MICENE

Grecia, Distretto dell’Argolide (Peloponneso)

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    MICENE


    miceneargolide

    Grecia, Distretto dell’Argolide (Peloponneso)



    spillonemicene


    “Annuncio esultante a Sua Maestà di aver scoperto le tombe che secondo la tradizione appartengono ad Agamennone, a Cassandra, a Eurimedonte e ai loro compagni. Nei sepolcri ho rinvenuto immensi tesori, che da soli potrebbero illustrare il più splendido dei musei”.


    Così il 6 dicembre 1876 Heinrich Schlieman scriveva a re Giorgio I di Grecia. L’archeologo tedesco era in febbrile agitazione: aveva già ottenuto strabilianti risultati, che davano ragione alla sua intuizione.
    Aveva infatti seguito alla lettera le indicazioni contenute negli scritti di Pausania, viaggiatore e cronista romano del II secolo d.C. , il quale identificava la città come patria degli Achei che avevano mosso guerra a Troia, come narrato da Omero nell’Iliade.



    Spillone in oro e argento,
    rinvenuto sul corpo di una defunta,
    sepolta nella Tomba III.




    Quel giorno aveva potuto tenere fra le mani una meravigliosa maschera in lamina d’oro sbalzato, appena estratta da una tomba. “Ho visto il volto di Agamennone!”, farfugliava. Risalente al la seconda metà del XVI secolo a.C., il reperto è conservato al Museo Nazionale di Atene.

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    Sebbene in molti lo considerassero un rozzo autodidatta e un losco figuro che riuniva in sé le peggiori caratteristiche del mercante, Schlieman ha avuto l’indubbio merito di aprire un nuovo mondo alle ricerche archeologiche, ponendo le fondamenta della via che avrebbe svelato la più importante civiltà della preistoria greca, fiorita tra il XVI e il XII secolo a.C. Di Micene in verità, già si conosceva l’esatta ubicazione da una trentina d’anni. Su un pianoro stretto tra due picchi dei monti di Eubea, in Argolide, era stata trovata la sobria e monumentale Porta dei Leoni (cosiddetta per i due animali stilizzati scolpiti a bassorilievo sulle colonne che sorreggono l’architrave a forma di triangolo) e parte della ciclopica cinta muraria che si sviluppa per un perimetro di oltre un chilometro con uno spessore di 6-8 metri.

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    Ma a Schliemann quelle mura non interessavano, né considerava importanti i resti del palazzo reale, di luoghi di culto, abitazioni e granai. Egli scavò grossolanamente larghe trincee attraverso di essi, facendo sì che andassero perdute preziose testimonianze dell’ultimo e del medio periodo miceneo.
    Ciò permise però di scoprire il Circolo Funerario A conteneva sei tombe reali, profonde da uno a 4 metri, racchiuse in una doppia cinta muraria circolare; in esse erano custoditi 19 corpi e vi sono stati rinvenuti tesori funerari per un totale di 14 chilogrammi d’oro.
    Il Circolo Funerario B conteneva 25 sepolture, delle quali 14 reali è situato appena fuori dalla Porta dei Leoni, e comprende la cosiddetta “tomba di Agamennone”.

    Molto meno elaborato della maschera detta di “Agamennone”,
    quest’esempio risale al XV secolo a.C.

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    (Museo Archeologico di Atene)




    I due complessi, risalenti rispettivamente al XV e al XVI secolo a.C., presentano tombe a camera, scavate nella roccia, e altre a tumulo. In esse Schliemann rinvenne gioielli, maschere e vasi d’oro e d’argento decorati prevalentemente con motivi astratti, frammenti di capi di vestiario e beni provenienti da luoghi lontani come la Nubia, l’Anatolia, la Siria e la Mesopotamia che dimostravano l’alto grado di civilizzazione e ricchezza del primo periodo miceneo.

    Sull’onda dell’entusiasmo, e sempre usando come “guida” i miti omerici, nel 1884 Schliemann, aiutato da Wilhelm Dörpfeld, intraprese una nuova campagna di scavi in Argolide, portando alla luce la città perduta di Tirinto, che nell’Iliade ha per re Diomede. Anche Tirinto ha mura articolate (che si estendono per 700 metri e raggiungono gli 8 di spessore, racchiudendo una serie di celle e corridoi), un vasto palazzo reale e un piano urbanistico con peculiari caratteristiche stratigrafiche che la legano indissolubilmente a Micene sin dagli albori della civiltà micenea.

    Una scena di caccia al leone, realizzata in oro e argento
    orna questa lama di pugnale in bronzo,
    scoperta nel Circolo Funerario A e risalente al XVI secolo a.C.

    coppay

    Rinvenuta nella Tomba IV dello stesso Circolo, la “coppa di Nestore”,
    alta 14,5 centimetri, presenta manici terminanti con due figure di animali
    che sembrano mordere il bordo o abbeverarsi ad esso.




    Agli occhi del visitatore, le rovine di Micene e Tirinto non hanno lo stesso fascino di altre raffinate e “recenti” aree archeologiche della Grecia.
    Ma per gli archeologi esse rivestono un significato fondamentale ai fini della comprensione della civiltà ellenica, figlia di quella micenea e, anche se a denti stretti, essi devono ringraziare quel “visionario” di Schliemann…

    Il tholos (costruzione rotonda o a cupola pseudo-ovale) della tomba di Clitennestra,
    una delle nove sepolture a cupola di Micene, risale alla fine del XIV secolo a.C.


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    Le più belle tombe micenee ( in alto il Tesoro di Atreo, in basso la tomba di Clitennestra),
    sono precedute da un lungo dromos, o via sacra.


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    Dalla Porta dei Leoni, la Grande Rampa, dotata di tratti gradinati,
    portava al palazzo reale degli Atridi.


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    Inquadrata da quattro colossali monoliti, la Porta dei Leoni consta di un triangolo di scarico, sul quale sono scolpiti in bassorilievo due leoni stilizzati, posti ai lati di una colonna. Sobria e severa, rappresenta, nel suo insieme, l’espressione più elevata dell’architettura micenea. (M.@rt)


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    Edited by Milea - 21/7/2014, 19:59
     
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