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THE DARK SIDE OF THE MOON
Pink Floyd
1973 (Emi)
Waters e compagni nel kolossal che li proiettò nel Guinness del rock
Aggiungere qualcosa di inedito su un complesso fin troppo osannato e divenuto una ferma icona del nostro tempo non è facile. Cercherò, quindi, di proporre solo alcune considerazioni su di un fenomeno musicale che ancora oggi fa discutere, anche se solo per colossali vendite commerciali, e non più per meriti artistici. Fatta questa premessa, è venuta l'ora di imbattersi nel loro capolavoro piu' criticato, celebrato, mitizzato e stroncato allo stesso tempo: "The Dark Side of the Moon". E' probabile che i Pink Floyd abbiano prodotto album migliori di "The Dark Side of the Moon", almeno per ciò che concerne l'aspetto strettamente compositivo. L'argomento-principe su cui ogni critica-rock che si rispetti, quando si ha come "vittima" il combo del periodo di Roger Waters, dovrebbe erigere il suo "epicentro" è la disputa su quale sia stata in realtà la missione musicale intrapresa (e poi egregiamente portata a termine) dai Pink Floyd: verranno ricordati e apprezzati più per le straordinarie innovazioni ed evoluzioni apportate al suono, tanto da meritarsi il titolo di "produttori di cibo per le menti" o per aver saputo coniugare suono, hype, possenti wall-of-sound saturi di colori e distorsioni neo-psichedeliche con superbe melodie, a tutt'oggi considerate archetipi-rock a cui fare riferimento? "The Dark Side of the Moon", insuperato marchio sonico-musicale dei Pink Floyd targati Roger Waters, non scioglie però il dubbio.
"The Dark Side of the Moon" si pone, nel contesto della musica popolare del XX° secolo, come un ricco laboratorio di esperimenti post-lisergici, ai confini del più spregiudicato art-rock della prima metà degli anni 70. Padrone incontrastato di questa "rivoluzione del suono" è Roger Waters, che, in qualità di alchimista floydiano, rileva già dal 1968 Syd Barrett alla guida della band, auto-erigendosi a folle, incontrollabile setacciatore di nuove sonorità che renderanno il "Floyd-sound" universale e istantaneamente riconoscibile in ogni parte del globo. Ma non si può fare a meno di stendere elogi e contro-elogi sull'elaboratissimo, maniacale sistema audio-fonico impresso sui solchi del disco, grazie al lavoro di un ingegnere del suono del calibro di Alan Parsons, che costituisce l'autentica perla ed epicentro musicale-ideologico di tutta l'operazione. Roger Waters, David Gilmour, Nick Mason e Richard Wright, orfani del genio anarchico e stralunatissimo di Syd Barrett, proseguono il cammino, dando avvio a un percorso (a partire dal celebre doppio - metà live metà in studio - "Ummagumma") capace di toccare vette di sublime, spesso piacevolmente criptata cerebralità, dando in pasto a un ancora acerbo pubblico le loro ricerche e i loro inusuali connubi di rumori vivisezionati dall'"ingordo" Waters e sapientemente tradotti in accattivanti squarci di quotidianità. Una quotidianita' in apparente quanto bizzarro contrasto con la complessità, spesso ingovernabile e astrusa, di una mente come quella di Roger Waters, devastata da paranoie e macabre visioni, in eterna oscillazione tra sogno e realtà, schizofrenia e solenni momenti di lucidità. "The Dark Side of the Moon" viene pubblicato il 1° marzo negli Usa e il 24 in Europa, e verrà considerato da gran parte della critica come l'insuperato capolavoro musicale dei Pink Floyd. Cio e' vero solo in parte: il fatto che in esso vengano riunite, impareggiabilmente, tutte le contraddizioni ideologiche e simboliche di Waters non giustifica appieno tale titolo. Volendo staccare i piedi dalla Luna e riposandoli sulla Terra, l'album è e verrà sempre considerato un superbo, inarrivabile rivoluzionario prodotto (nel caso lo intendessimo da un punto di vista strettamente "cerebral-onirico", "sonico/concettuale"), ma al contempo appena discreto nel caso lo riducessimo allo "scheletro", annientandone, cioè, il corpo sonoro e portando alla ribalta le non del tutto ispirate tracce, a cominciare dall'insipida "Money", per poi passare attraverso i trucchi (talvolta ruffiani, talvolta "streganti' le nostre menti, in perenne cerca di .... "cibo lisergico") di "Speak To Me" e "On The Run", perfette comunque nel rendere lo stato di ansia del nostro protagonista, riuscendo a fondere, tra rumori e soluzioni sonore d'avanguardia, momenti di alto contenuto sonico-spaziale, ponendo le coordinate su cui si poggia il pensiero pessimista di un Roger Waters alquanto e particolarmente disorientato, autentico ambasciatore del tema dell'incomunicabilità, di cui "The Dark Side" risulta un compiuto, drammatico spaccato. Non mancano, per la verità, momenti di intenso, assoluto lirismo, come dimostrano "Time", trascinante nella sua felicissima fusione tra testo e musica, un passo in avanti per un non ancora del tutto sviluppato concetto filosofico all'interno dei parametri-rock, superba prova di lucidità mentale e intellettiva da parte del quartetto; il brano si avvale anche di un debordante (inteso in senso strettamente lirico/evocativo), spiazzante assolo di David Gilmour alla chitarra: si ha la sensazione che esso voglia accompagnare il viaggio attraverso il tempo di un coraggioso, anarchico esploratore, in continuo stato di ansiosa curiosità. In definitiva: il trionfo della suggestione e uno degli squarci più intensi di tutta la discografia floydiana. La prima parte del disco si completa con una elegia della pazzia, ma anche, allo stesso tempo, della libertà dell'uomo, schiavo di una società che tende a opprimerlo: "The Great Gig in the Sky", dominata dai vocalizzi di Clare Torry, di derivazione soul-gospel, in grado di fondere fiammante liricità e drammaturgia quasi cinematografica. In questo coinvolgente, straziante frammento della sua vita, l'uomo sembra librarsi verso il cielo, onde aprirsi un varco, grazie al quale potrà regnare indisturbato e solenne, lontano dai rumori e ingiustizie della realtà terrena. "Us and Them" vorrebbe rievocare "Breathe In the Air", ma la melodia, sebbene pinkfloydiana al 100%, risulta convincente solo se nel contesto dell'album, non certamente come tema isolato. Un discorso che vale un po' per tutto "The Dark Side of the Moon": ciò che rende immortale quest'opera è il suo inconsueto approccio con l'art-system dell'epoca, qui fotografato in tutte le sue direzioni possibili. Per il rock si trattò di un prodigioso balzo verso un'era futuristica prossima a venire. Per "The Dark Side" vale lo stesso parametro adottato per "Sgt. Pepper" dei Beatles: "Sgt. Pepper" non si potrà forse considerare il capitolo più felice, musicalmente parlando, dei Beatles: esso comportò una rivoluzione, forse la piu' significativa e rilevante della storia della musica pop, ma questo non può giustificare appieno alcune "debolezze" compositive insite nel capolavoro di John Lennon e soci. Lo stesso dicasi per "The Dark Side of the Moon": come per "Sgt. Pepper", esso costituì, per i Pink Floyd, la definitiva acquisizione di status di "semidei del rock", ma questo grazie più al magniloquente manto sonoro e policromatico, che alla qualità delle canzoni presenti nell'album. E nessuno potrà negare l'importanza avuta nel contesto storico degli anni Settanta (un periodo fortemente contraddistinto dalle incessanti, maniacali ricerche di nuove avanguardistiche tecniche all'interno degli studi di registrazione) del "lato oscuro della luna".
The Dark Side of the Moon
Pubblicazione - 10 marzo 1973 Stati Uniti
23 marzo 1973 Regno Unito
Durata - 42:57
Dischi - 1
Tracce - 10
Genere - Rock progressivo
Rock psichedelico
Rock sperimentale
Space rock
Etichetta _ Harvest Regno Unito
Capitol Stati Uniti
Produttore - Pink Floyd
Registrazione - Abbey Road Studios, Londra, dal giugno 1972 al febbraio 1973
Formati - LP, CD, download digitale
Note - Rimasterizzato in SACD nel 2003 da James Guthrie
Tracce
Lato A
Speak to Me – 1:30 (musica: Nick Mason)
Breathe – 2:43 (Roger Waters, David Gilmour, Richard Wright) – Voce di David Gilmour
On the Run – 3:30 (musica: David Gilmour, Roger Waters)
Time + Breathe (Reprise) – 6:53 (Nick Mason, Roger Waters, Richard Wright, David Gilmour) – Voci di David Gilmour e Richard Wright
The Great Gig in the Sky – 4:15 (Richard Wright) – Voce di Clare Torry
Lato B
Money – 6:30 (Roger Waters) – Voce di David Gilmour
Us and Them – 7:49 (Roger Waters, Richard Wright) – Voci di David Gilmour e Richard Wright
Any Colour You Like – 3:24 (musica: David Gilmour, Nick Mason, Richard Wright)
Brain Damage – 3:50 (Roger Waters) – Voce di Roger Waters
Eclipse – 1:45 (Roger Waters) – Voce di Roger Waters
Formazione
Gruppo
David Gilmour – voce, cori, chitarra, lap steel guitar, pedal steel guitar, sintetizzatore EMS Synthi AKS (traccia 3)
Roger Waters – basso, sintetizzatore EMS VCS3 (traccia 3), voce principale (tracce 8 e 9), effetti su nastro
Richard Wright – organo Hammond, pianoforte, pianoforte elettrico, cori e armonie vocali, voce principale (traccia 4), sintetizzatori Minimoog, EMS VCS3 e EMS Synthy AKS
Nick Mason – batteria, percussioni, rototoms (traccia 4), effetti sonori e su nastro
Altri musicisti
Roger "The Hat" Manifold – voce parlata (tracce 3 e 7)
Peter James – battito di piedi (traccia 3), voce parlata (traccia 8)
Clare Torry – voce principale (traccia 5)
Dick Parry – sassofono tenore (tracce 6 e 7)
Doris Troy, Liza Strike, Lesley Duncan, Barry St. John – cori. -
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Splendido anche se un po' troppo vicino ai gusti del grande pubblico...
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