “Te Pito O Te Henua”, “il vascello del mondo”.


    rapanui



    Polinesiani erano stati anche i suoi originari colonizzatori, che dal V secolo in poi cominciarono a svilupparvi una cultura complessa ed enigmatica. Questa produsse, tra l’altro, il rongorongo, l’unica lingua scritta dell’Oceania. Sull’isola sono state rinvenute numerose incisioni rupestri, così come resti di abitazioni, luoghi di culto, sculture in legno, tapa (abiti di corteccia d’albero), oggetti di artigianato.
    Ma Rapa Nui è famosa soprattutto per i moai, gigantesche teste scolpite nella roccia, almeno 288, che erano un tempo eretti su basamenti chiamati ahu, che trovano analogie nella cultura polinesiana.

    rapanui1



    Circa 250 moai delineano tutto il perimetro dell’isola, mentre altri 600, in diversi stadi di lavorazione, sono sparsi disordinatamente lungo la costa e nei pressi del vulcano Rano Raraku, dove si trovano le cave in cui vennero scolpiti.
    Realizzati in prevalenza tra l’anno 1000 e il 1650, alti da 2 a un massimo di 10 metri di altezza, raggiungono le 80 tonnellate di peso, ma uno di essi, parzialmente scolpito nel suo letto roccioso, è grande il doppio e se ultimato, sarebbe pesato circa 160 tonnellate.

    Il moai Ahu Ko Te Riku
    è caratterizzato dal blocco di pietra lavica, detto pukao, sul capo


    ahukoteriku



    Secondo l’opinione più accreditata, dovevano avere un significato religioso, poichè impersonavano i mana, gli spiriti degli antenati, in accordo con la tradizione polinesiana.
    Per altri sarebbero simboli dell’autorità, sia religiosa che politica. La società di Rapa Nui prosperò per secoli, ma con il crescere della popolazione arrivò inesorabile, il declino. Al suo apice l’isola doveva avere ormai circa 10.000 abitanti, troppi per quei 120 chilometri quadrati.
    Già nel XV secolo il fragile ecosistema era compromesso al punto che non c’erano più alberi per costruire le canoe. Gli ultimi vennero tagliati per fare spazio alle coltivazioni.

    chilemoais



    Scoppiarono contrasti fra clan che portarono a una frattura nel tessuto sociale, fino a vere e proprie battaglie e ,da ultimo, al cannibalismo. L’arrivo degli europei peggiorò la situazione; portarono malattie e molti abitanti di Rapa Nui furono deportati dagli equipaggi delle navi per essere venduti come schiavi, tanto che nel 1877 la popolazione –oggi ritornata a circa 2000 abitanti, tra i quali però molti cittadini di origine continentale- era ridotta a 111 unità. Ma il collasso interno era già avvenuto, così violento e irreversibile che oggi la storia di Rapa Nui è considerata il simbolo della catastrofe ecologica. (M.@rt)

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    Edited by Milea - 21/7/2014, 21:07
     
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