Lyrical (Lyrics), Wassily Kandinsky, 1911

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view post Posted on 1/6/2013, 19:27     +4   +1   -1
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Wassily Kandinsky, Lyrical (Lyrics)
olio su tela, 94 x 130 cm. (1911)
Rotterdam, Museum Boijmans van Beuningen (Olanda)


"... Il cavallo di Rotterdam, intitolato Lirica, è una delle sue opere 'di transizione'. Perché, pur avendo nel 1910 già dipinto il suo primo olio interamente astratto, ancora per qualche tempo Kandinsky lasciò che gli oggetti del mondo esterno affiorassero - parzialmente riconoscibili - sulle sue tele. Forse a beneficio dei futuri spettatori - che voleva educare a comprendere, giacché in lui bruciava un'irresistibile vocazione profetica. Ma anche perché già sapeva che il vero contenuto di un quadro non è ciò che rappresenta, ma l'emozione che comunica. E il 1911 di Lirica può essere definito il suo 'anno del cavallo' ".


Cavalli e cerchi, anche se Kandinskij non avesse dipinto altri quadri, per me sarebbe tutto. Li metterei tutti intorno a me, come facevano i Sirieni della Vologda nelle loro izbe. Quando le vide, nel 1889, Kandinskij era ancora un ventitreenne avvocato moscovita, figlio di un commerciante di tè di origine siberiana e di una aristocratica, travestito da etnografo studioso di diritto rurale, ignaro di quanto avrebbe cambiato l’arte moderna e se stesso: ma le pareti sgargianti di quella baita, tappezzata di pitture, gli rivelarono la bellezza pura dei colori.
Dei Sirieni non sapeva niente. Né io di lui, quando ho scoperto i cavalli, che mi chiamavano alla libertà, e i suoi cerchi, capaci di procurarci una vertigine.
La stessa dei mosaici delle moschee islamiche. I calligrammi sinuosi si arrampicano sulle piastrelle della cupola, attirandomi irresistibilmente verso l’alto. E tu vieni rapito, anche se sei consapevole che quei segni non sono ghirigori di colore, ma lettere di un alfabeto ignoto, portatrici di un messaggio sacro.
Non puoi comprendere ciò che significano davvero. E tuttavia in qualche modo il loro senso ulteriore non ti è precluso,ma anzi ti si svela. L’esperienza della visione di un quadro di Kandinskij, la contemplazione di una forma pura, è analoga. E così deve essere.

Ce lo spiega lui stesso, nei suoi testi teorici. Kandinskij infatti è uno scrittore non meno che un pittore e un filosofo oltre che un colorista. Non ha mai smesso di interrogarsi sul significato dell’arte, anche della sua.
Ha detto che negli anni Venti e Trenta si interessava ai cerchi come un tempo ai cavalli. E’ stato come se mi avesse svelato il codice del linguaggio segreto. E perché il cavallo di Rotterdam suona esattamente come i suoi cerchi rossi, rosa o neri, pianeti ardenti o spenti su cieli di pittura, degli anni del Bauhaus.


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Il cavallo di Rotterdam, intitolato Lirica, è una delle sue opere di “transizione”. Perché, pur avendo nel 1910 già dipinto il suo primo olio astratto, ancora per qualche tempo Kandinskij lasciò che gli oggetti del mondo esterno affiorassero – parzialmente riconoscibili – sulle sue tele.
Forse a beneficio dei futuri spettatori, che voleva educare a comprendere, giacchè in lui bruciava un’irresistibile vocazione profetica. Ma anche perché già sapeva che il vero contenuto del quadro non è ciò che rappresenta, ma l’emozione che comunica. E il 1911 di Lirica può essere definito il suo “anno del cavallo”.

Il tema del cavallo e del cavaliere era antico e universale come la pittura stessa. Legato alle fiabe, al folclore, al cristianesimo (a cavallo San Giorgio combatte col drago, e San Martino divide col povero il suo mantello). Era privato e autobiografico, dal momento che un cavallo (di latta) abitava i suoi più remoti ricordi d’infanzia. Era simbolico e magico (la lotta contro il Male e il Caos).

Era anche un tema caro alla pittura moderna: basti pensare ai fantini di Degas. Kandinskij aveva seminato cavalli e cavalieri ovunque, anche nelle Improvvisazioni e nelle Composizioni. Ma quella figura, come un ideogramma del transitorio, era già soltanto sinonimo di slancio in avanti, cambiamento. “Il cavaliere azzurro” (Der Blaue Reiter) era il nome che aveva appena scelto, insieme al giovane amico Franz Marc, per l’almanacco artistico che preparò nel corso dell’estate per farne il manifesto dell’arte nuova.


lirica-Kandinsky





A quel tempo viveva a Monaco e d’estate soggiornava a Murnau, sulle Alpi bavaresi. Era gi convinto che la pittura non può che essere astratta e dipingere l’interno, l’invisibile, cioè la vita stessa.
E la vita è l’oggetto di Lirica. Non c’è profondità né paesaggio: solo una superficie solcata da una linea nera ruggente. Quella linea è il cavallo. Il cavaliere è ormai solo un cerchio giallo e un semicerchio verde. Gli alberi, tratti grafici che sembrano dipinti in inchiostro di china: la terra un globo viola-blu, il cielo una striscia. L’economia delle forme non deve ingannare. Kandinskij
Aveva già scritto in russo e stava traducendo in tedesco “Lo spirituale nell’arte”, che attirando subito l’attenzione di tutti i pittori che non potevano non dirsi moderni. Già conosceva il potere quasi magico dei colori e a quale vibrazione interiore corrispondesse e li distillò dalla tavolozza di conseguenza.

Il bianco è il silenzio. E’ sprovvisto di forma attiva, ma è la possibilità che precede ogni nascita e ogni inizio: ed è nel silenzio che si leva il grido della corsa. Il verde ha una potenzialità intrinseca di dinamismo. Il blu placa, calma, richiama l’uomo verso l’infinito, suscitando in lui la nostalgia della purezza e del trascendente.
Un cerchio blu fa l’effetto di allontanarsi dallo spettatore: dunque quella tonda massa nell’angolo destro del quadro, aumenta l’effetto di velocità che trascina il cavallo nella direzione opposta.



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Ma perché il titolo, Lirica? Kandinskij sostiene che il lirismo è il pathos di una forza, la cui espansione non conosce ostacoli. La lirica si realizza quando la linea retta procede senza incontrare una forza che vi si oppone. Quando sono presenti forze contrarie, che generano perciò conflitto (come una curva o una linea spezzata), ci troviamo in un dramma.

Sulla superficie di un quadro, una forma che sale acquista leggerezza. Una linea che si sposta verso sinistra va verso la lontananza, l’avventura, l’infinito. Una linea che si sposta verso destra viene letta come ritorno, a casa, all’origine. Qui d’un balzo viene scavalcata la perpendicolare che intralcia la fuga del cavallo, e nulla ostacola più la sua ascesa.
Lo scatto e il movimento ignorano tragitto, mèta e distanza, e comunicano solo la travolgente energia della vita. Kandinskij direbbe che Lirica ha un suono squillante, che nulla vela. Quando non si conosce lo scopo pratico di un movimento (dove sta andando il cavallo?), esso agisce su di noi come qualcosa di misterioso, spirituale. Cos’altro è la vita se non movimento, esperienza, conoscenza e accrescimento di sé? Ha ragione. Questo quadro trasmette benessere: mi rende felice. Melania Mazzucco






Edited by Milea - 16/8/2021, 13:16
 
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view post Posted on 1/6/2013, 20:26     +1   +1   -1
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Wassily Kandinsky
Lo spirituale nell’arte


Un mondo di linee e colori: le opere di Kandinsky svelano
un universo unico, irripetibile: tra astrazione e sentimento




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"Improvvisazione 18"




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"Omaggio a Will Grohmann"



Ridurre la realtà "a una sensazione dell'essenza delle cose", secondo quanto scriverà proprio nel 1911 la compagna di Kandinsky, Gabriele Munter; toglierle la sua scorza di casuali accidenti, i suoi orpelli di canonica bellezza, e renderla, insieme, più nuda e più ricca di verità profonde, negate allo sguardo.

Fu Kandinsky, da solo, a fare il passo ulteriore: lui che pur avrebbe scritto - straordinariamente - che fra "grande astrazione" e "grande realismo" non poteva correre una gerarchia, ma solo, a orientare infine la scelta, doveva intervenire "il desiderio interiore dell'artista".

Lui, che orienterà infine il suo "desiderio" verso una totale libertà dal referente di natura: quando, dopo aver a lungo cercato la sua immagine in un territorio di confine tra una forma interamente astratta e un'altra densa ancora di memorie figurali, sceglierà infine per sé un'ultima liberazione dal vincolo dell'imitazione.

Ma senza che, per questo soltanto, i suoi spazi da allora in poi vorticanti, battuti da un vento che travolge ogni sintassi conosciuta, folgorati da un colore acceso, gioioso, imprudente (che fa tesoro di Matisse come delle conquiste del primo espressionismo tedesco) siano una tappa indimenticabile del moderno: e piuttosto, invece, per quella capacità che egli ebbe di dar figura a quel groppo unito di sensi e di pensieri, di sogno e di urgenze esistenziali, che chiamò "lo spirituale dell'arte", e che è il modo in cui tutte le ragioni della vita, e non solo le più nitidamente oggettivabili, si dànno compresenti nell'immagine. Fonte




Through-going-line
"Through-going line"






Improvisation-Klamm

"Improvvisazione Klamm"







Fuga
"Fuga"







dominant-curve
"Curva dominante"









Edited by Milea - 16/8/2021, 13:24
 
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