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Antonio di Giovanni de Antonio detto Antonello da Messina San Gerolamo penitente nel deserto 1460 - 1465 circa olio su tavola, cm 40,2 x 30,2 Reggio Calabria, Museo Nazionale
San Gerolamo, il cardinale traduttore della Bibbia che Antonello rappresenterà in seguito sotto le spoglie di studioso umanista, è qui raffigurato in penitenza in un paesaggio roccioso e isolato, secondo un’altra delle iconografie tipiche del personaggio. Il santo, affiancato dal tradizionale leone, è raffigurato in età avanzata, quando ha rinunciato alle glorie della sua alta carica e della sua cultura, per dedicarsi all’ascesi: i libri, ormai chiusi, sono appoggiati contro un masso, mentre la porpora è abbandonata a terra, in una straordinaria natura morta. Le mille pieghe del mantello e quelle dell’abito bianco, risvoltato intorno ai fianchi del protagonista, sono realizzate con cura minuziosa, fiamminga, così come le diverse erbe, le foglie e a complicata vegetazione. Tutto ciò ricorda “Le Stigmate di San Francesco “ di Jan van Eyck, anche se resta impossibile provare che Antonello da Messina conoscesse l’opera, o una sua qualche derivazione.
Indubbiamente il pittore messinese aveva ormai raggiunto una notevole sicurezza nel padroneggiare il rapporto fra figure e spazio. L’opera non è organizzata intorno a un centro ben definito, bensì sul dialogo silenzioso tra il santo e il Crocifisso, appoggiato a un incavo dell’albero di fronte a lui e rappresentato in prospettiva. La luce, non più abbagliante, scorre mobile da una superficie all’altra, lasciando in ombra gli anfratti delle rocce, fino in fondo al sentiero che serpeggia dal primo piano e pare condurre verso l’apertura della valle. Pur in uno stato di conservazione assai compromesso, la tavola appare di altissima qualità e regge il confronto con analoghi esempi di Giovanni Bellini, che sarà il maggiore interlocutore artistico di Antonello da Messina, dopo il suo trasferimento a Venezia, a metà del decennio successivo. (M.@rt)
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