CESARE PAVESE: biografia e opere

Vita e opere di Cesare Pavese

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  1. Milea
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    Alcuni testi esemplari





    Le due componenti schematicamente indicate, si intrecciano con un vario prevalere ora dell’una ora dell’altra, in tutta l’opera di Pavese. Particolarmente dominante la prima ne La casa in collina.

    Nel romanzo - che descrive l’incapacità del protagonista, un inquieto intellettuale in perenne colloquio con se stesso, a partecipare alla vita degli altri che alla caduta del fascismo hanno scelto la lotta partigiana – coesistono la lucida diagnosi dei limiti della solitudine dell’intellettuale sentita come colpa e come vergogna e la ferma, dolorosa volontà di superarla.

    Ma la volontà di superamento non è superamento: e il significato del libro è proprio in questo dilemma non risolto.

    Ritorna, a pensarci bene, un tema che già Serra aveva affrontato nel suo Esame di coscienza: e le ultime pagine del romanzo sembrano indicare il prevalere del momento civile come unica strada che possa portare allo sbocco della dolorosa situazione.

    Nei racconti cittadini compresi ne La bella estate (Il sulle colline, Tra donne sole, La bella estate) e ne La spiaggia, da un lato il mito del ritorno all’infanzia, al mare, alle colline come àncora di salvezza contro quella inesorabile caduta che è la città e dall’altro la descrizione dell’asfissiante vita cittadina priva di autenticità si intrecciano con risultati altamente suggestive.

    Pavese si serve qui di un dialogato sapientissimo, divagante, ricco di accenni e di allusioni non per descrivere naturalisticamente dei caratteri ma per far sentire una condizione di intima solitudine pur in mezzo allo sfarfallante cicaleccio mondano, per illuminare ora un segreto rapporto con l’esterno, ora l’arcano fascino della collina piemontese avvolta nelle tenebre notturne. Ma è nell’ultimo romanzo -La luna e i falò- che il tema del ritorno (collegato, ovviamente, agli altri) dà i suoi esiti più alti.



    Libri


    La luna e i falò


    mark2j
    Il protagonista è un trovatello detto Anguilla, che è cresciuto sulle colline delle Langhe, allevato da una famiglia di contadini che lavorano le terre della Gaminella, podere vicino al Belbo. Ma, dopo aver imparato a sua volta a fare il contadino andando a lavorare alla Morra, altro podere della zona, Anguilla aspira a far fortuna e si imbarca per l’America. La fortuna la trova lavorando in modi diversi, ma la vita là non dev’ essere troppo bella e soprattutto la nostalgia del paese è troppo intense se Anguilla decide tornare. Torna infatti a rivedere le stesse contrade, incontra il vecchio amico Nuto col quale rievoca tutte le tappe e tutte le vicende della propria esistenza.

    Ma tante cose e persone sono ormai cambiate a cominciare proprio da Nuto: non va più per i paesi a suonare nelle bande col suo clarino: ora è un uomo maturo che fa il falegname; ed anche le cose che racconta, spesso con ritrosia, hanno un sapore diverso da quello degli anni della gioventù. C’è stata la Guerra di mezzo, la resistenza, i morti. Ed ancora c’è la miseria: più nera, sembra ora ad Anguilla. Il mezzadro Valino che lavora adesso sulla Gaminella, per fatica e miseria diventa crudele coi suoi, folle per la disperazione uccide, incendia, si impicca. Da quel furore si salva solo il giovane sciancato, Cinto, il ragazzo che Anguilla ha preso a frequentare per la nostalgia della sua infanzia, per una sorta di identificazione con lui.

    Ed altre esistenze ancora, legate al suo passato, si trascinano tristemente o si sono tragicamente concluse. Le tre ragazze della Mora, le padroncine di una volta tanto ammirate e vagheggiate, han fatto una triste fine: una mal maritata, un’altra morta per aborto e la più giovane - la bambina di allora-uccisa e poi bruciata dai partigiano come spia fascista.


    Libri


    mark2j
    Anguilla è, come tutti i personaggi di Pavese, uno che ritorna; ma il pellegrinaggio ai luoghi mitici dell’infanzia - vagheggiati da Pavese come la strada per attingere la pienezza del vivere e la consapevolezza del proprio destino - si risolve nella constatazione di quanto ormai è perduto per sempre: di tutto quanto, della Morra, di quella vita di noialtri che cosa resta)… Scomparse le persone, mutati i luoghi, crudele la realtà presente: al ricordo dei falò che Anguilla si è portato nell’anima nella sua solitudine Americana - i falò rituali ai quali i contadini nelle Langhe ricorrono per “svegliare la terra” - ora si sovrappongono altri falò: quello con cui i partigiani bruciano una delle figlie del sor Matteo, quello del Valino.

    Nemmeno la mitica infanzia nei suoi luoghi e nei suoi miti può offrire più l’àncora della salvezza. E qui allora il ricordo, come qualcuno ha notato, non è proustiano abbandono, vagheggiamento elegiaco, ma amarezza e sapore di cenere: Anguilla-Pavese. Oppresso dal passato e dal presente, deve constatare che crescere vuol dire andarsene, invecchiare, vedrà morire, ritrovare la Mora com’era adesso.
    E’ la lucida e dolorosa constatazione della irrimediabile legge di morte che è connaturata alle cose dell’uomo: pochi mesi dopo Pavese suggellava col suo tragico gesto questa desolata conclusione.

    Quel dissidio - testimoniato dalla sua vita e dalla sua produzione - che con disperato alternarsi di cadute e di riprese aveva cercato di risolvere in vari modi (con l’impegno artistico, col lavoro, con la militanza politica) si concludeva con una sconfitta che assume, vista ora in prospettiva, valore di testimonianza: “nessuno più di lui - ha scritto il Sapegno - nell’orizzonte della nostra cultura così chiusa e proclive alle soluzioni più facili e tranquillanti, ha espresso quella fondamentale riluttanza alla vita, quell’interna lacerazione e preventiva consumazione di tutti gli affetti e gli ideali che la compongono, quella primordiale vocazione di morte, che è alle radici di tanta della nostra civiltà. E il fatto di avere raccolto in sé e bruciato fino in fondo nella sua persona tutte le esperienze e il tormento di una condizione decadente, basta a conferire a quel destino d’uomo un rilievo, una funzione storica che non sappiamo chi altri da noi potrebbe più degnamente impersonare”. (Milea)


    Libri





    Edited by Milea - 10/5/2014, 09:04
     
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