Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon), Marc Chagall, 1935

« Older   Newer »
  Share  
view post Posted on 22/1/2024, 17:32     +6   +1   -1
Avatar

Group:
Administrator
Posts:
34,024
Reputation:
+25,054
Location:
Sono così tanti a zoppicare che chi cammina dritto, pare in difetto!

Status:



Chagall_Vieux_juif_au_violonP

Marc Chagall
Vecchio ebreo con violino (Vieux juif au violon)
1935
firmato ‘Chagall Ma.’ (in basso a destra)
guazzo su carta - 68 x 52 cm.
Collezione privata


“Vieux juif au violon” raffigura un anziano violinista di paese o forse un musicista itinerante, vestito con un cappotto logoro, un piede calzato e l’altro pateticamente senza scarpe, mentre si fa strada lentamente, bastone alla mano, attraverso il paesaggio innevato di un inverno russo, stagione fin troppo emblematica dei tempi duri in cui si è trovato egli stesso. In tempi migliori, la vita e la fortuna di questo violinista sarebbero state legate alla vita quotidiana e ai rituali di una piccola ma fiorente comunità rurale ebraica. Egli rappresentava l’unica espressione d’arte che molti poveri abitanti dello Shtetl (villaggio ebraico dell’Europa orientale, di lingua e cultura yiddish) avrebbero mai sperimentato, mentre presiedeva a riunioni di ogni tipo, celebrando nascite, compleanni e altri anniversari, celebrazioni di mitzvah (comandamenti) e matrimoni. Questo accadeva un tempo... ora il villaggio giace dormiente sotto una coltre di neve e un cielo turbolento e infausto.


Franz Meyer ha osservato che nell’opera di Chagall degli anni Trenta “compaiono nuovi temi e motivi che esprimono la gravità dello stato d’animo di Chagall in quel momento, il suo interesse più profondo per gli affari ebraici e la preoccupazione per la religione rivelata nelle incisioni della Bibbia”. (Marc Chagall, New York, 1963). L’ispirazione per l’opera potrebbe derivare da un viaggio che Chagall e sua moglie Bella fecero nell’agosto-settembre del 1935 a Vilna, dove l’artista inaugurò, presso l’Istituto Scientifico Yiddish, il nuovo Museo di Arte Ebraica, per il quale aveva fatto progetti nel 1929. L’artista espose più di cento incisioni che aveva creato per le Anime morte di Gogol, le Favole di La Fontaine e la Bibbia nella sua stessa vita.


Vilna era allora situata all’interno dei confini della Polonia; metà della sua popolazione, pari a circa centomila persone, era ebraica e la città era il centro della vita culturale yiddish del Paese. “Le case di legno e le strade tortuose del quartiere ebraico, la prevalenza dello yiddish e degli ebrei... in abiti tradizionali, di cibo ebraico al mercato”, ha scritto Jackie Wullschlager, “tutto ciò ebbe un effetto quasi ipnotico su Chagall e Bella, come se stessero camminando a Vitebsk, la loro città natale” (Chagall, A Biography, New York, 2008). Vitebsk si trovava appena oltre il confine dell’Unione Sovietica, ma era off-limits per Chagall, che era espatriato in Occidente nel 1922. L’artista scrisse all’amico Yosef Opatoshu a New York: “Arrivare al confine della mia città e dirle che lei non mi ama, ma io l’amo... e ritornerò senza entrarvi...” (citato in B. Harshav, ed., Marc Chagall and his Times, Stanford, 2004). Il viaggio a Vilna era stato per Chagall e Bella un viaggio della nostalgia. L’artista ricominciò a scrivere in yiddish e Bella prese in considerazione il progetto di redigere un proprio libro di memorie di Vitebsk, sempre in yiddish, che alla fine pubblicò con il titolo “Burning Lights”.


Ma il viaggio aveva anche mostrato loro delle ragioni per considerare il futuro con apprensione: vennero a sapere che il figlio di un eminente storico ebreo dell’Istituto era stato deriso per strada e picchiato dai polacchi, a riprova del fatto che, dopo la recente morte del maresciallo Pilsudksi, il grande statista della seconda repubblica polacca, l’antisemitismo era di nuovo in aumento in quel Paese. Mentre Chagall si trovava a Vilna, il governo nazista in Germania emanò le Leggi di Norimberga, che privavano gli ebrei di diritti e li rendevano non cittadini. Prima del suo viaggio, Chagall aveva scritto a Opatoshu: “Lavoro e sospiro come tutti gli ebrei del mondo, che vengono picchiati... e per questo divento ancora più ebreo”.


Chagall vede nel violinista anziano e solitario un presagio delle vicende che verranno: storie che troveranno voce nelle melodie suonate sul vecchio violino. “Il dolore del mondo è presente sotto i segni di una contemplazione grave e malinconica”, ha scritto Raissa Maritain di Chagall, “ma i simboli della consolazione lo accompagnano sempre. Se c’è un povero nella neve, almeno suona un violino”. (Marc Chagall: A Biography, New York, 1978). (M.@rt)



 
Web  Top
0 replies since 22/1/2024, 17:32   12 views
  Share