Chi conobbe Mengele a metà degli anni '60 lo descrisse come un "ometto anziano con i baffi mangiati" a causa di un tic nervoso che lo induceva a mordicchiarsi la peluria che con cura si era fatto crescere per camuffare il largo spazio tra gli incisivi, che lo rendeva più facilmente riconoscibile.
In Europa, intanto, i sopravvissuto di Auschwitz serravano le fila, iniziando a far affiorare testimonianze agghiaccianti sul suo conto.
"Presero me, mia mamma e mia sorella gemella.
Ci rinchiusero in una gabbia con altre due gemelle.
Non c'era spazio per muoversi.
Eravamo trattate come bestie, anzi peggio"
raccontò un'ex prigioniera.
"Persino la mano non si poteva tirar fuori perchè le maglie della gabbia erano molto strette.
Mengele veniva quotidianamente e ci iniettava non so quale sostanza.
Dopo quelle iniezioni avevo tutto il tempo voglia di vomitare.
Mia sorella viveva in una specie di coma, era completamente fuori di sè.
Facevamo i nostri bisogni come animali nella gabbia, che non aprirono mai.