MARIONETTE COLLA - Le abilità di un gruppo tuttofare [FOTO]

Il bello d’Italia, il popolo delle marionette che dà un cuore al legno

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    MARIONETTE COLLA
    LE ABILITA' DI UN GRUPPO TUTTOFARE


    Il bello d’Italia, il popolo delle marionette che dà un cuore al legno


    Spessissimo, a Milano, apri una porta anonima o un portone dal colore indefinito e dietro trovi cortili meravigliosi, case mozzafiato o negozi bizzarri e raffinati. Ma anche antiche botteghe, laboratori artigianali, mondi fantastici che pensavi perduti per sempre. Accanto a una chiesa di mattoni, in via Montegani, ha per esempio trovato casa nel 1986 la «Primaria Compagnia Italiana di grandi spettacoli marionettistici Carlo Colla & Figli», una vera e propria istituzione milanese che qui ha il laboratorio e il teatrino da 200 posti dove allestisce alcuni dei suoi celebri spettacoli per le scuole e un colto pubblico di amatori. Guidata ancora dall’ultimo della famiglia, quell’Eugenio Monti Colla che della compagnia è anche direttore artistico e regista.


    Il laboratorio è magico e spettacolare come solo un luogo carico di storia sa essere, e ospita solo una parte delle 3 mila marionette e dei 9 mila costumi della compagnia (il resto è custodito in altri due magazzini, in Piazzale Cuoco e a Caronno Pertusella). Qui si costruiscono le nuove marionette (corpo in abete, testa in tiglio o cirmolo, legni che non piacciono ai tarli), si restaurano quelle vecchie, si confezionano i costumi e si dipingono le scenografie su carta da pacchi. Ma chi confeziona una scarpina, scolpisce una testa, rammenda un abito o dipinge indifferentemente sopracciglia e fondali, poi va anche sul «ponte» per tirare i fili dei personaggi di Cenerentola o della Aida o sta dietro le quinte a gestire entrate e uscite dalla scena. Tutti fanno tutto, o quasi. «Chi siamo? Siamo ex allievi di Monti Colla che ci insegnava italiano alle medie, appassionati o persone che sono arrivate qui per caso o per gioco e poi sono rimaste, scoprendo attitudini che non pensavano di avere — dice Giovanni Schiavolin, specializzato nella lavorazione di legno, metallo e cuoio —. Ma nessuno ci ha insegnato come fare. Ci siamo messi lì a studiare i pezzi originali e alla fine abbiamo imparato. Perché questo è un mestiere che si ruba con gli occhi. Ogni tanto arriva qualcuno che vorrebbe convincerci dei vantaggi della plastica e della resina. Ma noi abbiamo scelto la strada più difficile, la tradizione, che richiede fatica e passione, perché per fare questo mestiere servono umiltà e rispetto dei vecchi materiali. E infatti nessuno di loro è mai rimasto». In sartoria Maria Grazia Citterio si muove tra vecchie stoffe e parrucche di capelli veri da acconciare: «Non buttiamo via niente, anche dai nostri abiti dismessi tiriamo sempre fuori qualcosa di utile. Qualche giorno fa il sacrestano della chiesa qui accanto ci ha regalato dei paramenti antichi, per noi praticamente un tesoro. Ma quello che conta non è il realismo, la fedeltà al dettaglio — per esempio, certe scenografie, viste da vicino, sono orrende —, ma ciò che vedono gli spettatori dalla platea. Noi dobbiamo creare un’atmosfera, riempirla di suggestioni, magie, e poi ognuno, in base alla sua cultura e alla sua sensibilità, ci metterà del suo, farà volare la fantasia, tanto che anche un ramo abbozzato diventerà un albero meraviglioso. È come un trompe l’oeil, un’illusione».

     
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