Fanciullo con il castello di carte (1740 circa)

Jean-Siméon Chardin - Firenze, Galleria degli Uffizi

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    Jean-Siméon Chardin
    Fanciullo con il castello di carte
    Olio su tela, cm 82x66
    Firenze, Galleria degli Uffizi

    Firmato in basso al centro "CHARDIN"


    "Eccovi dunque grande mago...", affermava uno dei più entusiasti sostenitori di Jean-Siméon Chardin, ovvero Denis Diderot (1713-1784), l'autore dell'Encyclopédie. Non era l'unico. Dopo il successo ottenuto all'esposizione al Salon parigino del 1737, che gli valse la benevolenza di re Luigi XV, Chardin acquisì una clientela importante a livello europeo. Aveva cominciato come pittore dedito soprattutto alla rappresentazione di nature morte, animali e frutta, soggetti tratti dalla vita quotidiana, nobilitati da una luce chiara e vibrante, resi con una pittura tecnicamente raffinatissima. Senza abbandonare i soggetti di natura morta, dagli anni trenta del Settecento, aveva cominciato a dedicarsi anche alla rappresentazione della figura, raffigurata soprattutto in scene tratte dalla vita quotidiana, senza tuttavia alcuna concessione al sentimentalismo o all'aneddoto. Il Fanciullo con il castello di carte è stato concepito da Chardin in coppia con il quadro con la Fanciulla con il volano, anche questo conservato alla Galleria degli Uffizi. L'artista amava ripetere i suoi quadri, e la coppia di dipinti costituisce la replica di altri due esemplari divisi tra la National Gallery di Londra, il primo, e la collezione Rothschild di Parigi, il secondo, esempi simbolici della fortuna di Chardin nella raffigurazione delle scene di interni con figure o ritratti. I quadri rappresentano il modello di due composizioni di un rigore magistrale, di una semplicità perfetta, come dimostrano le carte che escono dal cassetto mezzo aperto del tavolo da gioco di fronte al quale si trova il fanciullo, poste dal pittore in modo da interrompere l'orizzontalità troppo marcata della parte inferiore della tela acquisita dalla Galleria degli Uffizi nel 1951 assieme al suo pendant. (Mar L8v)
     
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