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Antonio Allegri detto il Correggio
Allegoria del Vizio
1531 circa
Tempera su tela, 149 x 88 cm.
Parigi, Musée du Louvre
La tela, insieme all’Allegoria della Virtù fu commissionata da Isabella d’Este per il suo studiolo nel Palazzo di Mantova. Per adeguamento alle altre opere presenti, che erano state eseguite da maestri di oltre una generazione più anziani di Correggio (Mantegna, Costa, Perugino), le tele furono dipinte a tempera. Nel 1628 lasciarono Mantova per l’Inghilterra, insieme a un consistente gruppo di opere cedute dai Gonzaga a Carlo I. Dopo la decapitazione del re, furono acquistate dal banchiere Jabach e vendute, l’una al cardinale Mazzarino (Allegoria della Virtù), l’altra a Luigi XIV che acquisterà, in seguito anche il pendant.
Come era solita fare, Isabella dovette dare indicazioni precise al pittore sulla complessa allegoria del quadro che oggi risulta difficile comprendere pienamente. Al centro, alla base di un grande albero, il Vizio con le mani legate ad alcuni rami, è seduto su una pelle d’animale e su un drappo celeste che copre il suo membro eretto. A sinistra la Coscienza, che rimorde, lo tortura con delle vipere; a destra la Gioia lo rintrona con uno zufolo, mentre l’Abitudine, quasi inginocchiata, gli lega anche i piedi al grande albero. Sul primo piano, diretto verso l’osservatore, un piccolo satiro tiene in mano l’uva, simbolo dell’ebbrezza.
La scena rappresenta in sintesi il trionfo dell’incontinenza. L’espediente del satiro che fuoriesce dallo spazio dipinto per entrare in quello reale, o in uno spazio comunque “altro” da quello che si vede, è tipico della poetica correggesca. Il pittore si diletta in quello che è stato definito, in riferimento ai putti della Camera di San Paolo, “un gioco formale dell’occultamento e della rivelazione”, a stimolare l’osservatore, invitandolo a immaginare uno spazio che si espande oltre i limiti del quadro. (Mar L8v)
Edited by Milea - 3/3/2023, 20:19 |
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