Le opere di GIUSEPPE VERDI: colonna sonora del Risorgimento

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1.     +1   Like  
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    3,875

    Status
    Offline

    verdievittorioemanuele
    Verdi e Vittorio Emanuale II


    Verdi l'è mort!
    Verdi l'è mort!


    Di corsa per i campi, un gobbo vestito
    da scalcagnato Rigoletto, nota comica
    nella tragedia, grida la notizia: don
    Peppino se n'è andato.

    E con lui se ne va un secolo determinante
    per trasformare "un'espressione geografica"
    in un Paese chiamato Italia.

    Inizia così "Novecento" di Bernardo Bertolucci.

    E' il 27 gennaio 1901, in una fattoria dell'Emilia
    nascono due bambini, uno figlio dei padroni,
    l'altro dei fattori, destinati a diventare
    amici-nemici, ciascuno a portare avanti
    la lotta della propria classe.

    Lo stesso giorno a Milano muore il compositore
    più amato, colui che con la sua musica non
    solo ha consegnato ai posteri pagine
    immortali, ma ha contribuito a creare
    quell'identità culturale necessaria per
    la nascita di una nazione.

    Le sue opere, le sue romanze, i suoi cori,
    sono stati la colonna sonora del nostro
    Risorgimento, il veicolo popolare, immediato,
    ad alto tasso emotivo per trasmettere e
    diffondere ideali patriottici, dar fiato a
    sogni rivoluzionari.

    Tanto da trasformare il suo nome in un
    acronimo di libertà, quel "Viva Verdi!" che,
    gridato nei teatri, significava per tutti
    "Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia!".

    Tanto da spingere Felice Cavallotti a riunire
    Verdi, Mazzini e Garibaldi in una "triade
    gloriosa che benedisse il sogno dell'Unità d'Italia"


    vivaverdi

     
    .
  2.     +1   Like  
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    3,875

    Status
    Offline

    giuseppeverdinelsuostud
    Achille Beltrame, Giuseppe Verdi
    nel suo studio, illustrazione tratta
    da «La Domenica del Corriere».



    In questo senso il grande compositore
    di Busseto fu il nume sommo di un
    melodramma specchio della storia e
    della società ottocentesca.

    Un'arte cardine del tempo, capace di
    riflettere nobiltà, borghesia, popolo e
    intersecarli parlando a orecchie e
    cuori i più disparati.

    Arte "alta" e popolare insieme, che ha
    il suo habitat naturale nei teatri, l'agorà
    della società del tempo, che pur scanditi
    nella ferrea divisione in platea, palchi,
    loggione, si trasformano grazie al
    travolgente potere dell'opera in luoghi
    di incontro e scontro di idee, speranze
    ed eroici furori.

    Ad accenderli, insieme con la forza
    romantica della musica, i testi di libretti
    che, occupandosi di vicende storiche o
    leggendarie lontane e "straniere",
    potevano permettersi di spendere a
    man bassa parole viste altrimenti con
    sospetto quali "patria", "unità",
    "libertà".

    Termini di immediato impatto da cantare
    all'unisono, dal palcoscenico al loggione
    e da "tradurre" in riferimenti precisi,
    consoni a una situazione ben più
    vicina e sofferta.

    Una sorta di comunicazione artistica
    "in codice" capace di farsi beffe della
    censura austriaca e di lasciar fluire
    sentimenti e pulsioni altrimenti soffocate.

     
    .
  3.     +1   Like  
     
    .
    Avatar

    Advanced Member

    Group
    Member
    Posts
    3,875

    Status
    Offline

    nabuccolibrettodellapri


    Ma nell'opera furono soprattutto i cori
    a farsi strumenti palpitanti di partecipazione
    ed emancipazione democratica e culturale
    per un popolo allora poco alfabetizzato, per
    la prima volta sollecitato a partecipare alla
    costruzione di una nuova storia, prima di
    allora appannaggio solo di aristocratici
    e alto borghesi.

    A differenza delle arie liriche, che spesso
    sollecitano le grandi pulsioni dell'inconscio,
    di un'adesione consapevole e collettiva
    a quello che sta avvenendo in scena.

    Autori come Verdi, Rossini, Donizetti,
    Bellini, diventarono così punti di
    riferimento politico.

    Il più emblematico dei cori resta
    il "Va' pensiero".

    Terza opera di Verdi, "Nabucco" si snoda
    su un intreccio che è quanto più lontano
    dalla situazione del 1842, quando andò
    in scena per la prima volta alla Scala,
    subito accolto con un successo clamoroso.

    Perchè in quella vicenda di ebrei soggiogati
    dai babilonesi il pubblico si riconobbe e
    si unì simbolicamente alla sofferenza degli
    oppressi che trova il suo momento più alto
    nel coro, sui versi di Temistocle Solera.

    La "patria perduta" del popolo d'Israele
    venne subito letta come l'Italia da far risorgere.

    Nato come vessillo di rivendicazioni libertarie,
    "Và pensiero" è stato in seguito, a più
    riprese, impropriamente rivendicato come
    alternativa di inno nazionale, quando in
    realtà il lamento del popolo che ha perso
    la patria poco si addice a rappresentare
    un Paese di compiuta unità.