Luis Paret (1771) Ballo in maschera al teatro del Principe di Madrid.
Nel '700, in Europa, i balli di società erano uno dei passatempi preferiti da nobili e borghesi.
Gli scambi fra Paesi favorivano la diffusione oltreconfine dei balli nazionali, con il risultato che nel Vecchio Continente ci si dilettava con danze molto simili tra loro, se non identiche.
Tra i Paesi europei in cui il ballo era maggiormante in voga c'erano la Francia, da cui provenivano molte delle danze più famose, e la Spagna, dove si erano diffusi balli vivaci e coloriti, in contrapposizione a quelli francesi.
Al di là dei sontuosi balli di corte, in Spagna molte feste danzanti si svolgevano nei palazzi privati in occasione delle festività, soprattutto il Carnevale.
Le serate carnevalesche seguivano un protocollo fisso: iniziavano con la conversazione, proseguivano con un giro di danze galanti eseguite da professionisti e culminavano con il momento più atteso: il ballo aperto a tutti.
Per finire, un attore che rappresentava il Carnevale dava appuntamento a tutti per il giorno successivo, di solito in un altro palazzo.
I balli di carnevale divennero sempre più popolari in Europa nel corso del '700 e raggiunsero il loro massimo splendore a Venezia.
Proprio nella città lagunare si diffuse la moda del "ballo in maschera", che si affermò poi con successo anche in altri paesi europei.
Versailles: ballo in maschera dato da Luigi XV in onore delle nozze del figlio, nel 1745.
Con il tempo, i balli iniziarono a svolgersi anche in grandi spazi pubblici, come i teatri.
La città che inaugurò questa tendenza fu Parigi, dove, nel 1715 il salone dell'Opera veniva adibito alle feste danzanti per tre sere alla settimana.
Altre città ne seguirono l'esempio e in Italia divennero famosi i veglioni organizzati nei grandi teatri come il San Carlo di Napoli o la Scala di Milano.
A Madrid, questa tendenza venne accolta dal teatro del Principe, dove i balli in maschera proseguivano fino dopo l'alba e venivano allietati da cibi caldi, pietanze fredde e bevande, disposti su appositi banconi allestiti in platea.
Nella sala da ballo si trovavano inoltre quattro direttori, i cosiddetti "maestri di carimonie", provvisti di un bastone molto alto con in quale regolavano lo svolgimento delle danze.
Tra queste ultime comparivano il minuetto, il passapiede, la contraddanza, il rigodon (una danza tradizionale francese), la gavotta, l'allemanda (di origine tedesca), e le sardane catalane.
Il ballo più celebre di tutti era il minuetto, così chiamato dal francese pas menu, "piccolo passo".
Questa danza, nata nel XVII secolo presso i contadini della valle della Loira, era divenuta popolare alla corte di Luigi XIV verso la metà dello stesso secolo, grazie al compositore e ballerino italiano Giovanni Battista Lulli (francesizzato in Lully), che l'aveva ingentilita nelle forme di un ballo di coppia lento, cerimonioso e delicato.
Fino al XIX secolo il minuetto rimase la danza più popolare in tutta Europa.
In Spagna le danze più famose erano il bolero, il fandango e la seguidilla.
Erano balli di coppia, con musica di chitarra e nacchere, ma se i primi due coinvolgevano una sola coppia, la seguidilla era ballata da quattro coppie, come nella quadriglia francese, mentre un cantante intonava strofe di quattro versi con ritornello.
La caratteristica comune a questi balli era la sensualità, soprattutto nel fandango.
Giacomo Casanova, che lo scoprì durante un viaggio in Spagna, lo descrisse così: "Mi sembra il ballo più seducente che esista. Ogni coppia non fa più di tre passi suonando le nacchere al ritmo dell'orchestra, adottando pose di una lascivia senza eguali. In essi si esprime l'amore, dal sospiro del desiderio fino all'estasi del godimento. Mi sembra impossibile che dopo una simile danza la ballerina possa negare qualcosa al suo cavaliere, perchè il fandango deve portare a tutti i sensi l'eccitazione del piacere".
Altri si mostravano meno entusiasti.
L'avventuriero e drammaturgo francese Pierre Augustin de Beaumarchais, autore tra l'altro del Barbiere di Siviglia, rimase sorpreso, durante un soggiorno a Madrid nelo 1764, dalla moda del Fandango, che qualificava come "ballo indecente".
Nel vederlo ammise: "io, che non sono il più pudico degli uomini, sono arrossito fino agli occhi".
Anche l'intellettuale spagnolo Gaspar Melchor de Jovellanos, sempre nel '700, metteva in guardia contro la "miserabile imitazione delle libere e indecenti danze della infima plebe" e criricava i balli audaci e insolenti, sostenendo danze più "pudiche" come il minuetto o la polonaise, la danza nazionale polacca.
Ma era una battaglia persa.
Il popolo e le classi alte avevano ormai già consacrato il successo dei balli spagnoli, che non sarebbero mai scomparsi e che sarebbero diventati, con il flamenco, un simbolo d'identità.