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Ludwig van Beethoven
Bonn, 16 dicembre 1770
Vienna, 26 marzo 1827
Il tardo pomeriggio del 7 maggio 1824,
il compositore Ludwig van Beethoven
lasciò il suo appartamento al terzo
e ultimo piano del caseggiato chiamato
Zur schoenen Sklavin (Alla bella schiava)
nella Landstrasse 323 a Vienna.
In sua compagnia vi erano il suo amico,
segretario e collaboratore Anton Schindler
(che sarà poi il suo primo biografo) e
l'irrequieto nipote Karl van Beethoven,
divenuto suo figlio adottivo.
A passo lento, impiegarono non più di
quindici minuti per arrivare al
Kaerntnertor Theater (Teatro di Porta
Carinzia), dove avrebbe avuto luogo
la prima mondiale dell'ultima sinfonia
di Beethoven, la numero nove in re minore.
Si trattava di un evento a lungo atteso nella
capitale dell'impero austro-ungarico, visto
che la precedente sinfonia, la numero otto
in fa maggiore, era stata presentata
sempre a Vienna quasi dieci anni prima,
il 27 febbraio 1814.
"L'ultima notizia da Vienna è che Beethoven
sta per dare un concerto in cui presenterà
la sua nuova sinfonia, tre tempi della sua
nuova messa e una nuova ouverture",
scrisse il 31 marzo 1824 il ventisettenne
Franz Schubert a un amico.
Si sapeva che questa nuova sinfonia era molto
più lunga rispetto alle prime otto e che conteneva
parti solistiche corali e vocali, fatto che non
aveva assolutamente precedenti nella
letteratura sinfonica.
Queste novità fecero crescere la curiosità
dei viennesi a livelli davvero inusuali.. -
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Beethoven aveva completato la sua sinfonia
più o meno un mese prima della lettera
di Schubert.
Il 10 marzo 1824 scrisse alla casa editrice
musicale Bernhard Schott di Mogonza
proponendo "una nuova grande sinfonia
che termina con un finale (nello stile della
mia fantasia per pianoforte e con coro,
ma ben più grandiosa per contenuto) con
solisti e coro di voci, le cui parole sono
tratte dall'immortale e famoso LIED
di Schiller Alla gioia".
Quando ebbe portato a termine la Nona
sinfonia, Beethoven sapeva sicuramente
che essa avrebbe provocato reazioni
forti o addirittura perplessità e stupore
ancora più grandi di quanto non avessero
fatto i suoi lavori precedenti, anche
perchè, come si è già accennato, non
si era mai ascoltata un'opera sinfonica
che terminasse con un motivo vocale,
cantato da quattro solisti (un soprano,
un contralto, un tenore e un basso) e
un folto coro d'accompagnamento.
Il testo poetico da cantare, scelto da
Beethoven, era l'Inno alla gioia (An
die Freude), scritto nel 1786 da Johann
Christoph Friedrich von Schiller, una lirica
nella quale la gioia era da intendere non
certo come semplice spensieratezza e
allegria, ma come risultato cui l'uomo
poteva giungere seguendo un percorso
graduale che lo liberasse dal male, dall'odio
e dalla cattiveria.
La Nona non sarebbe stata l'unica opera
di Beethoven proposta al pubblico viennese,
visto che all'interno di quella "accademia"
(così venivano chiamati i concerti musicali
nei primi decenni del XIX secolo), sarebbero
stati eseguiti anche l'ouverture - Die Weihe
des Hauses (La consacrazione della casa) -
che avrebbe aperto il programma - e
"tre grandi inni", ossia le sezioni del Kyrie,
del Credo e dell'Agnus Dei della Missa
Solemnis, la composizione di musica
religiosa di gran lunga più significativa
che Beethoven avesse mai composto.. -
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Henriette Sontag
Quando apparve Beethoven, gli ascoltatori
erano già arrivati alla spicciolata al Kaerntnertor
Theater (un tipico teatro all'italiana costruito a
ferro di cavallo) dove solo i palchi erano riservati
mentre i posti in platea e in galleria venivano
occupati man mano che il pubblico entrava.
I quarantadue elementi dell'orchestra del
Kaerntnertor Theater, a detta di molti, costituivano
a quel tempo il migliore ensemble di professionisti
di Vienna, ma la compagine non era numericamente
sufficiente per soddisfare le esigene della nuova sinfonia.
Per questo Beethoven aveva richiesto una più ampia
sezione degli archi e due solisti per molte parti singole
dei fiati, oltre a un timpanista e tre percussionisti, il
che portò probabilmente l'organico strumentale ad
un numero che andava dagli 85 ai 99 elementi.
Non sappiamo neanche quale fosse il numero
esatto dei coristi, che variava tra gli 80 e i 120
elementi.
Il 6 maggio, alla prova generale, il compositore
si era messo all'entrata degli artisti e aveva
abbracciato uno per uno tutti quegli orchestrali
e quei coristi dilettanti che avrebbero partecipato
gratis all'avvenimento.
Ma se gli orchestrali e i coristi potevano non
essere all'altezza delle pretese di Beethoven,
la stessa cosa non si poteva dire per le quattro
voci soliste.
Il giovane soprano Henriette Sontag era già
una star di prima grandezza e nel giro di pochi
anni sarebbe diventata la Maria Callas della
sua epoca, idolatrata ovunque si esibisse.
Caroline Unger
Il contralto Caroline Unger, che aveva solo
qualche anno in più della Sontag, quanto a
celebrità non le sarebbe stata da meno: anche
Gaetano Donizetti e Vincenzo Bellini avrebbero
scritto ruoli operistici espressamente per lei.
Inoltre, sei mesi prima del debutto della Nona
sinfonia, il tenore Anton Haizinger aveva
vantato nel ruolo principale nella prima
mondiale dell'opera di Carl Maria von Weber
Euryanthe, che si era tenuta sempre al
Kaerntnertor Theatre.
Il basso Joseph Seipelt, l'esponente più anziano
(aveva 37 anni) era il meno accreditato del
quartetto vocale e aveva rimpiazzato all'ultimo
momento il ben più celebre collega Joseph Preisinger,
che non era stato in grado di affrontare le note più
acute previste per la sua parte.
Anton Haizinger. -
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Il Kaerntnertor Theater di Vienna
in una stampa austriaca del 1830.
Per quanto riguarda la direzione d'orchestra,
non bisogna pensare che ai tempi di Beethoven
esistesse la figura del direttore come la intendiamo
noi, con tanto di podio e l'immancabile bacchetta
(a proposito di quest'ultima, sarebbe stata
"inventata" solo qualche anno più tardi dal
compositore e violinista tedesco Louis Spohr).
Ad ogni modo, l'amico di Beethoven, Ignaz Schuppamzigh,
un buon violinista di quarantasette anni, che aveva
preso parte alle prime esecuzioni di molti pezzi
cameristici e orchestrali di Beethoven, avrebbe
"condotto l'orchestra".
Vale a dire che probabilmente sarebbe stato su
una pedana leggermente rialzata davanti ai
musicisti, di volta in volta suonando il violino
o usando l'archetto per dare gli attacchi o altre
indicazioni agli orchestrali.
Inoltre, Michael Umlauf, violinista e compositore
di quarantadue anni che Beethoven considerava
affidabile, avrebbe "diretto il tutto", il che
significa che anche lui avrebbe dato gli attacchi,
ma avrebbe avuto anche la responsabilità di
coordinare l'orchestra, il coro e i solisti.
Infine la locandina del concerto annunciava che
lo stesso Beethoven avrebbe preso parte alla
"direzione dell'insieme", una prospettiva a dir
poco terrificante sia per chi eseguiva, sia per
chi ascoltava, data la notoria sordità del
compositore e la complessità delle opere che
venivano presentate.
Comunque, a quanto si sa, il ruolo di Beethoven
si sarebbe limitato all'indicazione del tempo di base
all'inizio di ogni tempo, e non è del tutto inverosimile
immaginare che Umlauf e Schuppanzigh avessero
dato istruzione ai musicisti, ai coristi e ai solisti di
non prestare molta attenzione al compositore, se
mai Beethoven fosse intervenuto in altri momenti,
poichè egli avrebbe potuto facilmente far precipitare
le cose nel caos.
Ignaz Schuppanzigh Danhauser. -
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Al giorno d'oggi, chi ricorda l'impressione provata
la prima volta che ha ascoltato la Nona, probabilmente
farà fatica ad immaginare l'effetto che essa provocò
sul pubblico il 7 maggio 1824.
Indubbiamente, quest'opera sinfonica ci commuove
di più oggi di quanto non potesse fare nel 1824,
innanzitutto perchè perfino la più scalcinata delle
nostre orchestre di professionisti è sicuramente in
grado di suonarla molto meglio, ma anche per
il fatto che, su un'opera creata molto tempo fa e
che per decenni è stata oggetto di venerazioni,
si sono stratificati ulteriori piani di emozioni, di
riflessioni, di considerazioni.
Per noi questa sinfonia è uno straordinario organismo
musicale ancora pulsante di vita e, allo stesso tempo,
una pietra miliare nella storia della civiltà; per
l'ascoltatore del 1824 non era ancora un capolavoro
immortale e rappresentava invece un'opera musicale
particolarmente difficile da affrontare.
Ciò non toglie che il pubblico della "prima" abbia salutato
con grande calore l'ultimo lavoro del Maestro.
Alla fine (o, secondo alcune fonti, dopo il secondo tempo)
si levò un enorme applauso, ma Beethoven, con la testa
continuamente immersa nel manoscritto, nella sua sordità
non si rese conto delle ovazioni, fino a quando il contralto
Caroline Unger, tirandolo gentilmente per la manica, non
lo fece girare e guardare la folla che batteva le mani e
agitava fazzoletti e cappelli.
Fu allora che il compositore, commosso, s'inchinò riconoscente.
Ma l'entusiasmo dei primi ascoltatori e di molti dei critici
presenti fu quasi certamente suscitato dalla forza di quella
musica e dal rispetto generale che circondava l'anziano
compositore (a 53 anni, Beethoven aveva già superato
di una decina di anni la durata media della vita di un
viennese agli inizi dell'Ottocento), più che dalla effettiva
comprensione della novità e dell'importanza di quell'opera.
"Senza dubbio ha dato ai vecchi parrucconi qualcosa su
cui scuotere la testa", scrisse Carl Czerny, ex allievo di
Beethoven e maestro della didattica per pianoforte.
"In questa nuova sinfonia soffia uno spirito talmente
fresco, vitale, veramente giovane, una potenza,
un'innovazione e una bellezza così grandi come
mai (sono uscite) dalla mente di quest'uomo geniale".. -
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Ma se il pubblico di quel 7 maggio 1824 e quello
delle repliche non riuscirono a percepite fino
in fondo la rivoluzione musicale a cui avevano
assistito, il messaggio d'amore univerale
contenuto nell'inno di Schiller fu colto in buona parte.
Beethoven era uno strano misantropo: se odiava
gli uomini presi singolarmente (a cominciare
dai suoi domestici, che spesso prendeva a calci
nel sedere), amava il concetto di umanità nel
suo insieme.
E proprio questo canto d'amore, di fratellanza,
di unione (che l'avrebbe fatto diventare l'inno
ufficiale della Comunità europea) rappresentò
un atto creativo davvero unico nel suo genere,
se rapportato alla politica restauratrice e
ultraconservatrice che dominava in Europa
nei primi decenni dell'Ottocento.
Certo, se l'imperatore d'Austria Francesco II
fosse stato presente a Vienna e avesse
assistito alla prima della Nona sinfonia, non
avrebbe accolto con favore quel suo
messaggio di fratellanza e gioia, e quello
implicito di libertà, contenuto nel finale.
Lui e tutti gli altri sovrani dell'epoca erano
da poco usciti dalla tempesta della rivoluzione
francese e dagli sconvolgimenti dell'avventura
napoleonica, e ora che l'antico ordine era
stato ristabilito temevano ogni nuovo, possibile
sovvertimento.
E' questa l'epoca della "Restaurazione", cioè
del ritorno agli antichi regimi, sancito dal
congresso di Vienna del 1815.
L'anima di questa politica è il principe
Klemens von Metternich, primo ministro
austriaco, che impone la repressione di
qualsiasi movimento insurrezionale in
Europa e un regime cupamente
poliziesco in Austria.. -
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Il cane da guardia di questa sua politica
interna è il conte Joseph Sedlnitzky, capo
della polizia.
E così l'Austria, che solo una generazione
prima, durante il regno di Giuseppe II
(1780 - 1790), ai tempi di Mozart, e di
Leopoldo II (1790 - 1792) era stata un
esempio di politica illuminata e tollerante,
diventò il motore del ritorno all'assolutismo
più bieco e il centro della restaurazione europea.
Le associazioni studentesche, note come
Burschenshaften, e altre organizzazioni
nazionalistiche sparse nella Confederazione
germanica, protestarono rabbiosamente
contro le misure repressive, ma nel 1819,
quando l'affiliato a uno di questi gruppi
assassinò il drammaturgo e diplomatico
reazionario August von Kotzebue, Metternich
ne approfittò per mettere fuori legge le
Burschenschaften, bandire ogni forma di
dissenso politico ed espellere gli studenti
e i professori universitari che deviavano
dalla linea ufficiale dettata dal governo.
Le nuove leggi repressive, note come decreti
di Carlsbad, furono rese permanenti
prioprio nel 1824, lo stesso anno in cui
fu eseguita per la prima volta la Nona, e
trasformarono l'Austria e gli altri paesi
della confederazione nell'archetipo del
moderno stato di polizia.
Spie e delatori prosperavano in tutti i domini
degli Asburgo e soprattutto nella capitale
Vienna, dove in ogni taverna e in ogni
mercato c'erano orecchi pronti a captare
discorsi contrari al potere costituitio e
bocche pronte a riferirli a chi di dovere.
Se ne trova traccia anche nei quaderni che
lo stesso Beethoven, prigioniero della sua
sordità, utilizzava per comunicare con
gli altri.
Qualche mese dopo la promulgazione dei
decreti di Carlsbad, durante una sosta
al caffè qualcuno interruppe bruscamente
un discorso che stava facendo con lo
stesso compositore, il quale scrisse sul suo
quaderno: "Un'altra volta. Proprio adesso
è entrata la spia Haensl"..