Il 2 maggio 1945 quando la Germania capitolava Mengele che si era tolto la divisa delle SS si aggregò ad un ospedale da campo in fuga dai russi.
Qui Mengele ebbe una relazione con un'infermiera alla quale affidò i suoi documenti di Auschwitz affinché li facesse arrivare a Günzburg.
Pochi giorni dopo l'intero ospedale veniva catturato dagli americani presso Weiden.
Mengele venne registrato con il suo vero nome, ma nessuno si curò di lui: solo verso la fine del 1945 venne spiccato il primo ordine di ricerca per crimini di guerra.
Mengele assunse una nuova identità con documenti falsificati: il 30 ottobre 1945 con il nome di Fritz Hollmann abbandonava il campo di prigionia.
Trovò lavoro come bracciante in una fattoria di Mangalding vicino Rosenheim in Baviera.
Qui rimase tre anni e nell'ottobre 1948 chiese alla sua famiglia che l'aiutasse ad espatriare in Sud America.
I preparativi per la fuga durarono diversi mesi.
Il procuratore della famiglia Mengele, Hans Sedlmeier, organizzò la fuga in ogni particolare.
Il 17 aprile 1949 Mengele raggiunse la frontiera tra Italia ed Austria e la varcò grazie all'aiuto di una guida alpina aggirando il confine.
A Vipiteno Mengele trovò un altro inviato della famiglia che gli consegnò nuovi documenti, denaro proveniente dalla filiale della ditta "Mengele" (la ditta del padre) di Merano e, soprattutto, il libro di appunti scientifici di Auschwitz e numerose diapositive scattate alle sue vittime.