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Caspar Friedrich
Il Watzmann
(The Watzmann)
1824-1825
Olio su tela
135 x 170 cm
Berlino, Alte Nationalgalerie
Il dipinto costutuisce un ottimo esempio per comprendere il procedimento creativo e le finalità dell'arte di Friedrich. L'opera non riproduce, infatti una veduta reale, ma si compone di un montaggio di motivi diversi, attentamente assemblati in funzione del significato simbolico. Il ghiacchiaio che dà il titolo al quadro si trova nelle Apli salisburghesi, che l'artista non aveva mai visitato. Egli utilizzò un acquarello del suo allievo più dotato , August Heinrich, morto precocemente nel 1882. L'idea era nata quale replica polemica a una tela di analogo soggetto del pittore Ludwig Richter, esponente del conservatorismo borghese Biedermeier.
All'immagine idilliaca del collega, il maestro di Greifswald rispondeva con una scena maestosa e monumentale, per la quale aveva fatto ricorso anche a un disegno eseguito nel 1811 durante un viaggio nella regione dello Harz e ad alcuni schizzi del Riesengebirge. La visione è costruita secondo un ritmo ascendente, con un crescendo di massicci triangolari che culminano nell'apparizione del Watzmann. La sua forma si staglia imponente contro il cielo azzurro, per mostrarsi salda, ma allo stesso tempo irraggiungibile, presenza certa ma incommensurabilmente lontana. Essa diventa in tal modo simbolo di Dio e del suo rapporto con la dimensione umana. Il ghiaccio si fa metafora dell'eternità e viene contrapposto al mondo terreno cui allude il primo piano, brullo e accidentato, soggetto alla corruzione della materia e al trascorrere di un tempo misurabile, che implica l'esistenza della morte.
Tale iato è ribadito anche dalla luminosità della neve, in voluto contrasto con le ombre che si addensano sul fronte dell'opera. Partendo dalla natura, Friedrich costruisce dunque un paesaggio interiore, la ci finalità puramente contemplativa è sottolineata dall'assenza di qualunque figura e narrazione. (Mar L8v)
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