BANG BANG CLUB - VINCERE IL PULITZER E MORIRE [FOTO]

I quattro fotografi che raccontarono con le immagini la fine dell'Apartheid

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    BANG BANG CLUB
    VINCERE IL PULITZER E PERDERE LA VITA



    Un film, tratto dal libro dei superstiti, ripercorre la storia di Greg Marinovich, Kevin Carter, Ken Oosterbroek e João Silva

    I quattro fotografi raccontarono con le loro immagini la fine dell'Apartheid in Sudafrica. E la tragica fine di tre di loro...


    L’Apartheid e la lotta tra le fazioni nere. Bang Bang...

    Il rumore che i fumetti attribuiscono al fragore delle armi, nei primi Anni Novanta in Sudafrica designa quattro intrepidi fotografi che decidono di portare all’attenzione dell’opinione pubblica le crudeltà dell’Apartheid e l’efferatezza delle lotte tra due fazioni di neri: l’Anc (African National Congress, i «ragazzi di Mandela») e gli Zulu dell’Ifp (Inthaka Freedom Party). Greg Marinovich, Kevin Carter, Ken Oosterbroek e João Silva insieme formano una sola e unica forza, un club come amano definirsi, che fin dagli inizi centra obiettivi insperati. L’ultimo ammesso nell’accolita, Greg Marinovich, vince nel 1991 un premio di cui non aveva sentito parlare: il Pulitzer. È quest’ultimo che con l’amico João Silva nel 2001 scrive un saggio, diventato un film (Il bang bang club) che in italiano è disponibile da poco, sulle prodezze, le intemperanze e la precoce, tragica fine di tutto gruppo...



    Ultraortodosso con i suoi bambini durante gli scontri tra israeliani. Gerusalemme, 1996


    IL DESTINO DEI FOTOGRAFI

    Ken Oosterbroek muore in servizio nell’aprile del 1994, colpito dalle pallottole nel corso degli scontri tra le due fazioni «nere», quattro giorni prima delle prime elezioni a suffragio universale. Kevin Carter si suicida a luglio dello stesso anno, dopo aver pure lui raggiunto il Pulitzer con la famosa foto della bambina nella morsa della carestia in Sudan, mentre un avvoltoio poco distante attende che il suo pasto gli sia servito dalla sorte. Si disse che la morte del fotografo fu una reazione al suo senso di colpa per non aver salvato la bambina, critica che gli veniva mossa ogni giorno. In realtà non avrebbe potuto aiutarla, neanche se avesse voluto, perché le organizzazioni sanitarie che agivano in loco per motivi di sicurezza impedivano ai non addetti di intervenire. E lui fece ciò che poteva fare: allontanò momentaneamente il rapace con un calcio. È più probabile che il gesto estremo fosse dovuto alla sua natura fragile messa a dura prova dalle asperità a cui dovette assistere e alla propensione per le sostanze illecite. Per i due superstiti rinvigorire la memoria del club e dei due amici morti così precocemente diventa un imperativo. Il film di Steven Silver tratto dal loro libro esce nel 2011, nel pieno della «Primavera Araba», in un momento infausto per il fotogiornalismo che lascia sul terreno alcuni dei suoi ragazzi migliori tra cui l’inglese Tim Hetherington, l’americano Chris Hondros (aprile 2011 a Misurata, in Libia) e il francese Rémi Ochlik (febbraio del 2012 a Homs, in Siria). Il film tace un fatto nell’epilogo di coda: il destino, nel frattempo, non aveva perdonato allo stesso João Silva di averlo sfidato troppe volte. Lui, rispettato collaboratore del New York Times, nel 2010 aveva perso entrambe le gambe su una mina a Kandahar, in Afghanistan. The Bang Bang Club, che non è esente da lacune, merita di essere visto. Soprattutto da chi intraprende la carriera del combat photographer motivato da una grande curiosità, dall’ansia di documentare le ingiustizie, dalla necessità di attestare il proprio talento e da un eccesso di adrenalina. Che sul campo fa dimenticare quanto nel mondo reale, a differenza dei fumetti, la guerra sia pericolosa. E quanto anche il migliore degli scatti conquistato al prezzo della propria pelle rimanga, solo nella memoria di un gruppo sparuto di romantici amanti del fotogiornalismo.



    Mogadiscio: taxi nella città devastata, 1993





    Scontri tra gli Zulu e i sostenitori dell’African National Congress. Soweto, 1990




    Una bambina palestinese gioca coi fratelli a Gerusalemme, 1997




    Donna palestinese scappa durante gli scontri. West Bank, 1997




    Ken Oosterbroek, uno dei quattro fotografi del Bang Bang Club, 1993. Morto in servizio pochi mesi dopo

     
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