Joan Miró, Femmes encerclées par le vol d'un oiseau, Private collection, (1941)

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view post Posted on 4/10/2013, 16:55     +6   +1   -1
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Joan Miró, Femmes encerclées par le vol d'un oiseau
Gouache and turpentine paint on paper, 46x38 cm. (1941)
Private collection



Il cielo brulicante di stelle è la consolazione dei solitari e dei vagabondi. Le costellazioni indicano la direzione a quelli che brancolano nell'oscurità. Le Costellazioni di Miró sono una serie di 23 tempere: un ciclo di opere dello stesso formato, che rimano fra loro combinando gli stessi elementi come note musicali, e infatti paragonate alle Variazioni Goldberg. Miró dipinse la prima il 21 gennaio del 1940, nella casa che aveva preso in affitto a Varengeville sur Mer, in Normandia. Dagli anni '20 aveva trovato un equilibrio fra le sue due patrie: quella d'origine e quella che si era scelto. Come Persefone, fluttuava tra il sole e la notte: l'estate in Catalogna, l'inverno a Parigi. Dal 1937, però, era un esule, e aveva perso i mesi di luce.

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La guerra lo braccava, anche se aveva partecipato a quella civile spagnola solo da pittore: esponendo l'enorme El Segador - il contadino in rivolta - nel padiglione della Repubblica all'Expo di Parigi del 1937, insieme a Guernica di Picasso. Nel 1939, la guerra - mondiale ormai - lo aveva raggiunto. A Varengeville Miró trascorse mesi di solitudine e sgomento, ascoltando musica, leggendo poesie e osservando gli acquitrini, le nuvole, il silenzio. Le stelle lenivano l'orrore, gli restituivano la bellezza dell'universo e il passato che temeva perso per sempre. Da bambino, a Mont-roig, il padre, orefice, orologiaio e astronomo dilettante, gli aveva insegnato a decifrare il firmamento col telescopio.

Riprese i pennelli. Frappose fra sé e la guerra l'infinito del cielo dipinto. Scelse come supporto la carta (raschiandola, sfregandola e torturandola), e come medium l'acqua e il fuoco (colori ad acqua e benzina). Poi, astraendosi da tutto, come in sogno, iniziò a cartografare le sue costellazioni su fogli di 46 cm x 38 (più o meno due volte un A4). Intitolò la prima
Le lever du soleil.

Con pazienza e cura maniacale del contrappunto di forme e colori, ne realizzò dieci. Alcune erano rade di segni, come il cielo pallido nella notte di plenilunio; altre fittissime, come nel cielo buio di luna nuova. Nel maggio del 1940 i nazisti bombardarono la Normandia, e Miró salì sull'ultimo treno per Parigi - da cui gli abitanti fuggivano, in attesa della catastrofe. Stretto fra Hitler e Franco, scelse la geografia degli affetti. Si rifugiò a Palma di Maiorca, isola-madre (lì era nato il nonno materno). Nascosto per timore di ritorsioni dei falangisti, anonimo, oppresso dalla sensazione che non ci fosse un futuro. "Mi dicevo" ha raccontato dopo "vecchio mio, sei fregato. Ti sdraierai sulla spiaggia e disegnerai sulla sabbia con un bastone. Oppure farai dei disegni col fumo di una sigaretta. Non potrai fare nient'altro". Ma gli restava la libertà di dipingere. In agosto riprese le Costellazioni. Femmes encerlées par le vol d'un oiseau, la diciannovesima, è del 26 aprile 1941.

Miró - considerato il rappresentante più giocoso di una pittura automatica e onirica che attinge all'inconscio - si nutriva di tutto e tutto inseriva nella sua creazione. Non attribuiva alle opere d'arte un ruolo gerarchicamente superiore a quello degli oggetti, fosse pure il laccio di una scarpa. Trovava le aringhe affumicate arrotolate in una scatola di metallo belle come un rosone di Chartres. Era questa democrazia combinatoria delle cose il suo "surrealismo". Ma non lasciava nulla al caso. Minuzioso come un artigiano, sperimentava tecniche, materie. Dal 1931 dava sempre un titolo (in francese) alle sue composizioni, e ne annotava scrupolosamente la data (giorno, mese, anno). Dunque considerava importanti l'uno e l'altra.

Per questo non separò le Costellazioni dalla Storia che le assedia, né dalla narrativa che lui voleva evocare coi titoli: sognava opere che abbagliassero come una donna e rapissero l'immaginazione come una poesia. "Il titolo è una realtà esatta", diceva: e solo una volta trovato il titolo l'opera diventava reale per lui.

Questo associa le due parole magiche di Miró, la donna (qui al plurale, les femmes) e l'uccello (l'oiseau): già apparsi insieme in svariate pitture, in seguito (specie negli anni '60 e '70), sarebbero stati onnipresenti, declinandosi in un'infinità di varianti. La donna terrestre, dea madre mediterranea pagana ed eterna, simboleggia la materia; l'uccello aereo, l'artista - il volo, il canto e la libertà. (L'uomo invece non è mai menzionato da Miró, sempre solo ridotto a 'personaggio'). Nelle opere 'selvaggè degli anni '30 la donna è ancora riconoscibile - dalle curve, da un triangolo con la punta in alto, vago ricordo di una gonna svasata, dall'onda doppia dei seni. Ma nelle Costellazioni le forme sono pure, sono diventate pittografie, lettere di un alfabeto misterioso. E a spiegarle si corre il rischio di fare la fine di Éluard, che ammirò "un simbolo solare" e si sentì rispondere da Miró che era invece una patata. Bisogna abbandonarsi alla lirica astratta di questa fantasmagoria in giallo, rosso, verde e nero, quasi un graffito sulla cenere. Immagini scaturite dalla memoria di quadri già dipinti o visione di quelli futuri. Forme zoomorfe e vegetali, linee spezzate. Globi, stelle, pupille, lumaconi, spermatozoi, asterischi, occhi, triangoli e farfalle - come un geroglifico. Che ha la magica leggerezza della calligrafia orientale e degli ideogrammi dei bambini, ma forse riecheggia le incisioni rupestri che Miró aveva ammirato a otto anni al Museo d'Arte Catalana: gli uomini preistorici inventarono l'arte per dialogare con l'invisibile. Deponevano nelle grotte i simulacri degli animali che avrebbero cacciato o che li avrebbero uccisi.

Era un rito, una preghiera e uno scongiuro.
Chiedevano la fortuna, l'abbondanza, la vita: rappresentandola. Trasmettono lo stesso incantesimo le Costellazioni di Mirò. Trovate da soli l'uccello in volo, in questo scintillio cosmico. Io mi azzardo a identificare la donna nella nera clessidra - forma ricorrente del quadro. Miró ci era arrivato per semplificare visivamente il seno (si veda Une étoile caresse le sein d'une negresse, 1938). Ma l'associazione della donna al tempo è antica.

L'ultima costellazione, il Passage de l'oiseau divin, Miró la dipinse il 12 settembre 1941: nella casa del padre, a Mont-roig, vicino Tarragona. L'esilio era finito, le stelle lo avevano riportato a casa. I 23 acquerelli di questo poema siderale, oggi dispersi in tutto il mondo, formavano invece un'unica scrittura. Privatissima e impersonale, come ogni opera d'arte. La sola che potesse, e può, guidare fuori dal labirinto della guerra e della storia verso l'armonia - e la bellezza. Melania Mazzucco






Edited by Milea - 16/8/2021, 12:23
 
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view post Posted on 4/10/2013, 17:21     +1   +1   -1
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Mirò: la lirica astratta dell’arte
Il sognatore con il lato oscuro




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Blue II



Quando potrò stabilirmi da qualche parte - scriveva Joan Miró nel 1935 - il mio sogno è avere un grande studio... andare oltre la pittura da cavalletto". Il desiderio di una "stanza tutta per sé", l'artista catalano lo realizza nel 1956 quando l'amico architetto Josep Lluís Sert progetta il suo atelier a Palma de Maiorca, dove Miró immediatamente si ritira.

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(...) All'epoca è già un artista celebre, ha legato il suo nome alle esperienze surrealiste, ha vissuto a Parigi, ha inventato un mondo pittorico trasognato, fatto di elementi biomorfici, di costellazioni stilizzate, di forme misteriose che navigano, sospese e senza peso in uno spazio della tela diventato fluido. Ma adesso, più che sessantenne (era nato a Barcellona nel 1893), nel silenzio di Palma, è come se sentisse il desiderio di reinventarsi, di accelerare il passo della sua pittura.

(...) È come se Miró vivesse una seconda giovinezza. Si mette in discussione, ribalta il punto di vista. Per esempio guarda all'arte americana, ma anche alla pittura orientale. E dà vita a un universo in cui i suoi temi classici, le stelle, l'uccello, i corpi suggeriti e mai descritti, le clessidre, i bilancieri, raggiungono una potente carica espressiva". Questa nuova attitudine la si coglie perfettamente fin dalle prime sale. Che cosa è cambiato dal Miró parigino? Innanzitutto il formato. Le opere ono, tranne qualche raro caso, tutte di grandi dimensioni. E se nel 1935 l'artista sognava di abbandonare il cavalletto, nel buen retiro sull'isola, questo accade per davvero. "Appoggio i miei quadri su trespoli o sul pavimento. Quando sono per terra, posso camminarci sopra", afferma nel 1974. E ancora: "Per terra lavoro sdraiato a pancia in giù. Oh sì, mi sporco tutto di pittura, faccia, capelli; mi ritrovo schizzi dappertutto".

In queste monumentali tele si trovano tracce delle suole delle sue scarpe. E il pennello di Miró sgocciola, il suo gesto è ampio, carico di espressività. L'artista ha abbandonato la linea precisa e ferma del passato e predilige adesso gigantesche pennellate che rivelano i suoi lati più segreti. C' è certamente uno scambio con l'action painting americana.

I surrealisti, che mettono l'inconscio al centro del quadro, sono alle radici dell'Espressionismo astratto americano: Miró però non solo contribuisce alla nascita di questa nuova generazione di pittori, ma arricchisce, guardandoli, il proprio linguaggio. D' altra parte Miró era entrato in contatto con Jackson Pollock quando nel 1946 aveva ricevuto l'incarico di realizzare un dipinto per il Gourmet Restaurant del Terrace Plaza Hotel di Cincinnati e per realizzare quest' opera aveva vissuto a New York tra febbraio e ottobre. La decorazione in questione (...) non risente ancora delle feconde suggestioni degli americani. Queste verranno fuori proprio negli anni di Palma, quelli in cui Miró non costruisce più un universo onirico e sognante, conquistando invece una brutalitàe una totale immersione nel quadro quasi primitive, che provocano un'immediata reazione emotiva in chi guarda.


Uccello-lunare
Uccello lunare



"Più invecchio e più divento matto, aggressivo, cattivo", -affermava. E nel corso degli anni sembra sempre di più far sua la poetica dell'amico critico d' arte Sebastià Gasch che auspicava "un'arte intensa e forte, ricca di pathos, aspra e barbara, senza attenuanti. Un'arte che ci inebri di profumi, finché non ci metterà fuori combattimento con un vigoroso pugno". È esattamente quello che fa l'ultimo Mirò: seduce con un gesto elegante che sembra quello di un maestro orientale, conducendo chi guarda in spazi di grande armonia; e poi sfodera i suoi fondi volutamente sporchi (li eseguiva con la trementina in cui aveva prima pulito i pennelli), la materia dura, gli scarabocchi, le scolature. Inoltre utilizza sempre di più il bianco nero: c' è una sala bellissima, di dipinti monocromi, che pare un viaggio nella notte tra uccelli misteriosi, figure femminili accennate e sensuali, teste inventate, orizzonti accesi da una dispettosa luna nera.

Resta costante, anche negli ultimi anni, il côté ribelle della gioventù, quell'antico desiderio di voler "assassinare la pittura", che per lui ha sempre significato la tenace volontà di rivoluzionare i codici formali della tradizione. Eccolo, nel 1976, inchiodare assi di legno su un fondo di carta abrasiva a creare il suo Personaggio e uccelli. E affrontare la scultura, recuperando oggetti. Come una zucca e una bambola uniti a creare una forma inaspettata, protetti per sempre da una colatura di bronzo. Fonte




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Ragazza in fuga



Personaggio
Personaggio



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Donna



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Donne che sognano la fuga




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Edited by Milea - 16/8/2021, 12:28
 
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